Nel 54 a.C. Cicerone, come lui stesso ci racconta in una lettera all’amico Attico, accetta l’incarico di fare da intermediario di Giulio Cesare per l’acquisto dei terreni necessari per la costruzione del suo foro.
Il Foro di Cesare sarà il primo foro “privato” della storia di Roma.
Iniziato in seguito ad un voto fatto dallo stesso Cesare prima della battaglia finale contro Pompeo a Farsalo (48 a.C), costato ben 100 milioni di sesterzi (60 solo per l’acquisto dei terreni) sarà dedicato seppur incompiuto, nel 46 a.C. e verrà terminato soltanto da Ottaviano.
Il Foro faceva sicuramente parte di una gigantesca campagna di ristrutturazione della città di Roma che dovette restare incompiuta alla morte del dittatore, e completata soltanto da Augusto.
Caio Giulio Cesare che aveva vinto una sanguinosa guerra civile e ottenuto il titolo di dictator in maniera perpetua, voleva trasformare la città di Roma in una capitale moderna che rispondesse a delle esigenze diverse a quelle della Repubblica, che nel frattempo erano profondamente cambiate, una capitale che fosse lo specchio dei tempi. Non più espressione di un potere condiviso ma di un potere personalistico.
Il suo foro rappresenta proprio questo: è l’immagine di una politica che porterà dalla dittatura all’Impero, l’impero della famiglia Giulio-Claudia. Quindi non una nuova forma di governo ma semplicemente la logica conclusione di un percorso iniziato da Romolo e che verrà terminato da Augusto.
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Il Foro di Cesare
Il Foro di Cesare misurava 160 x 75 m. quindi aveva la forma di un rettangolo molto allungato, con un duplice portico colonnato che si estendeva su tre lati e l’ingresso che si apriva sull’antica via dell’Argiletum (l’attuale via della Madonna dei Monti).
Al centro della piazza secondo il poeta Stazio ci doveva essere una gigantesca statua di Cesare a cavallo ed infine sul fondo della stessa, in posizione assiale, sopra un alto podio si ergeva il Tempio di Venere Genitrice.
Il tempio era periptero sine prostico ovvero con il lato di fondo cieco e le colonne sulla facciata, otto, e lungo i lati lunghi, nove.
All’interno della cella, situata sotto un abside, era collocata la statua di Venere, la madre di Enea secondo il mito, dalla cui stirpe, il figlio Ascanio poi Julio, discendeva non solo Rhea Silvia, madre di Romolo e Remo, ma la famiglia di Cesare stesso.
Risulta evidente la visione propagandistica del complesso. Una visione fortemente centralizzante, dettata dalla posizione assiale del tempio che lo trasformava nel focus dell’intero complesso architettonico. Tutto il Foro quindi terminava con la statua di Venere, celebrazione assoluta della dea e di riflesso, dell’autorità del dittatore.
La gestione del potere era cambiata. Ora era nelle mani di un uomo solo voluto dagli dei. Svetonio ci racconta che proprio sotto la statua, Cesare aveva ricevuto i senatori nel suo tempio, per la prima volta fuori dalla curia, la sede repubblicana del senato, come una sorta di divinità vivente.
Ottaviano Augusto
Augusto sarà il secondo a costruire il suo foro, proprio accanto a quello del padre, con cui una volta confinava (oggi non più dato che la creazione di via dei Fori Imperiali ha separato i due complessi).
Al centro della piazza si trovava il tempio di Marte Ultore (vendicatore) costruito dopo un voto fatto da Ottaviano stesso prima della battaglia di Filippi, dove vendicherà la memoria di Cesare uccidendone i due assassini Cassio e Bruto.
Anche lui aveva costruito il suo Foro sopra i terreni di privati, ed era venuto più piccolo di quello che si aspettava, perché non aveva voluto espropriare con la forza le terre di quei proprietari che non avevano voluto vendere, per non dare l’idea di essere troppo autoritario.
Edificato per dare sfogo ad una popolazione sempre più in crescita che non poteva più raccogliersi nell’antico Foro Repubblicano (Romano) oramai troppo piccolo e satollo di edifici, doveva essere il luogo della celebrazione del princeps e del suo potere.
Ma ciò che ancora oggi rende il Foro di Augusto unico è la traduzione di un progetto politico in forme architettoniche.
Il II triumvirato e la vittoria contro Marco Antonio
Siamo in un periodo molto delicato, Cesare è stato assassinato, il potere è ritornato formalmente nelle mani dei senatori che oramai non sono più in grado di gestirlo. Per evitare una nuova guerra civile i Cesaricidi sono stati perdonati ma costretti a fuggire in Grecia per evitare il linciaggio.
