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Cultura

Antigone – Una figura controcorrente

Antigone
"Antigone" - Olio di Frederic Cameron Leighton, 1882

Antigone, Ἀντιγόνη, è la tragedia di Sofocle messa in scena ad Atene nel 442 a.C.
La giovane donna, figlia di Edipo, non rispetta l’editto di Creonte che proibisce la sepoltura di suo fratello Polinice traditore della patria. Pena la morte. Ma lei non demorde e lo seppellisce. Giudicata colpevole di disubbidienza e di superbia, viene condannata a essere sepolta viva. Per comprendere fino in fondo la modernità, la consapevolezza dell’agire di Antigone che Sofocle racconta nel suo dramma, è necessario ricordare qual è lo status della donna nella Grecia del V secolo a.C. La sua posizione è simile a quella dello schiavo: priva di diritti, costretta all’obbedienza, relegata in casa, non partecipa alla vita sociale e politica. Ecco il motivo delle belle braccia bianche che brillano nei versi omerici!

Edipo e la Sfinge
“Edipo e la Sfinge” – Dipinto di Jean Auguste Dominique Ingres. 1808-27

I contrasti

Sofocle ci mette di fronte ai contrasti, spesso aspri se non delittuosi, che scandiscono l’esistenza di ogni singolo. Da sempre: uomo-donna, vecchi-giovani, individuo-società, leggi umane-leggi divine. Nel caso di quest’ultime Antigone con il suo gesto, seppellire il fratello, testimonia lo strappo violento tra una legge promulgata da un governo (l’editto di Creonte) e le leggi divine (che oggi si incarnano nei diritti umani, civili, di culto). Spezzando così il fragile equilibrio fra queste due essenze etiche, come le definisce Hegel.

Antigone e Polinice
“Antigone prova a seppellire Polinice” – Olio di Jean-Joseph Benjamin-Constant 1868

Lucidità

L’azione di Antigone non è dettata dall’impulso. Fronteggiando Creonte rivela la sua lucidità mentale quando ribadisce:

”Non è stato Zeus né Dike… a stabilire per gli uomini leggi come questa…Non ho pensato che i tuoi decreti avessero il potere di far sì che un mortale potesse trasgredire le leggi non scritte degli dèi…”

E ancora. Quando prorompe in quelle parole, che la elevano ad un altro livello di coscienza:

“Non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore”.

L’alterità

La scelta radicale della giovanissima Antigone ha richiamato l’attenzione di grandi intellettuali del ‘900. Basti pensare alla giovane protagonista del racconto Antigone (1936) di Marguerite Yourcenar. O alle analisi di Simone Weil ne La rivelazione greca. Là dove scrive che nell’Antigone:

“il soggetto è la storia di un essere umano che, da solo, senza alcun appoggio, si contrappone alle leggi del proprio paese, al capo dello Stato, e che naturalmente è messa a morte”.

Sia la Weil che Antigone, sono donne che si riconoscono nell’alterità. Nella disidentificazione rispetto al pensiero dominante. Che fanno emergere la propria irripetibile singolarità all’interno del chiuso dell’ordine sociale.

Yourcenar e Weil
Marguerite Yourcenar e Simone Weil

Il dialogo-polemos

Per Massimo Cacciari Creonte e Antigone, i due protagonisti dell’omonima opera, incarnano l’essenza del dialogo tragico. Si fronteggiano con l’arma più terribile, la parola, che dà origine al conflitto. Quando la guardia gli riferisce della violazione del decreto da parte di Antigone la sua reazione non ammette repliche:

“Non c’è male più grande dell’assenza di comando. Questa distrugge la città, questa sconvolge le case, questa in guerra spezza e mette in fuga la schiera…Così si deve difendere l’ordine stabilito e mai, in nessun caso, quest’ordine va sottoposto ad una donna”

Antigone non è da meno nel rivendicare le proprie posizioni:

“Che aspetti, allora? Delle tue parole nulla mi piace; ….e così anche a te tutto di me riesce sgradito. Ma donde avrei conseguito gloria più gloriosa, che componendo nel sepolcro il fratello mio? Tutto costoro direbbero di gradire il mio atto, se la paura non chiudesse loro la lingua”

Il conflitto fra i due è assoluto. Ma insieme non esclude la necessità del loro richiamarsi. Antigone non sarebbe senza Creonte. E quest’ultimo si connota sia nel rapporto sia nell’antagonismo con la figlia di Edipo. Si instaura così un dialogo che è polemos “purissimo”. Dove si enunciano principi che enfatizzano la reciproca morte.

Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia, abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione della psicologia cognitiva scrivendo per le riviste “Insegnare” e “Scuola e didattica”. Appassionato da sempre alla critica letteraria e artistica, ha pubblicato molti articoli come giornalista pubblicista per “il Mattino di Padova”. Attualmente collabora con la “Tribuna di Treviso”.

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