Nel 1515 nasce a Firenze Filippo Neri, secondo figlio di un notaio discendente da una nobile famiglia decaduta. Filippo è un giovane di bell’aspetto e ben educato. Nonostante il padre lo avesse avviato verso l’attività di mercante presso suo zio Bartolomeo Romolo a San Germano, attuale Montecassino, Filippo capisce ben presto che quella non è la sua vita.
Nel 1534 giunge a Roma colui che sarà conosciuto col soprannome di “Pippo Bbono“. Molto amato dai Romani, Filippo è considerato il secondo Apostolo di Roma dopo i primi Pietro e Paolo. Di Filippo restano memorabili le sue molteplici qualità: sorriso, carità, pazienza, fede e umiltà. Numerosi i suoi miracoli, quanto le lotte col diavolo, come si evince dalle biografie e dalle fonti che lo hanno portato alla canonizzazione.
L’attività di Filippo giunge anche ai più alti ceti della Chiesa. Consigliere di papi, da Pio IV a Gregorio XIV, a Clemente VIII; amico e direttore spirituale al pari di personalità come quelle dei cardinali Carlo e Federico Borromeo. Confessore di laici, da nobili come Altieri e Barberini, a cortigiani come il Tassoni, ad artisti e musicisti come il Palestrina e l’Allegri, fino alle classi più umili.
San Filippo si spegne a Roma il 26 Maggio del 1595 dopo aver celebrato la sua ultima messa nel giorno del Corpus Domini. Prima di esalare l’ultimo respiro disse, con la sua solita ironia, “bisogna finalmente morire”.
Filippo a Roma
Abbandonata l’idea di diventare mercante e spinto dal fervente zelo religioso, Filippo si stabilisce a Roma a casa del fiorentino Galeotto Caccia dove lavora come precettore per i figli Michele e Ippolito. Lo stipendio di Filippo consiste in un modesto alloggio e un sacco di grano che, su un accordo con un fornaio, scambia con pane. Il santo si alimenta di pane che condisce con poche olive e tanto digiuno e su questo baserà la sua alimentazione per quasi tutta la vita.
A quel tempo, Roma è la città di nobili prepotenti, uomini in cerca di fortuna e di agi, ma anche di persone desiderose di vivere una vita di santità tra i poveri, gli ultimi, coloro che vivono in aree malsane a ridosso delle rive del Tevere. In Filippo è vivo il ricordo dei martiri e così decide di spendere la sua vita a servizio degli ultimi.
Nel tempo libero dalla sua attività di precettore, Filippo studia teologia all’ Università di S. Ivo alla Sapienza e Teologia presso i padri Agostiniani. Trascorre molto tempo nelle chiese isolate e nelle catacombe in preghiera, fino all’estasi del 1544 avvenuta nelle Catacombe di san Sebastiano.
Durante l’estasi Filippo è trafitto da un globo infuocato che gli dilata il cuore rompendogli due costole. Un evento inspiegabile anche ai medici che constateranno la ferita alla morte del Santo. Tale evento non disturba la vita di Filippo che prosegue instancabile nell’apostolato per circa cinquant’anni.
Dalla vita eremitica alla Congregazione degli Oratoriani
Dopo l’evento del 1544, Filippo abbandona la casa del Caccia e comincia a vivere per strada, dormendo sotto i portici delle chiese e lungo le strade o in ripari di fortuna. Chiede in elemosina pane e olive, continuando la sua predicazione tra i poveri ed assistendo malati e pellegrini; si rivolge alla gente in dialetto romano, di Dio, di Gesù e del Paradiso. Quando incontra i giovani che lo deridono coglie l’occasione per unirsi a loro e conquistarli con la sua simpatia. Inizia con una barzelletta e con qualche gioco, per poi improvvisarsi predicatore dicendo “Fratelli, state allegri, ridete pure, scherzate finché volete, ma non fate peccato!”. Molti giovani, seguendo il suo invito, abbracciano la vita religiosa.
Dalle sue meditazioni nasce l’idea, o meglio la devozione, del pellegrinaggio alle sette chiese che parte da San Pietro e prosegue per San Paolo fuori le Mura, San Sebastiano, San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le Mura e si conclude a Santa Maria Maggiore.
Nel 1548, insieme ad un gruppo di compagni devoti, istituisce la Confraternita della Trinità de’ Pellegrini con lo scopo di aiutare i pellegrini feriti, derubati o ammalati durante l’arrivo a Roma. Nello stesso periodo promuove la pia pratica delle Quarantore davanti al Santissimo Sacramento.
