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Coppedè un quartiere di segni e di simboli

Il quartiere dei segni e dei rimandi

Forse una valida chiave di lettura per capire il Coppedè può essere quella di ripercorrerne i segni, i simboli, i rimandi ad altre suggestioni. Come se l’intero Quartiere fosse nient’altro che un percorso, stavolta si iniziatico, in cerca di significato sia del quartiere, sia al tempo stesso del visitatore che vi si inoltra. L’ospite a forza di decifrare e risolvere gli enigmi si avvicina passo dopo passo ad una maggiore comprensione del luogo e quindi di sé stesso e della sua trasformazione.
Troppo spesso in virtù dell’Eclettismo si è voluto vedere il Quartiere Coppedè come un ricco campionario di bizzarrie, temi e moduli decorativi propri dell’Art Nouveau sparsi qua e là, per volontà del suo architetto. L’artista avrebbe così teorizzato nella pratica la propria personale visione del Barocchetto Romano, o al contrario avrebbe manifestato la sua incapacità di sintetizzare tutti gli spunti delle varie correnti, neo-gotica, classica, barocca in uno stile unitario.
Troppe volte in virtù di un esoterismo da romanzo giallo si sono voluti interpretare i simboli di cui il Quartiere è costituito, come prove incontrovertibili di un percorso alchemico bastanti a comprovare l’adesione del suo autore alla Massoneria, seppur senza nessuna testimonianza o fonte ufficiale a conferma di ciò.
No, io penso che il Quartiere Coppedè sia stato costruito come la città di Tamara ne Le Città Invisibili, ogni simbolo e ogni segno sono parti di un discorso che i palazzi, i villini, gli archi e la fontana intrattengono con il visitatore che ha il coraggio e la voglia di addentrarsi in questo luogo per cercare di capire come andrà a finire il romanzo delle sontuose architetture che sta leggendo.
Probabilmente proprio l’estrema varietà decorativa che oggi rende questo luogo così suggestivo e magico per noi, doveva rappresentare per i contemporanei di Gino Coppedè una stranezza difficile da accettare. Infatti malgrado quello che si possa pensare, la realizzazione del Quartiere non riscosse affatto un grande successo e non servì di certo al suo autore a cementare la propria fama presso il già difficile ambiente architettonico romano dell’inizio del ventesimo secolo.

Coppedè Ospes Salve
Quartiere Coppedè, Palazzo Ospes Salve

La storia

La costruzione del Quartiere Coppedè va inserita all’interno dei lavori di trasformazione della città di Roma da capitale dello Stato della Chiesa a capitale moderna del neonato Regno d’Italia, su modello della Parigi del Barone Haussmann.
Il piano regolatore del 1909 voluto dal sindaco Ernesto Nathan, primo sindaco laico dell’Urbe, aveva identificato nel moderno quartiere Trieste-Salario l’area dove edificare un complesso residenziale di alto livello per la nuova classe di funzionari della nuova capitale, i ministeriali.

I lavori per la costruzione del Quartiere inizieranno solo nel 1918 per poi terminare nel 1927 dopo la morte di Coppedé, sotto la direzione del genero Paolo Emilio André.

Il progetto originale, mai completato prevedeva la realizzazione di 18 Palazzi e 27 villini.
L’area denominata oggi quartiere Coppedè, unica superstite del progetto iniziale, comprende l’intero isolato che si snoda tutto intorno a Piazza Mincio, compreso tra via Tagliamento, via Arno, via Ombrone, via Serchio, via Reno e via Clitumno. Al cui interno spiccano i celeberrimi e maestosi, Palazzo degli Ambasciatori, il palazzo cosiddetto Ospes Salve (dalle parole di un’iscrizione sulla facciata), il Palazzo del Ragno, il Villino delle Fate.

