Le catacombe cristiane sono state a lungo considerate come degli ambienti oscuri, tetri, densi di tristezza, come luoghi di rifugio durante le persecuzioni o, ancora, come sede di riti religiosi proibiti. Già nella seconda metà del IV secolo, quando di lì a poco le catacombe sarebbero progressivamente cadute in disuso, cominciano a diffondersi teorie e visioni distorte di questi affascinanti ambienti.
Potremmo ad esempio far riferimento ad un passo di San Girolamo che, di soggiorno a Roma per completare i suoi studi, racconta con toni abbastanza cupi e pungenti la sua discesa in catacomba che era solito visitare di domenica insieme ai suoi compagni di studio:
“Spesso entravamo nelle gallerie scavate nelle viscere della terra, completamente interessate dalle sepolture che sembrava si realizzasse il motto profetico: Discendono vivi nell’Inferno” (Salmo 54, 16)
Rare luci provenienti dal sopraterra attenuavano un poco le tenebre ma il chiarore era talmente flebile che sembrava provenire da uno spiraglio e non da un lucernario. Si procedeva adagio un passo dietro l’altro, completamente avvolti nel buio tanto che veniva in mente il verso di Virgilio:
“Gli animi sono atterriti dall’orrore e dal silenzio” (Eneide II, 755)
Possiamo percepire infatti come da questo brano scaturisca una visione decisamente oscura dell’ habitat catacombale che quasi sembra rievocare i noti e caratteristici scenari dell’inferno dantesco.
Ma era davvero così? Furono realmente dei contesti tanto tenebrosi? Scopriamolo insieme!
Le Catacombe cristiane nascono a Roma tra la fine del II e gli inizi del III secolo, quando le crescenti comunità cristiane cominciarono a sentire l’esigenza di abbandonare le aree sepolcrali pagane di cui fino a quel momento si erano servite e di disporre di esclusivi spazi funerari per offrire una degna sepoltura ai propri cari.
Precisamente con il termine “catacomba” si vuole indicare un cimitero sotterraneo cristiano di notevole estensione, caratterizzato da una fitta rete di gallerie e cubicoli, intensamente usati per la sepoltura. Sulle pareti delle gallerie infatti si aprono orizzontalmente e fitte, una sopra l’altra, le tombe, dette loculi, quella tipologia sepolcrale più umile ed egualitaria che ben riusciva ad esprimere il profondo senso comunitario dei primi cristiani. Oltre a queste tombe più comuni, vi erano anche sepolture più complesse da ricondurre sicuramente alla committenza di famiglie più abbienti: gli arcosoli, ovvero tombe ad arco e i cubicoli, vere e proprie camere sepolcrali di forma quadrata o poligonale destinate spesso a membri di un unico gruppo familiare e che accoglievano all’interno più loculi o arcosoli.
Dunque il desiderio dei primi cristiani fu proprio quello di deporre i propri fratelli di fede in un luogo comune e collettivo, in un “coemerium” appunto, ovvero una sorta di dormitorio, quindi solamente provvisorio, in cui i defunti restavano in attesa della resurrezione finale.
E dunque, proprio quel buio infernale descritto da San Girolamo è quell’elemento che gli stessi cristiani volevano sconfiggere per poter evocare al meglio la loro visione serena della morte, quel momento passeggero che avrebbe condotto all’inizio di una nuova vita nella salvezza.
Ma quali sono questi accorgimenti presi dai primi cristiani per conferire luce all’ambiente cimiteriale?
Il primo fra tutti fu la costruzione di lucernari, ovvero di “pozzi di luce” che, oltre ad essere usati per l’estrazione delle terre di scavo o a fungere da prese d’aria, consentivano l’ingresso di fasci di luce capaci di squarciare l’oscurità sotterranea.
Con il passare del tempo questi lucernari andranno sempre più a segnalare monumenti di pregio, con lo scopo di esaltarne sia la compagine architettonica che la loro decorazione pittorica.
