Abstract. Debutta il 17 giugno 2022 al teatro greco di Siracusa l’Ifigenia in Tauride di Euripide, terzo e ultimo titolo in cartellone per la regia di Jacopo Gassmann. In alternanza fino al 4 luglio con Agamennone di Eschilo e l’Edipo re di Sofocle.
Euripide
Decisamente diverso rispetto agli altri due grandi che l’hanno preceduto. In contrasto con la società del suo periodo: Eschilo ha combattuto come soldato, Sofocle è stato stratega e alto magistrato. Euripide è un estraneo alle vicende della polis, nessuna carica civile o militare. Estraneo alla politica, subisce un processo per empietà. Non troviamo più grandi eroi nelle sue opere, nessuno è disposto a sacrificare la vita per la verità e l’onore. Se l’eroe maschile cade dal piedistallo, a compensare emergono le figure femminili, problematiche e inquietanti. Nel bene e nel male. Medea, Ecuba nelle Troiane, Ifigenia pronta nel decidere.
Euripide è stato indicato come il poeta dell’Illuminismo greco. Ma per quanto la definizione possa essere intrigante, è inesatta. Se gli illuministi mettono in dubbio principi e privilegi di classe, lo fanno per acquisire verità attraverso la scienza. Lo scrittore analizza il periodo in cui vive. Ne denuncia i falsi valori, passando al vaglio un sistema religioso, culturale e sociale andato in rovina ma non fornisce alcun antidoto.
“La sua è la lucida amara diagnosi dell’impotenza”.
La trama
Tutti credono che Ifigenia sia morta. In realtà vive nella Tauride. Il padre Agamennone, re degli Achei, avrebbe voluto sacrificarla. Ma la dea Artemide la salva sostituendola con una cerva. Le impone però di diventare sacerdotessa, ministra di un crudele rito: ogni straniero che sbarca in Tauride deve essere immolato alla dea. Quando approdano il fratello Oreste, dopo il riconoscimento, e l’amico Pilade inseguiti dalle Erinni il macabro rito non si compie. Con un inganno riescono a fuggire via mare.
Il regista
In un’intervista ha definito l’opera una “escape tragedy”. Per quella fuga avventurosa da quel luogo dove sembrano esserci sacrifici umani. In fondo è un testo che commuove perché racconta una storia di figli, Ifigenia e Oreste, gli ultimi eredi di una dinastia insanguinata, senza più padri.
La memoria
I due protagonisti sono le vittime di un passato tremendo: per Oreste il matricidio. Per Ifigenia la punta di un coltello puntato contro la sua gola per ordine paterno:
“Mani mi afferrarono e sollevarono sopra il rogo, una lama stava sfiorando la mia gola”.
Nella grande tragedia la memoria è determinante. Scatena la vendetta o motiva un comportamento. Ne l’Ifigenia dopo che i fratelli si ritrovano, il ricordo del passato perde spessore. Niente problemi, niente domande. Ciò che conta è allontanarsi dal pericolo. Fuggire, salvarsi.
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