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1978 alla Galleria dell’Oca. Storia di una mostra

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Mario Merz, Senza Titolo, 1978.

È il 15 Marzo 1978 e alla Galleria dell’Oca di Roma va in scena una mostra che raccoglie alcune delle opere più significative dei grandi maestri delle avanguardie storiche: da Carrà a De Chirico, da Morandi a Savinio, da Balla a Severini.
Questi grandi pittori sono rappresentati dai lavori del loro periodo più felice e prolifico.
L’esposizione non è molto grande, una decina di opere allestite sui due piani di quello spazio così eclettico ma al tempo stesso informale.

Insomma ad un primo sguardo nulla di particolare se non fosse che alle pareti della Galleria, oltre ai dipinti citati c’erano anche animali tassidermizzati, fascine di legna, strutture in ferro coperte di cera, gli elementi costitutivi delle opere di Mario Merz profeta dell’arte povera.
Cosa ci facevano le opere di Merz in mezzo ai più importanti pittori italiani del primo Novecento?

Questa è la stessa domanda che all’indomani dell’inaugurazione della mostra si fecero anche tutti i quotidiani dell’epoca.
L’intento principale era di mostrare quella continuità tra l’arte contemporanea e le avanguardie storiche. Superare le barriere ed le “compartimentazioni” proprie della visione della storia dell’arte degli anni ’70.

Mostre in mostra: ricostruire una mostra

Oggi quella stessa mostra è allestita a Palazzo delle Esposizioni all’interno del programma inaugurato nel 2019 da Daniela Lancioni: Mostre in Mostra.
E tanto quanto la mostra alla Galleria dell’Oca presentava nella mancanza di cesure tra avanguardie storiche ed “arte sperimentale” la sua originalità, così il reenactment palesa la sua peculiarità nel voler indagare non tanto le opere esposte ma il concetto stesso di mostra che diventa l’oggetto principale di indagine di tutta l’esposizione.

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Mario Merz, Fibonacci, 1971.

Scegliere una mostra come punto di vista privilegiato per comprendere non solo un periodo di grande cambiamento nella storia dell’arte (circa un anno dopo grazie ad Achille Bonito Oliva, sarebbe nato il movimento della Transavanguardia, gruppo che metteva  la pittura al centro della propria ricerca) ma della Storia tout-court, vuol dire studiare le opere e riscoprirne gli autori relazionandoli con il contesto, senza estrapolarne i capolavori, come spesso accade oggi, per trasformarli in qualcosa di unico frutto del lavoro di un genio straordinario ed isolato, una vera e propria volontà di potenza artistica.
Ma, come scrive la stessa Lancioni nel catalogo, focalizzarsi sul riallestire una mostra in particolare, significa mettere al centro il “carattere democratico della mostra d’arte […] per rivendicare l’indipendenza degli artisti o per rendere accessibile l’esperienza dell’atelier anche alle persone non facoltose”.

Per ricostruire la mostra originale ci si è basati soprattutto su fonti fotografiche, che provengono dall’archivio di Luisa Laureati Briganti, fondatrice della Galleria che insieme ai galleristi Luciano Pistoi e Gian Enzo Sperone aveva ideato l’esposizione originale. Ovviamente la straordinaria ricerca filologica che ha guidato la curatrice per la ricostruzione della mostra oggi, ha dovuto ogni tanto cedere il passo all’approssimazione, soprattutto là dove le fonti erano insufficienti nel documentarci ad esempio il numero esatto delle opere di Merz in mostra, o là dove alcune delle opere esposte fossero oggi irreperibili.

La Galleria dell’Oca

La Galleria si trovava al numero 41 di via dell’Oca, prima traversa a destra di Via Ripetta, in pieno Tridente Romano, a due passi da Piazza del Popolo.
Attiva dal 1965 fino all’anno della sua chiusura nel 2008, era di proprietà di Luisa Laureati e nasceva come una libreria, come già detto un ambiente molto eclettico ed informale, frequentato da tutti i protagonisti della scena culturale romana come Pasolini, Ungaretti, Morante.
Avviata l’attività grazie alla vendita di un quadro di Morandi, la Galleria dell’Oca rimaneva comunque un ambiente difficile da classificare, si vendevano quadri ed edizioni grafiche e litografiche, così come libri e riviste all’avanguardia, c’erano conferenze, inaugurazioni e un bar dove si potevano mangiare anche gelati.

