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Caravaggio – La Crocifissione di San Pietro

Caravaggio Crocifissione di San Pietro
Caravaggio, "La Crocifissione di San Pietro" - Olio su tela, 1600-1601 - Basilica di Santa Maria del Popolo, Roma

Il 1601 è l’anno del trionfo di Caravaggio. Le commesse piovono. Le sue quotazioni decollano. Monsignor Tiberio Cerasi, tesoriere del papa gli chiede due quadri per la chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma: la Crocifissione di san Pietro e la Conversione di san Paolo.

Caravaggio, conversione di san paolo
Caravaggio, “La Conversione di San Paolo”- Basilica Parrocchiale Santa Maria del Popolo, 1601

La Crocifissione

La croce con san Pietro inchiodato mani e piedi fra poco sarà capovolta. Lui rivolge un ultimo sguardo appannato verso la vita che sta lasciando. Tre personaggi, manovali più che carnefici, si danno da fare per issare in verticale quella grande massa di carne e di legno. Il dipinto si sofferma sul loro lavoro imposto dal supplizio. L’abilità tecnica che si sprigiona fa sì che le modalità della morte catturino l’attenzione più della stessa vittima. San Pietro, che dovrebbe essere il protagonista, passa in secondo piano. Caravaggio lo vede come un vecchio, niente connotazioni idealizzate, dalle mani callose, con un unico panno bianco che gli circonda i fianchi.

Osserviamo i tre lavoranti. Il primo inginocchiato utilizza le spalle per sollevare la croce. Il secondo, l’unico ad avere un volto, camicia bianca con il colletto rovinato mantello rosso, utilizza le braccia nella stessa mansione. Il terzo nella sua casacca marrone, piegato dallo sforzo fa ricorso ad una corda tesa per raggiungere lo scopo. Trascinando così la composizione del quadro “in diagonale, verso le penombre della morte, lassù in cima a destra”.

Ciò che risalta nel dipinto, oltre al chiodo piantato nella mano sinistra di Pietro, al mantello grigio azzurro del santo deposto in un angolo, alla grossa pietra circondata da sassolini, al badile scuro e lucente, è l’eccessivo sedere del carnefice raffigurato di spalle, colpito dalla stessa luce che investe il corpo dell’apostolo. Cosa potrebbe significare? Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che Caravaggio abbia voluto ridimensionare l’evento tragico inserendo un’insolenza nella pittura sacra. Come a ricordare “che la verità non è necessariamente decorosa”.

la crocifissione di San Pietro
Caravaggio, “La Crocifissione di San Pietro” – Particolare

I Piedi

E poi ci sono i piedi. Fin dagli inizi il Merisi è stato definito il pittore dei piedi sporchi. Che declassa e infanga la maestosità dei santi mettendone in risalto i piedi non propriamente immacolati. Si veda la prima versione del quadro per la cappella Contarelli che raffigura san Matteo mentre scrive dietro suggerimenti dell’angelo. Ma i piedi che Caravaggio dipinge appartengono al popolo, agli afflitti. Testimoniano l’umiltà e indicano la povertà come condizione per entrare nel Regno.

Leggi anche Caravaggio, Raffaello e “La Deposizione” e La Giuditta di Tolosa

Circa l'autore

Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia, abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione della psicologia cognitiva scrivendo per le riviste “Insegnare” e “Scuola e didattica”. Appassionato da sempre alla critica letteraria e artistica, ha pubblicato molti articoli come giornalista pubblicista per “il Mattino di Padova”. Attualmente collabora con la “Tribuna di Treviso”.

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