Pantheon è una parola che viene dal greco e significa [tempio] di tutti gli dei. Oggi questo nome è entrato nell’uso comune per indicare una raccolta, una collezione di opere o semplicemente un gruppo di autori tra i più illustri a cui fare riferimento.
In realtà questa espressione trae la sua origine nel campo semantico della religione o della mitologia per indicare un insieme di divinità venerate da una determinata popolazione o civiltà.
Il Pantheon di Roma
Eppure oggi la parola pantheon è talmente associata ad una così straordinaria opera architettonica che per estensione è finita ad indicare il luogo fisico stesso deputato al culto di tutti gli dei. Sto parlando ovviamente del Pantheon di Roma, uno dei monumenti simbolo della città nonché ancora oggi uno degli esempi insuperati di architettura classica e nello specifico architettura romana.
Ciò che rende questo capolavoro ancora più prezioso è il fatto che, al di là dei restauri o dei saccheggi, è arrivato intatto nelle sue forme originali fino a noi grazie alla donazione che l’imperatore bizantino Foca fece nel 609 d.C. a Papa Bonifacio IV. Questo intervento e la successiva consacrazione del tempio al culto cristiano, Santa Maria ad Martyres, permise la conservazione del monumento e lo salvò dal probabile smantellamento che in quegli anni rappresentò la triste sorte di molti edifici “pagani”.
Ma il Pantheon è veramente arrivato a noi così come era stato progettato?
Questo tempio venne costruito nel 27 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, genero, collaboratore e amico di Augusto, proprio all’indomani della vittoria di quest’ultimo contro Marco Antonio. Dopo la morte di Cesare, Roma era andata incontro ad una sanguinosa guerra civile, pochi anni dopo quella precedente.
Con la battaglia di Azio, la sconfitta di Marco Antonio, la morte di Cleopatra e la conquista dell’Egitto, si chiudeva un’era.
La propaganda augustea
Roma era stata “salvata” da Ottaviano che proprio nel 27 a.C. assume il titolo di Augustus, il Venerabile, in segno di riconoscenza per aver riportato la pace e l’ordine. La città è pronta per diventare la nuova capitale di un Impero, l’impero della famiglia Giulio-Claudia. Augusto ha cominciato a preparare il terreno per questo evento fin dalla morte di Cesare. La sua deificazione e la gigantesca propaganda storico-letteraria per rimarcare la discendenza della sua gens da Venere, progenitrice dell’eroe Enea da cui discende anche Rhea Silvia madre di Romolo, serve ad indorare la pillola al popolo romano. Il passaggio dalla Repubblica all’Impero così non sarà più un trauma (come fu con la fine della Monarchia) ma la logica conclusione di un percorso che porterà Roma a dominare quasi tutto il mondo allora conosciuto.
È all’interno di queste operazioni demagogico-propagandistiche, e grazie all’intenso rinnovamento urbanistico iniziato da Cesare e proseguito da Augusto stesso, che si situa la costruzione del Pantheon. Un piccolo tempio dedicato a tutte le divinità planetarie, dove all’interno, tra le statue degli dei, forse doveva trovare posto anche quella di Augusto o del Divo Iulio, sempre nell’ottica di una giustificazione divina dell’avvento al potere della famiglia Giulio-Claudia.
Il Pantheon di Agrippa
Ancora molti interrogativi permangono sulla struttura originale del tempio augusteo.
Probabilmente aveva un diverso orientamento dalla costruzione attuale, sicuramente di dimensioni minori non si sa se circolare o rettangolare (anche se diversi studi confermano che forse già all’epoca doveva avere una forma circolare preceduta da un portico, magari sopraelevato rispetto alla piazza circostante).
Quello che è certo è che viene profondamente danneggiato nel 80 d.C. e restaurato da Domiziano, anche se di questa seconda fase non si quasi niente.
La terza fase corrisponde a quella attuale, la riedificazione sotto Adriano tra il 118 e il 125 d.C, come ci dice il biografo dell’imperatore e cosa più importante come testimoniano i bolli laterizi.
La ricostruzione adrianea
Come da costume l’iscrizione che ancora oggi campeggia sull’architrave è quella originale riferita ad Agrippa, visto che Adriano non fece mai inscrivere il suo nome sui monumenti da lui restaurati.
Un’iscrizione più piccola subito sotto, fa riferimento ai restauri del 202 d.C. di Settimio Severo e Caracalla che probabilmente furono molto contenuti.