È solo dal 1974, dopo che il locale era diventato definitivamente una galleria d’arte grazie alle vendite di cinque tele di Matta, con il matrimonio tra la Laureati e l’illustre storico dell’arte Giuliano Briganti che la Galleria assunse un carattere più ortodosso e cominciò a proporre determinati interventi espositivi.
Briganti aveva conosciuto Morandi e de Pisis da giovane e si era incominciato ad interessare ai protagonisti dell’arte italiana del primo Novecento sui quali scrisse alcuni saggi.
Nel 1977 la mostra di de Pisis alla Galleria dell’Oca con il catalogo dell’artista curato da Briganti stesso, segna il cambio di passo. Da lì in poi per oltre un decennio la Galleria proporrà alcune delle ricognizioni più interessanti sugli artisti delle Avanguardie Storiche del primo Novecento.

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Mario Merz, Vento preistorico dalle montagne gelate, 1976.

La mostra del 1978

Le opere esposte nella mostra del ’78, secondo le fotografie dell’archivio della Laureati, sono sette opere dei maestri del primo Novecento: de Chirico con il Filosofo e Chevaux se cabrant, Guerra Navale nell’Adriatico e Vele nel Porto di Carrà, Natura morta con foglie e conchiglie di de Pisis, Natura Morta di Morandi e Sodome di Savinio. Non c’è traccia delle opere di Balla e Severino.
Ci sono invece Fibonacci, Vento preistorico dalle montagne gelate e Senza Titolo di Mario Merz.
Esposte tutte insieme senza divisioni o separazioni di sorta.

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de Chirico, Chevaux se cabrant, 1927. Particolare.

L’accostamento, sicuramente azzardato, fu proposto con estrema leggerezza dai tre galleristi, affidato più alla qualità dei lavori esposti che ad un disegno preciso.
Le opere sembravano comunicare naturalmente tra di loro, le assi in legno sotto l’igloo di Merz rievocano i pavimenti delle opere di de Chirico o gli animali tassidermizzati sembravano usciti direttamente dalle strane fantasie di Savinio.
Probabilmente è stata proprio la duttilità delle opere di Merz, che presentano ogni tipo di supporto, alla base di questa operazione così ardita ma così azzeccata.
Le pennellate si mescolano alle strutture in metallo, la cera si distende sulle superfici come una pittura. La luce del neon irrompe sulle pareti illuminando disegni e segni.

Importanza critica allora come oggi

Fu un’operazione importantissima che sollevò svariate discussioni. Fu in grado di promuovere la compatibilità tra opere diverse, che invece prima venivano separate per categorie stilistiche, ideologiche e temporali.
Si videro nel presente i semi del passato, la non linearità di un percorso storico che spesso procede invece per scarti anche bruschi, e soprattutto come le opere di Merz intessevano un dialogo “naturale” con i dipinti dei grandi maestri del primo Novecento, venendosi incontro in tutta la loro diversità.

Ri-allestire questa mostra oggi non serve solo per fare il punto sull’arte italiana contemporanea, ma anche per mostrarci attraverso lo studio del passato quanto l’arte sia in realtà un qualcosa frutto di un processo fluido che l’occhio storico-critico della Storia dell’arte non deve arrestare ma semmai accompagnare ed assecondare.

Per informazioni sulla visita guidata vai al sito di Yes Art Italy

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Francesco Ricci

Francesco Ricci

Dopo aver studiato al Liceo Classico, si laurea nel 2009 in Storia dell'Arte Moderna e nel 2012, con lode, in Storia dell'Arte Contemporanea presso l'università la "Sapienza" di Roma. È insegnante di storia dell'arte nei licei e guida turistica abilitata. Ama scrivere, viaggiare, e nutre una grande passione per l'arte, il cinema e la musica.

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