La Casa Professa
1598-L’ennesima piena del Tevere danneggia pesantemente l’edificio annesso alla Chiesa del SS. Nome di Gesù, il primo luogo di culto fondato dai Gesuiti a Roma.
L’edificio, detto Casa Professa, era stato la prima sede dell’Ordine e aveva accolto, all’ultimo piano, dal 1544 al 1556, la dimora romana del padre fondatore dei Gesuiti, Ignazio di Loyola.
Quando, sullo scorcio del Cinquecento, le acque del fiume raggiunsero la chiesa e l’edificio annesso, i Farnese, illustri patrocinatori di fabbriche legate ai Gesuiti, finanziarono un’impresa architettonica di grande difficoltà tecnica e rilevante importanza religiosa: la ricostruzione del palazzo e la conservazione delle stanze abitate dal Santo, una casa da convertire in luogo di culto. Se il cardinal Odoardo Farnese sostenne gli oneri finanziari del progetto, è merito del Padre Generale Aquaviva, la supervisione dell’impresa che venne iniziata nel 1599 ed affidata all’architetto Girolamo Rainaldi, grande interprete di molte illustri committenze religiose del periodo della Controriforma.
La difficoltà dell’impresa era rappresentata principalmente dalla necessità di ricostruire totalmente un edificio fatiscente, conservando però le quattro stanzette di S. Ignazio, composte da un vestibolo, una camera da letto, una saletta per le visite e una piccola stanza per il fratello gesuita che aveva assistito il santo fino alla morte avvenuta nel luglio del 1556.
Salvare questa reliquia architettonica comportò dunque la realizzazione di un complicato sistema di volte per sostenerne il peso e la messa in opera di un disegno che inglobasse gli ambienti all’interno di una struttura totalmente nuova. Si trattò, in fondo, di tradurre in pietra l’idea di una bella custodia adatta a contenere un autentico gioiello per la Fede Cattolica, in linea con un programma di rilancio della centralità del ruolo del Cattolicesimo dopo il Concilio di Trento.
Così, si creò un sistema di corridoi e scale che permettevano di raggiungere gli ambienti sacri.
Le stanze di S. Ignazio
Tale struttura è quella che ancora oggi accoglie il visitatore. Si attraversano lunghi e spogli corridoi sulle cui pareti alcune incisioni, attribuite a Peter Paul Rubens, narrano la vita del Santo, dalla sua carriera come soldato alla conversione avvenuta durante il riposo forzato, a causa di una ferita riportata nell’assedio alla fortezza di Pamplona.
Dopo essere stati edotti sugli episodi più significativi della vita del gesuita, ci si appresta a visitare gli ambienti della sua permanenza romana ed è a questo punto che ci si imbatte in una sorprendente esperienza. Infatti, il compito di introdurre il visitatore e pellegrino di ieri e di oggi alla visita e prepararlo all’atmosfera mistica dello spazio che sta per attraversare è affidato ad un celebre Vestibolo che è uno dei più suggestivi esempi di pittura illusionistica barocca.
La particolarità di questo ambiente risiede nel contrasto tra l’apparentemente secondaria funzione che dovrebbe svolgere un corridoio, come puro e semplice luogo di passaggio e la sua fastosa e strategica decorazione ad affresco capace di catturare l’occhio e la mente del visitatore. Autore di questo scenografico rivestimento pittorico, realizzato tra il 1682 e il 1685, fu il gesuita, padre Andrea Pozzo, celebre per le sue competenze scientifiche, soprattutto negli ambiti della Matematica e dell’Ottica, il cui nome è legato principalmente al celebre capolavoro nella chiesa di Sant’Ignazio: la Finta Cupola, autentico inganno visivo simulante una concavità del tutto illusoria.
Ma se la finta cupola della vicina Chiesa di Sant’Ignazio è nota per la sua ingannevole profondità e continua a richiamare folle di visitatori, pochi conoscono le meraviglie del Corridoio del Pozzo.
Il Corridoio del Pozzo
Tale ambiente è rivestito di una decorazione ad affresco dove episodi della vita del santo sono inquadrati all’interno di una finta prospettiva architettonica, fatta di travi e cornici, e illusionistiche figure a rilievo.
Man mano che avanziamo nello spazio, però, le finte architravi e mensole sembrano spostarsi e muoversi insieme a noi, le figure di putti, che all’entrata si stagliavano tridimensionalmente rispetto al punto di osservazione del riguardante, appaiono deformate e mostruose, superbo esempio di pittura anamorfica.
In un susseguirsi di scorci che ad ogni nostro passo si modificano magicamente, persino i putti della volta dallo scorcio inizialmente tridimensionale, mentre camminiamo, sembrano quasi piombarci addosso.
Cambia lo spazio che avevamo previsto ad uno sguardo d’insieme, spariscono ingannevoli passaggi verso ambienti in realtà inesistenti e, mentre avanziamo, ci sentiamo inspiegabilmente “in compagnia”…tutte le figure dipinte si stanno muovendo insieme a noi, si spostano, ci osservano.
Il gioco illusionistico
E proprio come quando un bravo prestigiatore ci sottopone ad un incredibile gioco illusionistico, la nostra mente di fronte al corridoio della Casa Professa, è invasa dallo stupore e anche da un vago senso di disorientamento. In fondo è un esperimento ottico che rende magico questo ambiente e predispone il visitatore ad accogliere con genuina fede le testimonianze concrete della vita di un santo. Se il pubblico contemporaneo, ormai avvezzo ai più articolati artefici della tecnologia e della realtà virtuale può ancora stupirsi di una simile creazione artistica, possiamo immaginare l’effetto che il corridoio barocco poteva avere sull’Uomo nel Seicento.
In fondo i giochi di magia assicurano sempre divertimento e stupore, se si mostra disponibilità a rimuovere gli ostacoli della ragione e della sua presunzione.
Il significato spirituale del percorso predisposto per il visitatore è dunque ancora più sottile e pienamente in linea con il messaggio di Sant’Ignazio e della pedagogia gesuitica: attraverso il divertimento e lo stupore, insegnare a spostare il proprio punto di osservazione per discernere il vero dal falso e giungere alla Verità.
Per informazioni sulla visita guidata vai al sito di Yes Art Italy
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