Il giardino delle rose è un piccolo gioiello situato nel cuore della capitale. La sua storia è antica, particolare e variegata. Vediamo di ripercorrere brevemente le tappe che hanno portato alla sua fondazione.
Situato alle pendici dell’Aventino, non lontano dal Circo Massimo e di fronte alle vestigia del Palatino dalla stradina via valle di Murcia, il Giardino delle Rose occupa un’area di circa 10.000 m² e accoglie 1200 esemplari di rose botaniche, antiche e moderne, inglesi, in miniatura o coprisuolo.
Il giardino delle rose, storia ed evoluzione
L’attuale area del giardino era nota e legata ai fiori fin dai tempi dei Romani. Lo storico latino Tacito racconta nei suoi Annales che fin dal III sec. A.C. qui si trovava il tempio di Flora. In primavera, tra la fine d’Aprile ed i primi giorni di Maggio, nel vicino Circo Massimo si svolgevano i “Floralia“, festeggiamenti in onore della dea.
Alla caduta dell’Impero il piccolo territorio dell’Aventino, occupato oggi dal Roseto comunale, non lontano da Rocca Savella, divenne luogo di vigneti e altre coltivazioni per alcuni secoli. Nel 1645, in occasione della costruzione della nuova Porta Portese, l’antico cimitero ebraico fuori porta venne rimosso. Agli Ebrei fu concesso di utilizzare, come nuovo cimitero, l’area incolta tra l’Aventino ed i resti di Rocca Savella: l’attuale Roseto Comunale. Il luogo era chiamato, in modo dispregiativo dai Romani, “l’ortaccio degli Ebrei“.
Da cimitero Ebraico a Roseto Comunale
Per oltre due secoli l’attuale Roseto ospitò i defunti della comunità Ebraica. Bisognò attendere il 1870, anno in cui Roma divenne capitale del Regno d’Italia, perché le nuove sepolture trovassero posto nel nuovo cimitero del Verano inaugurato nel 1836 ma fino a quella data destinato ai cattolici. Dal 1895 in poi gli Ebrei cominciarono a seppellire nel nuovo cimitero monumentale a San Lorenzo, abbandonando l’Aventino.
Come si arriva al progetto di un Roseto a Roma?
L’idea nasce grazie alla contessa americana Mary Gayley Senni residente a Roma. La contessa donò al Comune le sue rose per costituire in città un Roseto sul modello delle altre capitali europee. Le rose furono inizialmente collocate sul Pincio in un’aiuola. Non contenta di questa “misera” collocazione, la Senni si riprese i propri fiori.
Il Roseto di Roma vide la luce nel 1932, durante il Fascismo, e fu collocato su Colle Oppio dove rimase fino alla Seconda Guerra Mondiale. Nel 1933 si svolse la prima edizione del Premio Roma e la Senni fu membro di giuria. Da allora tutti gli anni si tiene il concorso che premia la rosa più bella. L’anno seguente, le ultime tombe del cimitero ebraico vennero rimosse e trasferite al Verano. L’intera area fu trasformata in orti di guerra.
Il Roseto Comunale, come lo conosciamo oggi, risale al 1950. La comunità Ebraica concordò col Comune la trasformazione dell’ex cimitero in area pubblica. La struttura dei viali riproduce la forma della Menorah (cendelabro ebraico), i cipressi e la targa a forma delle tavole della Legge con iscrizione ebraica. Tutti questi elementi ricordano la funzione antica del luogo.
Il Premio Roma alla rosa più bella
Tra le 1200 rose esposte in pianta stabile, ve ne sono alcune nuove che prendono parte al concorso. Le rose provengono da tutta Europa, dagli Stati Uniti, dal Canada, dal Medio Oriente, dalla Nuova Zelanda, dalla Cina, dall’India e dal Giappone. Ogni terza domenica di Maggio si tiene il concorso. La rosa più bella è scelta da una giuria proveniente dal mondo della cultura e della diplomazia. Nel votare la rosa si tengono presenti la struttura e le caratteristiche del fiore. La rosa più bella entra a far parte del Roseto Comunale di Roma.
Non mancano rose “celebri” create in occasioni particolari o per onorare personaggi illustri o eventi particolari: la Rosa della Pace di San Francisco, la Rosa Arcobaleno, la Rosa cinese, la Rosa Pertini, la rosa Botticelli, la Rosa Virna Lisi. Accanto a queste ci sono rose che hanno nomi di colori, del Paese d’origine o altri nomi di fantasia.
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“Rome, thou art a whole world, it is true, and yet without love this
World would not be the world, Rome would cease to be Rome…”