Due proposte. O meglio, due suggerimenti per orientarsi fra le mostre da non perdere nel 2023.
Per iniziare, suggerirei “Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra” alle Scuderie del Quirinale a Roma. Visitabile fino al 10 aprile. L’esposizione comprende oltre cento capolavori salvati nel corso della Seconda guerra mondiale. E contributi documentari, fotografici e sonori. Il percorso è scandito da tre filoni narrativi: le esportazioni forzate e il mercato dell’arte; gli spostamenti e i ricoveri; la fine del conflitto e le restituzioni. Vorrei attirare l’attenzione sull’Annunciazione di Jesi del 1532 di Lorenzo Lotto. Le scelte cromatiche dell’artista e gli atteggiamenti dei personaggi raffigurati sono più composti e tradizionali rispetto all’altra Annunciazione di Recanati del 1534. Ma non per questo meno coinvolgente.
Sulla Madonna di Senigallia di Piero della Francesca. Cosa c’è di particolare in Piero che cattura la nostra attenzione? Per Bernard Berenson dipende dall’impersonalità delle figure. Se esprimono qualcosa lo fanno tramite il silenzio. Nei loro volti non si legge l’inquietudine. Nelle loro ampie fronti convivono pensieri semplici. Esistono e basta.
Citerei ancora la Danae di Tiziano del 1544/45. La protagonista languidamente sdraiata domina la scena. In una posizione chiaramente erotico/amorosa.
Il secondo suggerimento riguarda Johannes Vermeer e la retrospettiva che gli dedica il Rijksmuseum di Amsterdam dal 10 febbraio al 4 giugno 2023. La più grande mostra mai realizzata. Quale sarà il dipinto più guardato? Sicuramente La ragazza con l’orecchino di perla. Non credo abbia molto senso chiedersi se la giovane raffigurata sia stata la sua domestica, la figlia o l’amante. Ciò che conta è il seducente fascino atemporale che l’armonia dell’immagine sprigiona. Raggiunto con uno sguardo carico di fascino e mistero. La bocca socchiusa. La fascia azzurra che le copre la fronte. Il copricapo giallo. La luce abbagliante della perla nel buio.
A mio modesto parere non trascurerei la Veduta di Delft che Proust giudicava il quadro più bello del mondo.
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