Il più curioso e forse meno frequentato dei quattro poli che compongono il Museo Nazionale Romano è quello creato nelle Terme di Diocleziano.
Qui in particolare hanno trovato una splendida collocazione le collezioni Protostoriche e quelle Epigrafiche, queste ultime di recente rinominate, per renderle più comprensibili ai profani: “Museo della Comunicazione Scritta dei Romani”.
La raccolta conta più di 20.000 iscrizioni ed è forse la più grande al mondo, di queste sono esposti circa 900 reperti che permettono di rivivere diversi momenti della vita della Roma antica, svelando anche incredibili aspetti della vita privata.
Tra i miei testi preferiti c’è l’epigrafe funeraria di Allia Potestas, redatta in metrica per il sepolcro di una liberta, una ex schiava.
Rinvenuta nel maggio del 1912 a Via Pinciana (l’antica Salaria Vetus) durante i lavori di costruzione di un garage, in un primo tempo non ha avuto l’interesse che si meritava a causa della vita un po’ vivace della protagonista, simile in parte alla storia di Jules et Jim scandaloso (per l’epoca) film di François Truffaut con una straordinaria Jeanne Moreau. Ora invece sta godendo di una certa fama anche fuori dal circuito degli studiosi.
Allia Potestas era la liberta di Aulo e, perugina di nascita, ha vissuto a Roma nel II secolo d.C.
L’epitaffio per Allia Potestas
Il patrono, inconsolabile, la ricorda in versi, a volte di difficile interpretazione e ci lascia un fantastico ritratto di questa donna “forte, morigerata, parsimoniosa, irreprensibile, custode fidatissima, curata in casa, fuori casa curata quanto bastava….la prima a scendere dal letto, per ultima ad andare a dormire, dopo aver posto in ordine ogni cosa….non aveva nessuna considerazione di sé, mai volle considerarsi libera”.
Dalle sue parole vediamo pian piano apparire Allia, la cui unica colpa erano le mani ruvide: ”Era di carnagione chiara, con occhi belli e capelli dorati, mantenne il viso di uno splendore eburneo…nel niveo petto aveva piccoli seni” e nel ricordarla il povero Aulo affranto aggiunge “non era restia, ma generosa nel suo amabile corpo” .
Il ricordo poi si colora di risvolti incredibili: “Mentre era in vita mantenne l’affetto di due giovani amanti… una sola casa li accoglieva, avevano un’unica anima”.
La morte della donna però divide i due amici, che l’avevano così tranquillamente spartita e “ora questi stessi invecchiano separati l’uno dall’altro”.
Il dolore di Aulo esplode negli ultimi versi, nessuna gli sembra degna e vive in un eterno lutto, come consolazione un bracciale d’oro col nome della donna e un’immagine, che venera religiosamente e che lo seguirà nella tomba.
Eh si, anche quei brutaloni degli antichi romani sapevano essere terribilmente romantici !
Se volete saperne di più sull’argomento trovate on line la tesi di laurea di Elisabetta Saltelli, discussa a Venezia nell’anno 2000 oppure potete leggere le pagine dedicate ad Allia nel volume di Alberto Angela “Amore e sesso nell’antica Roma” .
Per informazioni sulla visita guidata vai al sito di Yes Art Italy
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