Gli edifici più simbolici

Il Palazzo degli Ambasciatori terminato nel ’21 consta di 3 nuclei abitativi di 5 piani ognuno, più il seminterrato e l’attico. Questi palazzi nascono come abitazioni di lusso per funzionari di alto livello. Appartamenti moderni con tutte le comodità ed i comfort, come la cucina a gas, i termosifoni (tra i primi ad averli) e il collegamento telefonico diretto con la portineria.
Lo stile è “romano” su esplicita richiesta della Società Anonima Cooperativa Edilizia Moderna (la società che ha commissionato i lavori a Coppedè) si evidenzia in particolar modo nel grande arco ispirato agli archi di trionfo, che si apre su Via Dora, ingresso monumentale all’intero quartiere.
Eppure non c’è una predominanza stilistica unitaria, lo stile romano infatti è continuamente mitigato da elementi neogotici come le guglie, le bifore e le torri con i tetti spioventi. Affreschi in stile neorinascimentale sulle pareti si alternano a mascheroni e efebi di gusto liberty con grate in ferro battuto alle finestre su livello strada in tipico stile Decò. Sembra un campionario di segni delle più svariate correnti artistiche e architettoniche.
Lo stesso avviene nei due palazzi che si fronteggiano davanti alla fontana delle rane su Piazza Mincio. Il primo, quello che recita l’iscrizione Ospes Salve, è composto da tre corpi aggettanti con un portone inquadrato in un arco a tutto sesto ribassato caratterizzato da una forte strombatura. All’interno un ricco campionario di animali campeggia sulle pareti: leoni, aquile, ippocampi, lucertole. Il corpo centrale incorniciato da due alte colonne che sorreggono 2 vasi rimanda addirittura al tempio di Salomone.
Il secondo il Palazzo del Ragno, è sempre formato da tre corpi, di cui solo quello centrale, a torre, è aggettante. Costruito in bugnato e laterizio, tutto in travertino con inserti in marmo, presenta varie decorazioni in stucco tra cui spicca il riquadro centrale con un Ragno che dà il nome al palazzo.

villino delle fate Coppedè
Quartiere Coppedè, Villini delle fate, immagine da roma.com

Le fate, la magia e la filosofia

I villini delle Fate sono sicuramente i più particolari da un punto di vista architettonico: costituiti da tre corpi ad “L” su due piani con attici a torre e tetto a falde.
La decorazione è ricchissima e prevalentemente ad affresco. I temi sono tutti medievali e rinascimentali, come le celebrazioni delle città di Firenze, Roma e Venezia oppure la serie degli uomini illustri ispirata alla celebre opera di Andrea del Castagno. Questi villini hanno anche una ricca decorazione pavimentale a mosaico, tra cui spicca quello davanti all’ingresso che dà il nome all’intero complesso.

I diversi stili, i supporti, i materiali, le iconografie che decorano il Quartiere rappresentano i segni semantici di un discorso originalissimo che Coppedè intesse con il visitatore per raccontargli la storia del quartiere, della sua costruzione, e la sua storia personale di architetto e decoratore.

Ma il Quartiere pone anche molte domande al visitatore, l’unico in grado di completare questo discorso appena tratteggiato tra simboli e rimandi segnici riempiendolo, e colmando i vuoti con il racconto della propria storia.
Ѐ per questa ragione che il Quartiere Coppedè nel suo ermetismo e nel suo complesso gioco di rimandi conduce il passante ad interrogarsi ponendosi domande nuove ed inattese. Si intesse così una trama sempre nuova di relazioni e significati che generano intuizioni e sensi sempre nuovi, tutto questo ragionare e trovare nessi rimanda inevitabilmente all’essenza del fare filosofia. Come un testo filosofico il Quartiere Coppedè lascia al visitatore la possibilità delle infinite letture che si possono rintracciare nell’opera finendo col continuare a domandarsi anche dopo esserne usciti.
Così come Calvino racconta del visitatore di Tamara la ricerca di segni è qualcosa che non appena iniziato continua a proseguire anche fuori dalla città e dunque dal quartiere.

Come veramente sia la città sotto questo fitto involucro di segni, cosa contenga o nasconda, l’uomo esce da Tamara senza averlo saputo. Fuori si estende la terra vuota fino all’orizzonte, s’apre il cielo dove corrono le nuvole. Nella forma che il caso e il vento danno alle nuvole l’uomo è già intento a riconoscere figure: un veliero, una mano, un elefante…

Per informazioni sulla visita guidata vai al sito di Yes Art Italy

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Francesco Ricci

Francesco Ricci

Dopo aver studiato al Liceo Classico, si laurea nel 2009 in Storia dell'Arte Moderna e nel 2012, con lode, in Storia dell'Arte Contemporanea presso l'università la "Sapienza" di Roma. È insegnante di storia dell'arte nei licei e guida turistica abilitata. Ama scrivere, viaggiare, e nutre una grande passione per l'arte, il cinema e la musica.

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