Fino al 22 maggio 2022 la Galleria Borghese ospita la mostra “Guido Reni a Roma. Il Sacro e la Natura”. Il focus della mostra è nel ritrovato dipinto “Danza campestre” del 1605 circa. Da un anno è rientrato nella collezione del museo, un ricollocamento importante in quanto consente di riconsiderare il rapporto del pittore con l’ambito campestre e la pittura di paesaggio, che si pensava non confacente alla sua produzione.
Il percorso espositivo comprende trenta opere che coprono i primi anni del soggiorno romano dell’artista: dalla sua attenzione per l’antico e per il Rinascimento, allo sconvolgimento che gli suscita la pittura di Caravaggio che ha conosciuto e frequentato. Il quadro che in questo periodo merita particolare attenzione è la “Strage degli innocenti” che Reni dipinge nel 1611.
Fra Madri disperate e Carnefici in azione
Cosa vediamo nel quadro? Colpisce innanzitutto l’orrore disperato, impotente, della bocca spalancata della madre a sinistra sotto gli angeli. Sta cercando di fuggire mentre un carnefice l’afferra per i capelli. La tensione muscolare delle spalle sottolinea la violenza dell’atto. Alla giovane donna è come se mancasse l’aria: gli occhi rovesciati, la testa in una posizione innaturale nell’estremo inutile tentativo di controllare ciò che non può allontanare.
L’altra sulla destra, tenerissima nel tenere il figlio paffuto, roseo, inconsapevole in grembo, sembra voler approfittare dell’inaspettata disattenzione degli assassini tentando una fuga comunque negata. E poi la madre al centro della composizione. Che cosa può opporre alla violenta determinazione dell’aguzzino che, mentre con la mano sinistra tiene a bada il bambino che chiede aiuto e con la destra il pugnale, sta vibrando il colpo fatale?
Il pugnale al centro della scena sintetizza la strage nella sua atrocità, la madre tenta di fermare il gesto con la mano in un’ultima disperata difesa. L’ultima speranza è la preghiera. Con gli occhi rivolti al cielo. Aspettando che siano distribuite le palme del martirio dagli angeli sulle nuvole. Ma intanto?
I bambini
Ci sono due bambini già morti in primo piano, in basso. Sono due gemelli. Con i capelli dello stesso colore. Sembrano addormentati. Guido Reni evita i particolari cruenti, ad eccezione di quelle deboli tracce di sangue e di quelle ferite al collo visibili solo se si guarda con attenzione. Si è invece soffermato sui loro corpi, sul colore della loro pelle non ancora sfiorata del rigido livore cadaverico. Su quella momentanea naturale pinguedine destinata presto a scomparire se fossero nati in un mondo disposto ad accoglierli.
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