Siamo a Roma nell’anno 1612 e il cardinale Scipione Borghese commissiona al celebre pittore bolognese Guido Reni, la decorazione di una palazzina appena eretta all’interno della sua proprietà presso il Quirinale. Nasce così l’Aurora, come nasce un nuovo giorno, è proprio il caso di dirlo, ed è un capolavoro destinato a suscitare ammirazione profonda tanto da essere replicato e copiato nei secoli successivi.
Il luogo dove Reni dà vita, in soli 2 anni, alla sua creazione pittorica è anche noto come Casino Pallavicini Rospigliosi, poiché, dopo una serie di passaggi di proprietà, il complesso sarà acquistato dai Rospigliosi che stringono legami di parentela con i Pallavicini, ma all’origine dell’impresa architettonica e decorativa è Scipione, nipote di Paolo V, grande mecenate e collezionista, nonché promotore di vasti cantieri in cui si fondono arte e natura. Il luogo scelto per la proprietà Borghese è sul fianco del Quirinale che si affaccia verso Largo Magnanapoli, zona che vanta dunque una certa salubrità dell’aria e una favorevole posizione sopraelevata.
Il progetto
Scipione ne comprende subito il valore e, sfruttando anche il pendio del terreno disponibile, affida a Vasanzio e a Maderno il progetto di un palazzo centrale immerso in un vasto spazio aperto, con giardini e annessi casini di caccia poggianti su vari livelli. Solo due di essi sopravvivono alle demolizioni che subisce, dopo il 1870, la zona di Via Nazionale. Uno si trova allo stesso livello del palazzo ed è noto con il nome di Casino delle 9 Muse, l’altro è in posizione sopraelevata e la sua identità è così profondamente legata all’affresco del Reni da essere conosciuto principalmente come Casino dell’Aurora.
Utilizzando i resti delle Terme di Costantino che saranno la base di un solido terrapieno, viene realizzato un giardino pensile su cui si staglia un piccolo edificio tipologicamente aderente all’idea di un vero e proprio casino di caccia. Il casino e il suo giardino sopraelevato, arricchito di un elegante ninfeo, dovevano anche costituire l’ultima tappa del percorso ideale dell’ospite che si snodava attraverso tre livelli. In fondo al giardino segreto dell’ultimo livello si scorge la facciata dell’edificio su cui compaiono rilievi e sarcofagi romani dedicati al tema dell’Amore e Morte e dell’Immortalità dell’Anima.
Il cardinal Scipione e Guido Reni
Il card. Borghese interpreta con grande disinvoltura il ruolo di promotore delle politiche culturali della nobile famiglia. Oltre al palazzo cittadino, nello stesso periodo sta portando avanti l’impresa della villa pinciana, luogo designato ad ospitare la sua ricchissima collezione d’arte.
Pur essendo un collezionista dal “palato” raffinato, è caparbio e privo di scrupoli quando si tratta di accaparrarsi un pezzo a cui non intende rinunciare . Ma è certo che Scipione ha “fiuto” per il talento e sa riconoscere il valore di un artista. Apprezza il fascino dei pezzi antichi, ma sostiene anche gli uomini di ingegno a lui contemporanei da Bernini, rappresentante della più esuberante fantasia barocca, a Caravaggio, esponente di una nuova corrente di realismo e naturalismo di matrice lombarda. Anche il bolognese Guido Reni, formatosi all’Accademia dei Carracci e promotore di una apprezzata corrente di classicismo è tra i suoi favoriti. Arrivato a Roma intorno al 1601, il pittore deve aver trovato un ambiente ricco di stimoli e correnti diverse ed è ovvio che essere a Roma nel primo decennio del Seicento significa inevitabilmente confrontarsi con Caravaggio. Reni conosce profondamente lo stile del Merisi, ma fa scelte completamente diverse e riceve incarichi per importanti chiese romane e per lo stesso ambiente Vaticano, mostrandosi in grado di interpretare attraverso la pittura le nuove esigenze figurative della Chiesa seicentesca. Così nel 1612 Scipione non esita ad affidargli l’affresco con il soggetto dell’Aurora da realizzare sulla volta della palazzina, al centro del soffitto.
L’Aurora: l’affresco
All’interno di una grande cornice a stucco, il dipinto rappresenta il sorgere del sole che si leva dal mare, preceduto dall’Aurora. Il sole è rappresentato dal magnifico Apollo che guida un carro trainato da 4 cavalli. Le variazioni del loro mantello sono allegoria delle sfumature di luce che precedono la nascita del giorno, mentre le figure femminili che circondano Apollo sono le Ore. E in questo gioco allegorico di grande impatto visivo emerge l’Aurora, una prorompente figura di fanciulla sospesa in volo nell’atto di spargere fiori intorno a sé. Tra l’Aurora e Apollo compare anche un putto recante una torcia accesa: è il Crepuscolo o Fosforo, la prima stella del mattino.
Reni è il pittore della bellezza assoluta, ideale. Lo stile dell’affresco riesce a fondere la dimensione classica delle figure che sembrano quasi estrapolate da sarcofagi e rilievi romani, in evidente dialogo con i rilievi antichi incastonati nella facciata del casino, all’equilibrio armonico della pittura raffaellesca, ravvivata da una sapiente e vivacissima tavolozza di colori, caratteristica propria dell’artista bolognese.
Non compare alcuna ricerca prospettica di sfondamento della volta, tanto in uso nella pittura barocca. Al suo posto Reni realizza l’idea di un quadro riportato sul soffitto tanto da lasciarsi ammirare dai visitatori attraverso un grande specchio. E se lo specchio è un accessorio indispensabile della bellezza…l’Aurora non poteva certo esserne priva.
Per informazioni sulla visita guidata vai al sito di Yes Art Italy
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