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Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta

caravaggio
"Giuditta e Oloferne", Caravaggio - Olio su tela, 1597

Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento nelle Gallerie nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini a Roma, è la mostra curata da Maria Cristina Terzaghi aperta fino al 27 marzo 2022. Sono 31 le opere selezionate per un percorso espositivo articolato in quattro sezioni.

Femminilità

La Giuditta che decapita Oloferne, sicuramente una delle opere più note di Caravaggio, è l’attrazione della seconda sezione. La tela, unanimemente considerata un capolavoro, trae ispirazione dall’episodio biblico dell’eroina ebrea, vedova di Betulia, che decapita nella sua tenda il generale assiro. Giuditta quindi, forte e decisa nella sua femminilità, incarna la rivolta contro la tirannia. Caravaggio privilegia l’acme dell’azione sottolineando l’istante più atroce della decapitazione di Oloferne, in bilico tra la vita e la morte. Con una mano aperta sul letto nel vano tentativo di resistere, e con l’altra stretta a pugno ormai priva di forze. Giuditta concentratissima, la fronte aggrottata, brandendo una scimitarra orientale, recide la giugulare dell’uomo e nello stesso tempo lo tira per i capelli per accelerare il distacco della testa. Una raffigurazione realistica dell’omicidio ad opera di una giovanissima donna che non possiede la tecnica del boia professionista.

Eleganza e fierezza

Donna immersa nella luce, simbolo in Caravaggio dell’epifania divina, protesa nello sforzo muscolare con gli avambracci ingrossati, è risoluta nel suo agire. Anche se in Giuditta non mancano alcuni particolari di ricercata eleganza: la pettinatura, gli orecchini di perla a forma di goccia, i panni contemporanei, le vesti sontuose di una ricca cortigiana, il candore del collo e la trasparenza dei veli. Questi non intaccano minimamente la fierezza della giovane intenta alla sua missione divina. Seguendo esattamente il testo biblico Giuditta, intanto che si adopra al suo terribile compito, dischiude le labbra pronunciando le parole:

«Dammi forza, Signore Dio d’Israele, in questo momento»

Così scrive la curatrice Maria Cristina Terzaghi nel saggio in catalogo.

La bellezza dell’eroina è messa in risalto dalla vicinanza di Abra, la serva ruffiana. Una testa dipinta sulla scia della lezione leonardesca. In lei traspare l’orrore e insieme l’accettazione del gesto. Pronta a raccogliere il risultato dell’efferata decapitazione.

Artemisia Gentileschi: Giuditta che decapita Oloferne

È al centro della terza sezione. L’impaginazione della scena è più cruenta rispetto a quella immaginata da Caravaggio. Con tutto quel sangue che imbratta il letto e il lenzuolo studiato di candori e ombre diacce degne d’un Vermeer a grandezza naturale (Roberto Longhi). E con la giovane serva compartecipe della macellazione. Un intrecciarsi di braccia. Accomunati dallo stesso sforzo muscolare e dallo stesso obiettivo: abbattere una massa enorme che tenta invano l’arresto della morte imminente.

artemisia gentileschi
“Giuditta che decapita Oloferne”, Artemisia Gentileschi – Olio su tela, 1620

Artemisia inoltre fa notare la discrepanza sociale delle due compagne. Giuditta ha lo sguardo di chi non sopporta la vista della vittima e il contorno che la circonda. Non ha familiarità con il sangue di chi uccide animali. Al contrario della tranquilla inespressività dell’ancella abituata a trattare con il bestiame, accudendo alle funzioni più oscene.

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Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia, abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione della psicologia cognitiva scrivendo per le riviste “Insegnare” e “Scuola e didattica”. Appassionato da sempre alla critica letteraria e artistica, ha pubblicato molti articoli come giornalista pubblicista per “il Mattino di Padova”. Attualmente collabora con la “Tribuna di Treviso”.

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