La mostra di Palazzo Reale a Milano, “Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento veneziano” aperta fino al 5 giugno 2022, è l’occasione perfetta per riflettere sulle modalità di raffigurazione dell’universo femminile. Non sono tutti ritratti quelli rappresentati, anche se ne hanno l’aspetto. L’individualizzazione del soggetto è subordinata alla scelta del modello, che in questo caso è Flora, moglie di Zefiro, metafora coniugale e della sua tendenza alla procreazione. Simboleggiata dal mazzo di fiori primaverili in base al racconto che ne fa Ovidio.
Le Flore della pittura veneziana hanno in comune l’esposizione dei seni. Il fatto che uno sia scoperto e l’altro no, non vuole testimoniare l’antitesi tra sensualità e virtù. Ma il coesistere di un erotismo palese, donato, con quello equilibrato, controllato, disciplinato. Coesistenza insita nel matrimonio. Nel quadro la protagonista, nell’abbandonare lo stato verginale, porta i capelli sciolti sulle spalle nude, si sta privando del mantello. O meglio, lo sta allentando.
La Flora di Tiziano (1515/17, conservata presso gli Uffizi a Firenze) e quella di Jacopo Palma (1520 circa, esposta al National Gallery di Londra), sono donne vigorose. Che sanno il proprio essere psico/fisico.
La prima, nel bellissimo e pienotto ovale del viso, fa trapelare qualche ansia. E magari un leggero timore nello scoprire il seno. Quella del Palma, con i lacci d’amore al polso sinistro e con il velo tra i capelli, sembra più serena nello sguardo e nel mostrare il corpo. Entrambe, in parte nascosto dai fiori, indossano l’anello della promessa nell’anulare della mano destra.
Un altro dettaglio iconografico che condividono, in risalto in Tiziano tramite il lussuoso broccato purpureo e oro, più attenuato in Palma quasi celato dal panno verde, è la posizione delle dita: l’indice e il medio – aperti a forbice – indicano il ventre. Nell’imminenza del matrimonio non dovrebbe essere difficile uscir di metafora.
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