Ovviamente il monumento adrianeo era inquadrato in uno spazio molto diverso dall’attuale: come quello di Agrippa era rialzato su alcuni gradini, e copriva totalmente la rotonda tanto che visto frontalmente doveva sembrare un semplice tempio periptero, inoltre la piazza che lo precedeva era molto più allungata di quella attuale e fiancheggiata da portici laterali.
Il Pantheon è composto da tre corpi architettonici differenti ma perfettamente integrati tra di loro: un pronao ottastilo, una massiccia costruzione in laterizio che lo collega alla rotonda e la rotonda stessa, una struttura a pianta circolare sovrastata da una cupola emisferica.
Il Pronao
Il portico presenta sulla facciata otto colonne corinzie monolitiche di granito, dell’altezza di quasi 14 m. mentre i capitelli e le basi sono in marmo bianco. Le colonne, in totale sedici, dividono lo spazio in tre navate e sorreggono un timpano oggi vuoto forse anticamente decorato con scene di battaglie. Le pesanti porte bronzee sono molto probabilmente originali, mentre il soffitto, un tempo rivestito anch’esso di bronzo, venne spogliato da Urbano VIII per realizzare il baldacchino di San Pietro, ruberia così criticata dal popolo romano da generare la famosa pasquinata: Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini (Quello che non fecero i barbari fecero i Barberini).
La rotonda
All’interno la rotonda, che poggia su una massiccia sostruzione in calcestruzzo, è formata da un’aula circolare coperta da una cupola. È una sfera perfetta in quanto l’altezza è uguale al suo diametro 43 m. e 44 cm. X 43 m. e 44 cm.
La parete interna spessa 6 m. e divisa in tre settori sovrapposti, ha otto nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari che probabilmente dovevano ospitare le rappresentazioni delle sette divinità cosmiche legate ai pianeti: il Sole, la Luna, Venere, Saturno, Giove, Mercurio e Marte. L’ottava nicchia, quella centrale di fronte alla porta, è la più grande, alta fino al soffitto, forse destinata ad una statua celebrativa della gens Giulio-Claudia. Il pavimento è quello originale.
La cupola
Infine la cupola, un’imponente struttura a tamburo cilindrico, con un diametro di 43 m. e 44 cm. realizzata con una colata unica di calcestruzzo. Al centro un oculo del diametro di quasi 9 m. All’interno 28 cassettoni disposti su cinque ordini orizzontali. È la più grande mai costruita in calcestruzzo.
È proprio l’oculus ciò che rende il Pantheon così intrigante. Secondo recenti studi questa apertura renderebbe la struttura un tempio solare che la trasformerebbe in una sorta di osservatorio astrologico. Nei giorni dei solstizi e degli equinozi un cerchio di luce illuminerebbe l’interno dell’edificio in vari punti diversi a seconda dei diversi fenomeni astrologici.
Il 21 Aprile, il dies natalis di Roma, la luce illumina direttamente il portale.
Un tempio solare
Infine nel 2014 Marina de Franceschini ha osservato due ulteriori fenomeni: l’Arco di Luce e il Quadrato di Luce.
Il primo avviene quando in determinati giorni dell’anno i raggi del sole illuminano l’arco in muratura sopra l’ingresso dell’edificio. Il secondo quando i raggi del sole ricalcano perfettamente il quadrato in pavonazzetto del pavimento.
l’Arco di Luce si manifesta ogni 7 Aprile data dedicata, secondo il calendario romano, ai Ludi Megalenses, feste e banchetti in onore di Cibele, mentre il 6 Aprile era la festa in onore di Diana. Quindi attraverso attenti calcoli matematici la cupola sarebbe stata costruita in modo tale da celebrare entrambe le divinità identificate con la Luna esattamente nei giorni a loro dedicati.
Al contrario il Quadrato di Luce era in stretto rapporto con il Sole e permetteva all’imperatore di apparire al centro del pavimento illuminato come una divinità solare.
Questi due fenomeni prodigiosi andavano quindi a celebrare questa dualità tra il Sole e la Luna, mettendo in rapporto la divinità dell’imperatore con Diana ed Apollo.
Nel corso della storia il Pantheon ha continuato ad esercitare la sua importanza anche alla fine dell’impero romano fino ai giorni nostri.
Prima come Basilica, e poi dal Cinquecento fino al secolo scorso, come mausoleo che ha ospitato tra gli altri le spoglie di un artista straordinario come Raffaello, e quelle dei re d’Italia di casa Savoia.
Simbolo della perfezione e massimo raggiungimento della tecnica costruttiva dei romani, il Pantheon è diventato un capolavoro immortale senza tempo, espressione imperitura del Divino in tutte le sue forme.
Per informazioni sulla visita guidata vai al sito di Yes Art Italy
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