Nasce il secondo triumvirato tra Augusto, Marco Antonio e Lepido. Presto, morto Lepido, Marco Antonio ed Ottaviano saranno destinati a scontrarsi con conseguenze inimmaginabili per il futuro di Roma.
Ottaviano rappresenterà il potere repubblicano per l’ultima volta. Affronterà e sconfiggerà un Marco Antonio fuggiasco in Egitto e diverrà Augusto. E alla fine eletto principe degno di venerazione (questo il significato della parola Augusto) guiderà quella transizione che porterà alla sua morte a nominare il figlio (adottivo) Tiberio primo imperatore di Roma.
Come aveva fatto Giulio Cesare, Augusto riprende quella stessa narrazione di continuità politica tra Repubblica ed Impero e lo fa nel suo Foro.
Il Foro di Augusto
Oggi per gran parte interrato da Via dei Fori Imperiali, il complesso misurava 125 x 118 m. ed era circondato da un porticato probabilmente a due piani con due esedre laterali. Il piano superiore del portico doveva essere ornato dalle Cariatidi, copie dell’Eretteo di Atene, alternate a scudi con la testa di Giove Ammone.
Lungo i muri di fondo delle due esedre, delle nicchie ospitavano una serie di statue che dovevano raffigurare, alla sinistra del tempio, Enea, Ascanio, Anchise e tutti i progenitori della gens Giulia, i protagonisti di un mito di fondazione delle origini famigliari.
Dall’altro lato c’erano i cosiddetti Summi Viri i più importanti personaggi della storia repubblicana.
Il tempio, sul lato di fondo, doveva ospitare nell’abside addirittura tre statue, quella di Marte (che secondo il mito era il padre di Romolo e Remo), Venere e al centro quella del Divo Giulio, Cesare divinizzato.
Nella stanza dietro l’abside, una sorta di sancta sanctorum, erano conservati tutti gli oggetti simbolo dei trionfi di Augusto e di Roma come le insegne restituite dai Parti dopo la sconfitta romana nella battaglia di Carrhae.
Foto di NikonZ7II
A differenza del Foro di Cesare qui non abbiamo la celebrazione di un potere personalistico ma un compromesso tra l’innovazione e la tradizione.
Si celebra la città di Roma, la sua storia, le sue vittorie ed i suoi trionfi ma al tempo stesso le origini della futura famiglia imperiale, che con quella città condivide i progenitori Marte e Venere, e che quella città è destinata a governare come era sempre stato scritto fin dalla sua fondazione, come si evince dalla figura del Divo Giulio proprio in mezzo alle due divinità progenitrici.
Il tempo dell’Impero era oramai giunto.
Dopo la morte di Augusto bisognerà attendere fino all’arrivo della dinastia Flavia per trovare altri due imperatori ansiosi di edificare un loro foro.
Il primo è Vespasiano, un militare di famiglia equestre che non poteva di certo vantare le origini divine della famiglia Giulio-Claudia.
Uscito vittorioso dalla guerra civile contro Otone e Vitellio nell’anno dei quattro imperatori, Vespasiano avrà l’arduo compito di far fronte alla crisi finanziaria provocata da Nerone.
Tutta la politica dell’imperatore è volta a riaffermare l’importanza della res publica, a restituire la città di Roma, che Nerone per buona parte aveva privatizzato, ai suoi cittadini.
La sua azione fortemente demagogica avrà lo scopo duplice di “distrarre” il popolo romano dai problemi e celebrare la sua gens.
Vespasiano sarà l’uomo che inizierà la costruzione del Colosseo, il più grande, maestoso e importante anfiteatro dell’impero. Panem et circenses questo il manifesto programmatico del suo agire.
Realizzerà importanti opere pubbliche e il suo foro sarà una di queste.
Il Foro di Vespasiano
Edificato tra il 71 ed il 75 d.C. per commemorare la vittoria sui Giudei, aveva sul lato corto il Tempio della Pace, per celebrare la pax e l’ordine restaurato dopo la guerra civile.
A livello architettonico il tempio era una semplice aula absidata con un doppio porticato sulla fronte, con la seconda fila di colonne che si inseriva direttamente nel portico più ampio della piazza circostante. Alle estremità c’erano quattro esedre, di cui oggi è visibile solo una, sotto la Torre dei Conti.
Al centro un giardino con ai lati tre canali affiancati da aiuole.
Foto di Jordiferrer
Il Foro, che doveva ospitare anche una biblioteca, era una sorta di gigantesco museo a cielo aperto.
All’interno c’era una ricchissima collezione di statue greche, bottino di guerra che Nerone aveva prelevato dai luoghi originali in Asia Minore, e che dovevano essere esposte all’interno della sua residenza privata, la Domus Aurea.
