Nell’ambito della cultura tardo-rinascimentale, costantemente incentrata sul rapporto dialettico natura-artificio, la tipologia della villa rappresenta il desiderio di dominio della razionalità umana sull’elemento naturale.
A partire dal 1568 il cardinale Giovan Francesco Gàmbara, di origine bresciana, realizza a Bagnaia, a pochi chilometri da Viterbo, uno straordinario complesso di giardini, fontane e piccoli edifici in perfetto equilibrio tra paesaggio naturale, architettura e scultura.
La Villa Lante di Bagnaia, che reca il nome dei suoi successivi proprietari, ha inoltre la particolarità di stabilire con il mondo classico un rapporto privilegiato e denso di allusioni letterarie e filosofiche.
La cittadina di Bagnaia dal 1173 divenne proprietà del Comune di Viterbo e amena meta di villeggiatura per i vescovi, grazie alla salubrità dell’aria e alla ricchezza delle acque (il termine Bagnaia deriva appunto dal latino Balnearie) e nel 1498, per volontà del card. Raffaele Riario, la zona venne individuata come area di progettazione di un Barco, terreno popolato di selvaggina per le attività venatorie.
Il card. Gàmbara, imparentato con i Farnese, ottenuto il Vescovato di Viterbo, avvia nella zona del Barco un progetto di giardini e fontane, suddividendo lo spazio in due settori: il giardino all’italiana geometrico e simmetrico e il parco in cui la vegetazione può crescere in modo più spontaneo.
Il complesso, la cui realizzazione costò l’eccezionale cifra di 70000 scudi, nella parte formale si articola lungo un asse centrale che asseconda il naturale dislivello di circa 16 metri, attraverso un sistema di terrazzamento articolato su tre livelli. L’acqua inizia il suo percorso dalla cascata del ripiano superiore simile ad una grotta, alimentando poi per naturale caduta tutte le fontane disposte lungo il pendio.
In origine la vegetazione ricopriva un ruolo determinante nel programma decorativo e davanti alla cascata si trovavano boschetti di querce e alberi da frutto.
Ai lati della cascata sono collocati due piccoli edifici, di ispirazione palladiana, noti come Logge delle Muse, per la presenza di alcune figure femminili legate al tema delle arti.
Alcune modifiche sono invece intervenute nella Fontana detta dei Delfini, originariamente nota come Fontana del Corallo per l’elemento plastico scolpito al centro, simulante un blocco di corallo attraverso il quale l’acqua creava particolari scenografie.
Nel ripiano sottostante si snoda la celebre Fontana della Catena in cui l’acqua, fuoriuscendo dalle fauci di un gambero, elemento araldico del committente, scorre attraverso una lunga catena in pietra.
Seguono la Fontana dei Giganti e l’originale Tavola del Cardinale, dove un tavolo in pietra utilizzato per banchetti all’aperto è dotato di una vasca centrale la cui acqua, scorrendo, manteneva fresche le vivande, con un chiaro rimando alla tradizione classica della Villa di Plinio.
Dopo aver superato la Fontana dei Lumini con 160 piccoli getti d’acqua simulanti lampade ad olio, si giunge alla terrazza quadrata, collocata nel punto più basso con al centro la Fontana detta Dei Mori, originariamente incentrata sul motivo plastico di una piccola guglia detta guglia sudante come rimando alla Meta Sudans, celebre fontana collocata nei pressi del Colosseo e usata dai gladiatori per bere e rinfrescarsi.
Alle delizie del complesso si univa un intricato gioco di significati allegorici e di rimandi alla cultura classica. Oggi, per comprendere il significato di questo raffinato programma iconologico, dobbiamo tenere presente che il percorso originale avveniva passando dal parco e proseguendo nel giardino formale, dall’alto verso il basso. In tal senso il visitatore, mentre ammira le raffinate composizioni scultoree, può immergersi nel tema del processo di evoluzione dell’umanità dall’Età dell’Oro verso la Civiltà.
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