A cinque anni dall’apertura del Mudec, Museo delle Culture di Milano, si è pensato di rinnovare e rileggere le opere del Museo presentando al pubblico oggetti inediti e capolavori di altre raccolte cittadine. Attraverso il nuovo percorso si vogliono raccontare fatti e fenomeni sia milanesi che lombardi che hanno profondamente trasformato la nostra società.
Il visitatore potrà, attraverso una “lente” milanese, ripercorrere alcuni secoli e temi fondamentali della storia globale, rileggendo rapporti, collegamenti e scambi avvenuti tra il territorio lombardo e il resto del mondo. Il percorso si muove all’interno di una selezione di circa 500 oggetti – alcuni restaurati – che parlano di concetti complessi come globalizzazione, imperialismo, colonialismo, mercantilismo.
Tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione di esperti, accademici, mediatori culturali che hanno consentito di affrontare temi critici e dinamiche storiche.
Si parte dal concetto di globalizzazione, che è un processo che affonda le radici già nel XV secolo, quando le relazioni transcontinentali accelerano grazie alla navigazione atlantica e alle immense possibilità messe in campo da essa: non solo incontri di persone ma anche e soprattutto l’arrivo in Europa di una enorme quantità di beni, merci e materie prime. Tutto ciò influì sull’economia e sulla società anche a Milano.
I SEZIONE
L’esposizione, nella prima Sezione, si apre infatti con il XVI secolo quando Milano, città definita la più internazionale d’Italia, comincia a modificare il suo profilo entrando a far parte del vasto scacchiere dell’Impero spagnolo. Dall’età coloniale alla Milano multiculturale, e fin da allora la città non abbandona più la sua dimensione internazionale.
I traffici con l’America consentono l’arrivo di oggetti “esotici” che entrano nelle collezioni di grandi famiglie milanesi e lombarde come quella del colto intellettuale Manfredo Settala. Arriva anche l’argento dalle miniere boliviane, base di un ricco artigianato. L’arrivo di questo prezioso metallo avrà grande impatto sulle economie mondiali e ripercussioni inversamente proporzionali e devastanti sulle vite e sulle società delle popolazioni native che lo estraggono e lo lavorano, fino in Africa Occidentale.
L’esposizione di argenti e ori precolombiani nel percorso museale è spettacolare.
E sempre per restare in tema di colonie, un sistema assai longevo, dopo l’argento si parla del cacao e del tabacco, che arrivano dalle colonie spagnole e cambieranno le abitudini alimentari e non del mondo intero.
II SEZIONE
Abbandonate le Americhe si entra nella seconda sezione, un’altra dimensione globale, quella del Continente asiatico che diventerà protagonista in Europa e in Italia non solo grazie al commercio di prodotti, the e caffè di alta qualità, ma anche per i preziosi manufatti utilizzati come contenitori per queste nuove bevande: porcellane, servizi da tavola e smalti.
Grazie ai traffici commerciali marittimi sostenuti dalla Compagnia delle Indie, tra la fine del XVII e inizi XVIII secolo Cina e Giappone egemonizzano le case e le menti degli Europei. Non a caso si parlerà di “Giapponismo” anche nella pittura e scultura. Il mondo orientale diventa luogo mitico nell’immaginario europeo e imperversano le “cineserie” autentiche o meno come nel caso delle manifatture milanesi di ceramica Clerici e Rubati, ispirate a modelli decorativi cinesi, giapponesi e indiani. Anche l’industria tessile di Milano si inserisce in questo fenomeno di moda sia con produzioni proprie, sia importando tessuti.
III SEZIONE
Nella terza sezione del Museo il racconto continua grazie a un’esposizione di 170 opere appartenenti alle collezioni storiche del Mudec e ci parla del passaggio dall’imperialismo commerciale a quello militare. Siamo già nella seconda metà del XIX secolo e con la conferenza di Berlino 1884/85, l’Africa viene spartita, e le potenze europee raggiungono i loro scopi con il controllo di vasti territori non industrializzati. Vengono occupate militarmente Tripolitania, Eritrea, Libia, Somalia quale preludio al colonialismo italiano di matrice fascista.
C’è un nucleo di opere inedite rappresentate dagli oggetti raccolti a Milano e che rappresentano le imprese militari in Etiopia. Questa rivisitazione consente una riflessione sul portato culturale del passato coloniale italiano, sull’identità e storia della popolazione etiope la cui voce fu messa a tacere dalla propaganda fascista. I documenti dell’epoca descrivono una relazione problematica con i “colonizzati” e forti contraddizioni nel rappresentare “l’altro da sè” piene di luoghi comuni e stereotipi.
Tutto questo ebbe ripercussioni sulla società milanese ed italiana e si consolidò nel corso del ventennio fascista. Tale modalità di relazioni non scomparve nella società civile nemmeno con la decolonizzazione. In altre parole, nel secondo dopoguerra, esisteva una consapevolezza circa fatti e posizioni culturali mai chiarite e corrette riguardo il nostro passato coloniale. Dopo il mito di “italiani brava gente” nato nel secondo dopoguerra, dagli anni 70 in poi una nuova corrente storiografica si è impegnata in una revisione critica del passato coloniale italiano.
In questa sezione, ancora si evidenziano i due focus che riguardano la guerra e la religione, la violenza del colonialismo europeo e le forme di resilienza africane. A questo punto la storia non è più solo africana ma diventa globale. Ha grande rilevanza l’istallazione di Cristina Donati Meyer “il vecchio e la bambina” che si inserisce nel dibattito sugli orrori e le vergogne del “madamato” e delle spose bambine che venivano date ai militari coloniali italiani: Indro Montanelli era uno di questi.
IV e V SEZIONE
Infine, nelle sezioni quarta e quinta, si analizzano i flussi migratori che coinvolgono Milano nella seconda metà del XX secolo, mentre vive il boom economico degli anni 50 e 60 e si trasforma da città industriale in città di servizi. Altro fenomeno di quegli anni è il multiculturalismo. Milano diventa sempre più polo di attrazione per chi punta a trasferirsi, viverci e lavorare, anche per coloro che arrivano da Africa, Asia e America. Le varie comunità crescono diventando il motore della trasformazione di Milano che sempre più è metropoli globale e multiculturale.
Assai interessante la realtà degli “afrodiscendenti” e di come vedano e vivano Milano e come contribuiscano a cambiare la città dentro e fuori nel contesto cittadino attuale. Tutti diversamente milanesi e diversamente italiani. Quindi gli allestimenti-progetto di queste ultime sale – video, manifesti, ritratti – nascono dalla disponibilità e creatività di artisti e videomaker, scrittori e scrittrici, blogger e influencer che hanno fornito contributi, opere ed esperienze personali, di lavoro e della loro realtà per esprimere anche la loro “milanesità”.
Il percorso si chiude su questo importante progetto collettivo nato attraverso workshop, discussioni e ampia partecipazione e con la ferma volontà di contrastare rappresentazioni e valutazioni spesso banali e stereotipate e un possibile immaginario collettivo sui neri e gli immigrati qui in Italia.