Il Quattrocento è certamente una stagione artistica di grande fermento per la città di Roma, anche grazie al sopraggiungere di notevoli maestranze che determinano una temperie culturale innovativa e densa di valori dell’Umanesimo. Arrivano infatti Gentile da Fabriano, Pisanello, ma anche Masolino e Masaccio.
Di grande impatto è poi senza dubbio la presenza di Beato Angelico in Vaticano, impegnato nella decorazione della Cappella Niccolina e non manca di contribuire al rinnovamento della pittura locale l’arrivo, nel 1459, di Piero della Francesca per eseguire degli affreschi nella camera di Pio II. Ma contemporaneamente al sopraggiungere di tali maestranze esterne, provenienti soprattutto dall’Umbria e dalla Toscana, si avvia alla sua luminosa carriera il grande esponente della pittura romana del Quattrocento, Antoniazzo Romano, nato forse intorno al 1435-40 con il nome di Antonio di Benedetto Aquili.
Formatosi proprio sui modelli di Gentile da Fabriano e Benozzo Gozzoli, fin dalle prime opere giovanili, Antoniazzo si specializza nelle rappresentazioni della Vergine con Bambino, che gli varranno l’epiteto di “Madonnaro”. Realizza molte tempere su tavola, copiando numerose venerate madonne bizantine, in cui riconosciamo alcune sue cifre stilistiche: il fondo oro, le posizioni ieratiche, la ricchezza delle vesti, spesso miscelate con espressioni e gesti dolcissimi e di grande umanità.
Oltre ad essere un importante esponente della scuola pittorica romana, egli fu anche camerlengo di varie confraternite e tutore dei valori della tradizione artigianale e corporativa dell’Urbe.
A Roma l’attività del maestro lascia numerose testimonianze, ma in particolare nella chiesa dei Santi XII Apostoli è possibile ammirare sia la sua tradizionale maestria nelle icone mariane, che le sue competenze nella direzione di un cantiere pittorico di più vasto respiro.
L’edificio ecclesiastico, le cui origini risalgono ai papi Pelagio I e Giovanni III nel VI secolo, fu sottoposto ad un completo rinnovamento nel 1421 ad opera della famiglia Colonna e in particolare per volontà del papa Martino V, appartenente alla celebre casata romana.
Molte le testimonianze quattrocentesche della basilica a partire dal portico e dal doppio loggiato, eretti tra 1474 e 1481 dal card. Giuliano Della Rovere, che caratterizzano la lunga facciata..
Di grande interesse appaiono anche i monumenti sepolcrali, notevoli esempi della produzione scultorea presente a Roma nel XV secolo, come la tomba di Lorenzo Oddone Colonna, opera di Luigi Capponi, allievo di Andrea Bregno (1485).
Altri interessanti monumenti funebri si osservano ai lati del portale maggiore con a sinistra la tomba del nobile romano Pietro Marcellino (1468) e quella di Benedetto Gentili da Savona, teologo e collaboratore di Sisto IV (1477) e a destra la tomba del cav. Gabriele Garra da Savona, secondo marito di una sorella di Giulio II (1474).
Ma il Quattrocento è protagonista ai SS. Apostoli anche sotto il profilo pittorico.
Nel 1464 Antoniazzo viene infatti incaricato dal cardinal Bessarione, fine umanista di origine greca, di decorare la Cappella dei Ss. Eugenia, Giovanni Battista e Michele Arcangelo, oggi nota come Cappella di S. Antonio o Bessarione, destinata a cappella funebre del prelato. Al pittore romano è, in primo luogo, attribuita la cosiddetta Madonna greca. La Madonna con bambino, un olio su tavola, opera del tardo Quattrocento, fu donata dal card. Bessarione per ornare la suddetta cappella, già interessata da un più ampio rivestimento pittorico.
La Vergine, in cui il gioco delle mani, in dialogo con quelle di Gesù, crea una straordinaria armonia oltre alla dolcezza dello sguardo, è detta “greca” per l’iconografia bizantina che viene ampiamente utilizzata.
La scelta iconografica non stupisce, del resto, considerando le origini bizantine del committente. Nato a Trebisonda sul Mar Nero, nel 1438 partecipa al Concilio ecumenico di Ferrara-Firenze che ha come finalità proprio la ricomposizione dello scisma della Chiesa d’Oriente con quella d’Occidente. Nominato cardinale titolare della chiesa dei SS. Apostoli, si stabilisce a Roma, accanto alla chiesa, in un palazzo che diverrà anche sede dell’ Academia Bessarionis.
La sua raffinata cultura lo induce a richiedere ad Antoniazzo anche la realizzazione degli affreschi che si conservano in parte dietro l’abside della cappella. Scoperti nel 1959 da Clemente Busiri Vici durante un restauro, rappresentano angeli e scene della consacrazione della grotta di S. Michele Arcangelo sul Gargano, il Miracolo del toro sul Monte Gargano e la Processione verso il Monte Tumba, oltre al Cristo in gloria tra angeli nel catino absidale.
I dipinti furono in parte recuperati tra 1989 e 1990 e finalmente resi visibili al pubblico nel 2008.
La loro datazione va dal 1464 al 1467, ma le differenze stilistiche che vi si osservano portano la critica ad ipotizzare varie maestranze all’opera, forse il giovane Melozzo da Forlì e Lorenzo da Viterbo, accanto ad Antoniazzo.
La scelta di Antoniazzo, in un momento in cui a Roma sono presenti altre maestranze provenienti da varie zone, è da rintracciare proprio nello stretto rapporto della figura del committente con la cultura greca che aveva ripreso vigore a Roma dopo la caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi e la successiva diaspora degli artisti bizantini.
L’Aquili è noto per la sua capacità di riproporre icone bizantine e deve aver svolto il ruolo di capo bottega nella realizzazione della cappella. Del resto anche le insolite scelte iconografiche ci inducono a considerare le peculiarità della vicenda del porporato che dedicò la sua vita all’unione delle Chiese di Roma e Bisanzio e all’idea di una Crociata contro l’Islam.
Riferimenti alla Francia nel programma iconografico sarebbero da leggere in rapporto al tentativo di coinvolgere i Francesi nella lotta contro i Turchi, progetto destinato a fallire.
Il sincretismo culturale latino-greco che domina il Quattrocento trova dunque a Roma un degno interprete locale in Antoniazzo Romano.
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