Esporre la collezione privata di opere d’arte di Nerone in un luogo accessibile a tutti ben si iscriveva in quel progetto di eleggere la dinastia Flavia a difenditrice ed in qualche modo restauratrice della res publica.
Il Foro di Domiziano
Il figlio minore Domiziano costruirà il cosiddetto Foro Transitorio o Foro di Nerva.
Quest’ultimo nome è dovuto alla damnatio memoriae che ha colpito l’imperatore dopo la sua morte, cancellandone il nome da tutte le opere ma anche dai documenti ufficiali e dagli archivi. Il suo foro quindi porta il nome del suo successore che lo ha inaugurato, anche se oramai sappiamo che il progetto e gran parte dei lavori furono opera di Domiziano.
La prima denominazione di Foro Transitorio invece si deve alla sua posizione particolare che metteva in comunicazione il Foro Romano, quello di Cesare, di Augusto ed il cosiddetto Foro della Pace di Vespasiano.
Non sappiamo molto di questo complesso proprio grazie all’oblio che i senatori decisero di infliggere all’imperatore dopo il suo assassinio. L’area è veramente esigua, anche perché tutto lo spazio disponibile era già stato occupato, inoltre oggi gran parte del foro è interrato sotto via dei Fori Imperiali.
Il foro era talmente stretto che non era stato possibile costruire un vero e proprio porticato così Domiziano aveva ripiegato su un colonnato monumentale con un fregio con varie scene di lavori femminili da accoppiare all’attico dove c’era un rilievo con la figura di Minerva, divinità particolarmente cara all’imperatore.
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Sul lato di fondo, oggi una delle poche cose ancora visibili, il podio del Tempio di Minerva.
Poco sappiamo su come questo Foro si inserisse nei grandi interventi monumentali di cui Domiziano fu artefice (edificò il Palazzo Imperiale sul Palatino) e che solo oggi gli sono giustamente attribuiti.
Sicuramente quest’ultimo intervento architettonico ci mostra come ai tempi di Traiano, oramai tutta la zona era completamente edificata e per costruire il suo foro, l’imperatore sarà costretto ad un intervento invasivo senza precedenti che testimonia il livello al cui il potere imperiale era giunto.
Traiano
Quello di Traiano è il complesso monumentale più grande e maestoso, misurava 300 x 185 m. e venne inaugurato nel gennaio del 112 d.C.
Per costruirlo il grande architetto Apollodoro di Damasco, l’unico di cui sappiamo il nome, eseguì un grandioso sbancamento eliminando la sella che univa il Campidoglio al Quirinale, demolendo tutte le costruzioni che sorgevano in quell’area. Un intervento, questo, ricordato sull’iscrizione alla base della Colonna Traiana.
Quanto tempo era passato da quando Augusto per paura di apparire un tiranno aveva evitato di sfrattare dai loro terreni i legittimi proprietari.
Nel II secolo oramai l’impero era un’istituzione consolidata, e proprio con Traiano raggiungerà la sua massima espansione. La figura dell’imperatore era ormai universalmente accettata come un’autorità divina.
Il Foro di Traiano
Il Foro si articolava su terrazze sopraelevate, l‘ingresso si apriva dal Foro di Augusto e portava alla gigantesca piazza rettangolare con al centro l’imponente statua equestre bronzea di Traiano. I due lati della piazza erano chiusi da giganteschi porticati con sullo sfondo due esedre semicircolari ispirate proprio al vicino foro di Augusto. Dietro una di queste, l’unica oggi visibile, il monumentale complesso dei Mercati Traianei.
Sul fondo della piazza c’era la Basilica Ulpia, la più imponente basilica mai costruita.
A nord della basilica due biblioteche, di cui oggi si può vedere quella meglio conservata a sinistra, al centro delle due, la straordinaria colonna coclide. L’iscrizione che ci informa del taglio della sella dice anche che la Colonna aveva la stessa altezza della collina distrutta.
Alle spalle della colonna doveva trovarsi il maestoso tempio dedicato a Traiano e a sua moglie Plotina divinizzati, costruito da Adriano nel 117 d.C. dopo la morte dell’imperatore.
Le funzioni di questo foro erano molteplici, si promulgavano le leggi, si distribuiva denaro al popolo (congiaria), si ospitavano scuole ed eventi culturali.
Con Traiano quel lungo percorso iniziato da Cesare si era concluso. L’impero in due secoli era diventato una forma di governo autoritaria e totalitaria in grado di assorbire tutti gli aspetti della vita dei suoi cittadini.
Tutto avveniva all’interno degli spazi e delle architetture imperiali.
Se i primi fori imperiali si affiancavano all’antico Foro Romano, il Foro di Traiano lo sostituiva completamente.
Tutte le attività che anticamente si svolgevano all’interno degli spazi della Repubblica ora venivano svolte per e sotto il potere dell’imperatore.
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