Lo scorso 31 Marzo 2022 si è svolta la conferenza stampa, presso l’Università Mercatorum di Piazza Mattei, il I festival del Carciofo Romanesco che ha visto la partecipazione di commercianti, politici e nutrizionisti. Numerosi gli interventi che hanno reso per poche ore il Carciofo protagonista indiscusso della conferenza. L’evento si è svolto al Portico d’Ottavia dal 6 all’8 Aprile 2022. Per una settimana, le vie dell’ex Ghetto ebraico della Capitale hanno celebrato uno dei simboli della cucina romana: il carciofo.
Chi ha organizzato l’evento?
Come nasce l’idea di organizzare il I primo festival del carciofo romanesco? Il fine è la riscoperta dei prodotti del territorio laziale, unita alla valorizzazione di uno dei prodotti “principe” della tradizione culinaria giudaico-romanesca.
L’evento che ha avuto il patrocinio dell’Assessorato dell’Agricoltura di Roma e del I Municipio, della Regione Lazio e dei Coldiretti Lazio, è stato promosso dai Confesercenti di Roma in collaborazione con la Camera di Commercio della Capitale. Sponsor dell’evento il Centro Agroalimentare di Roma.
Origini, storia, mito e proprietà del carciofo
Il celebre ortaggio, dal nome botanico Cynara Scolymus, appartiene alla famiglia delle composite e per le sue proprietà, può essere definito “re dell’orto“. Il carciofo romano, detto “mammola” o “cimarolo” ha per secoli costituito l’alimento base dei Romani ed in modo particolare della comunità giudaica che viveva nell’Urbe. È proprio nell’ex Ghetto ebraico che il nostro ortaggio ha conosciuto il suo trionfo, riprodotto ancora oggi nei piatti dei ristoratori del Portico d’Ottavia.
Il carciofo è una pianta originaria, probabilmente, dell’area del Mediterraneo orientale. Sembra che gli Egizi lo utilizzassero come pianta medicinale, mentre gli Etruschi avrebbero introdotto la coltivazione sistematica dell’ortaggio come si evince dalle foglie di carciofo presenti nelle pitture parietali di Tarquinia.
La sua storia risiede nei miti Greci e nel mondo romano. Teofrasto, filosofo vissuto nel III sec. a.C, racconta il mito di Cynara giovane ninfa amata da Zeus che il dio, geloso, trasformò in ortaggio verde e spinoso dal cuore tenero. Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, narra le proprietà curative del carciofo, mentre Columella ne racconta la coltivazione e gli effetti organolettici positivi. Apicio nel “De Culinaria” spiega a i metodi di preparazione del carciofo nella cucina romana imperiale.
La storia del nostro ortaggio attraversa i secoli. Lo ritroviamo menzionato nelle tavole rinascimentali e poi in quelle barocche fino ai protagonisti del Gran Tour di fine Settecento che raccontano di poter acquistare 30 carciofi per un “paolo” al mercato.
Tuttavia è solo tra il 1940 ed il 1950 che la coltivazione del carciofo si diffonde in modo intensivo nell’area tirrenica e ciò permette la nascita di sagre ed eventi, tra le più celebri quella di Ladispoli.
Numerose le proprietà nutritive del nostro ortaggio che può essere assunto ad ogni età e non entra in contrasto nelle diete. Ricco di ferro e fibre, con solo 22 calorie per 100 grammi edibili, il carciofo è ottimo per l’assorbimento dei carboidrati semplici e per ridurre il livello del colesterolo.
Il carciofo nella cucina romana
La tradizione culinaria romana trova nel carciofo il protagonista indiscusso in molti piatti. I romani lo consumano in diversi modi: crudo a fettine condito con olio e limone oppure cotto a fuoco lento con pangrattato, aglio, pepe e olio e fritto nell’olio con il gambo all’insù.
Questa ricetta è meglio conosciuta come carciofo alla Giudia, e affonda le sue radici nella cucina giudaico romanesca, anche se la linea di demarcazione tra le due tradizioni non è così netta. È difficile stabilire dove finisca la cucina romanesca e cominci quella giudaica, per molti secoli sono state parallele fino a fondersi.
Il Carciofo alla Giudia è un’icona dell’ex Ghetto ebraico di Roma, cucinato in tutti i ristoranti del Portico d’Ottavia e ricercato dai turisti che si affollano per gustarlo caldo e croccante.
Leggi anche Il gelato al carciofo e mentuccia di Rosario Nicodemo