Ed infatti quasi contemporaneamente alla nascita di questi nuclei ipogei si sviluppa l’arte cristiana, un’arte simbolica e narrativa insieme che, posta a rivestimento delle pareti dei lucernari e delle sepolture, verrà utilizzata proprio per rallegrare gli oscuri ambienti catacombali.
La scelta dell’intonaco bianco infatti, come principio base della maggior parte delle decorazioni, non è affatto casuale, ma tradisce l’intenzione di creare quanto più possibile un’eterea e suggestiva atmosfera, potenziando così, grazie al bianco delle pareti, la luce proveniente dalle bocche dei lucernari.
Se in un primo momento tali stesure di intonaco bianco fanno da sfondo ad una decorazione piuttosto lineare e geometrica, nei secoli più avanti diverranno la sede di figurazioni sempre più complesse come ad esempio scene di banchetto, rappresentazioni bucoliche o paradisiache o, ancora, veri e propri cicli figurativi ispirati al Vecchio e al Nuovo Testamento.
Tra le figurazioni più ricorrenti troviamo infatti le scene bibliche veterotestamentarie come la Storia di Giona; i Giovani nella fornace; Daniele nella fossa dei leoni; Noè nell’arca, ma anche quegli episodi ispirati ai vangeli, tra cui spiccano varie scene ispirate al Battesimo; la Samaritana al Pozzo; la Resurrezione di Lazzaro; la Guarigione del paralitico; le Nozze di Cana; la Moltiplicazione dei pani.
Tutte rappresentazioni che, sebbene in modo estremamente sintetico, erano in grado di tradurre con grande immediatezza e semplicità i principali fondamenti della fede cristiana: si colgono dunque messaggi di redenzione, di salvezza, speranza e resurrezione capaci di allietare gli sguardi e i cuori di quei fedeli cristiani scesi in catacomba al fine di pregare per i propri cari.
Anche le stesse iscrizioni marmoree, poste a chiusura dei loculi, contribuivano ad evocare un clima di serenità e positività rivelando sentimenti intimi, ma anche veri e propri accenni di vita familiare, come l’affetto, il dolore per la perdita di un proprio fratello, anche se sempre attenuato dalla fede, l’esaltazione di doti o virtù esercitate in vita dai defunti e a cui venivano rivolti frequentemente auguri di pace, affinché potessero presto raggiungere la beatitudine eterna.
E dunque sia attraverso la messa in atto di espedienti strutturali che mediante il linguaggio più alto della decorazione, i cristiani riusciranno a fronteggiare quel buio, a lungo tempo temuto, che avvolgeva gli ambienti, trasformandoli in veri e propri regni di luce e di salvezza.
Chiaro, interessante, ricco di particolari…un bellissimo lavoro
Per un momento ho sentito la paura di questa povera gente in cerca di salvezza e conforto. Le memorie e le testimonianze artistiche che ci hanno lasciato sono preziosi frammenti educativi. Grazie per questa immersione in un mondo antico e affascinante !
Articolo ben scritto, che mette in risalto un aspetto poco conosciuto delle catacombe!
Breve ma ricco di informazioni!
Ottimo!
Molto bello! La luce fisica e la luce interiore unite in una atmosfera di serenità e speranza. C’è da imparare
In questo articolo la dottoressa Gianfermo ha espresso con sapiente conoscenza e proprietà di linguaggio l’aspetto caratteristico degli ambienti catacombali, fugando l’idea di luoghi tristi e rappresentando come luoghi ricchi di speranza e di fede. Da archeologa del periodo cristiano e medievale ritengo la descrizione ben fatta ed esaustiva per le finalità del blog.
Ottimo lavoro.
Argomenti che, spesso ritenuti cupi e ombrosi, prendono vita arricchiti da interesse e particolari. Non soltanto scritto bene ma anche pieno di amore e attenzione per ciò che si racconta.