Nel 1551 arriva la svolta, su consiglio del suo confessore padre Persiano Rosa: Filippo è ordinato sacerdote e si stabilisce presso la Chiesa di San Girolamo della Carità dove ancora oggi sono visibili le sue stanze arricchite da meravigliosi affreschi ed è qui che accoglie i suoi amici: preti e laici, ricchi e poveri, ragazzi e ragazze abbandonati e soli ma tutti insieme radunati nell’ascolto del Vangelo, nei canti e nelle riflessioni spirituali. È il primo nucleo del futuro Oratorio che tanto impulso darà alla musica sacra.
Nel 1564 la comunità fiorentina di Roma richiede Filippo come rettore della sua Chiesa. Il santo accetta ma continua a vivere nelle stanzette di san Girolamo, inviando presso la Chiesa i preti della sua Congregazione. Dall’Oratorio di Filippo emergono personaggi importanti, destinati a lasciare il segno nella cultura italiana, come ad esempio il celebre cardinale Cesare Baronio, autore degli Annales ecclesiastici.
Filippo e i giovani
Nel corso della sua attività, Filippo dedica particolari attenzioni ai giovani; li accompagna per le vie di Roma, sempre con il sorriso, parlando di Gesù e del Vangelo. Alle Terme di Caracalla organizza per loro dei ritiri con merende e giochi e li tiene uniti nella preghiera e nella fede portandoli anche in ospedale a compiere atti di carità. Molti di loro seguiranno i suoi passi diventando religiosi.
La Chiesa di S. Maria in Vallicella o Chiesa Nuova
Nel 1575 Gregorio XIII affida a Filippo Neri la ricostruzione della piccola chiesa medievale di s. Maria in Vallicella.Il santo, con l’aiuto tangibile del Papa e del cardinal Cesi, fa edificare la nuova chiesa da Matteo da Città di Castello e da Martino Longhi il Vecchio, l’edificio sarà consacrato nel 1599 quando Filippo è già morto.
La facciata, terminata nel 1606, è opera di Fausto Rughesi. È composta da due ordini di lesene; in cima ha un timpano triangolare, mentre nell’ordine inferiore si apre il portale con un’architrave coronata da un festone e dallo stemma di Angelo Cesi vescovo di Todi. Il secondo ordine presenta al centro una finestra con una balaustra e ai lati due nicchie con le statue di S.Gregorio Magno e di S.Girolamo.
L’interno è scandito da tre navate e sarà decorato dopo la morte di Filippo, poiché il santo era contrario ad affreschi troppo appariscenti. Pietro da Cortona affresca la volta che rappresenta il “Miracolo della Madonna che resse il tetto cadente“, la cupola con il “Trionfo della Trinità” e l’abside con l’Assunta con i Santi.
La Cappella Spada è opera di Carlo Rainaldi ed è decorata da Carlo Maratta con la tela “Madonna in trono tra i Ss.Carlo Borromeo e Ignazio di Loyola”. Le due tele ai lati dell’abside e la pala dall’altare maggiore dove si trova l’antica immagine della “Madonna Vallicelliana” sono opera di Pier Paolo Rubens. La suntuosa Cappella di san Filippo Neri, dove riposa il corpo del Santo, è costituita da marmi e pietre preziose e risale al 1600-1606 su progetto di Onorio Longhi, commissionata da Neri del Nerio parente del Santo.
Oratorio e convento dei Filippini
Nel 1637 i padri Filippini affidano al grande architetto Francesco Borromini la costruzione dell’Oratorio e del convento accanto alla Chiesa Nuova.
L’oratorio è un capolavoro dell’arte barocca. La facciata in mattoni si ispira ad un corpo umano a braccia aperte, come ad abbracciare i fedeli. La facciata è tutta un alternarsi di parti concave e convesse strutturata in due ordini; nel primo ordine, la parte centrale è convessa, la porta è sormontata da un timpano e da nicchie laterali; il secondo ordine è composto da una parte centrale concava con al centro una finestra con balcone, coronata da una volta a botte, al cui centro si trova la colomba dello Spirito Santo.
L’ultimo piano dell’edificio accoglie la Biblioteca Vallicelliana, in cui si trovano 84.000 volumi, a cui si accede attraverso la scala realizzata dal Borromini.
Accanto all’Oratorio sorge il Convento dei Filippini la cui facciata è costituita in mattoni, l’aspetto è semplice ed austero. All’angolo si slancia sorprendente la Torre dell’Orologio con il suo caratteristico dinamismo di concavi e convessi. La struttura sarà ultimata tra il 1647/48 da Borromini. Sotto l’orologio, il mosaico della Madonna è opera di Pietro da Cortona.
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