Palazzo Strozzi e il Museo Nazionale del Bargello a Firenze ospitano fino al 31 luglio 2022 la mostra monografica “Donatello, il Rinascimento“, curata da Francesco Caglioti. Una rassegna che non si esagera a definire unica, con le sue cinquanta opere intercalate da altre sia di pittura sia di scultura.
Nella storia Donatello incarna la svolta fondamentale, insieme a Giotto, Raffaello e Caravaggio. Co-protagonista con Brunelleschi della prospettiva razionale, nonché ideatore del non-finito in marmo, in bronzo, in terracotta e in stucco. Alla costante ricerca di tutto ciò che potesse sovvertire le consuetudini istituzionali dell’arte.
La lettura che qui si vuole proporre mette a confronto l’Imago pietatis (1449-1450), il rilievo bronzeo di Donatello nella Basilica di Sant’Antonio a Padova e l’Imago pietatis di Giovanni Bellini (1465 circa), la tempera su tavola conservata nel Museo civico Correr a Venezia.
Nel rilievo Donatello ha scolpito Cristo in piedi sulla sua tomba. Dietro di lui, due angeli dolenti che rievocano il modello tedesco della cosiddetta Engelpietà. Invece di sostenerlo ne reggono il sudario. Se nell’iconografia bizantina il Salvatore è visto sempre di fronte, Donatello lo configura quasi a tre quarti, per mitigare le conseguenze della Passione. Il fianco infatti non riporta tracce di ferite. Secondo gli esperti sembra che la piaga sulla mano sia stata inserita dopo la fusione.
I due angeli, nell’antico comportamento dell’acedia, gridano e piangono, e sopraffatti dalla sofferenza si reggono la testa, senza tuttavia abdicare al compito di sollevare il sudario con le braccia. La simmetria della loro posa risalta nell’atteggiarsi dei piedi parzialmente sporgenti per attirare l’attenzione di chi guarda. Le loro vesti attivano un andamento scultoreo più grezzo che fa emergere la diversa tessitura della pelle. Un’opera fondamentale quindi, la cui eco si registra anche in pittura nell’opera dallo stesso titolo di Giovanni Bellini.
Basta soffermarsi sulle tuniche senza maniche dei due angeli. Anche se i loro volti non sono tormentati dallo stesso immenso dolore, sembrano respirare in sintonia con Cristo con il suo volto che ricade sul petto e le vene a fior di pelle. Insieme ancorati al cielo rosato dell’aurora.
Da notare sullo sfondo la Città santa, Gerusalemme, che oscilla fra la veduta moderna di una murata città veneta e l’approssimarsi ad una forma urbis ideale, con la sua configurazione circolare e la trabeazione degli edifici. Archeologismo inusuale in Bellini che in questo caso si fa influenzare dal cognato Andrea Mantegna.
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