Il Parco Archeologico del Colosseo è stato creato dal Mibact nel 2017 come Istituto autonomo, e comprende oltre al Colosseo, l’area archeologica del Foro Romano e del Palatino, i Fori Imperiali, la Domus Aurea sul Colle Oppio e l’Arco di Costantino e la Metà Sudans nella valle del Colosseo.
È uno dei siti archeologici più visitati al mondo e il più visitato d’Italia, Patrimonio UNESCO (il Colosseo è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1980) ma soprattutto conserva le più importanti testimonianze archeologiche della civiltà romana dall’età del Bronzo al Rinascimento, visto le numerose chiese, palazzi e ville che sorgono all’interno del territorio del Parco.
Sarebbe impossibile anche solo pensare di descrivere, all’interno di una trattazione breve, tutte le straordinarie bellezze, evidenze archeologiche, testimonianze storiche che questo territorio offre e che lo hanno reso la culla dell’intera civiltà occidentale.
Mi limiterò “soltanto” a cercare di illustrare come e perché questa sconfinata area archeologica (mi soffermerò solo su Colosseo, Foro Romano e Palatino) è diventata la culla della città di Roma. Il luogo delle sue origini, del suo sviluppo, del suo apice e del suo declino. E soprattutto come dalla loro nascita all’età tardo imperiale questi monumenti abbiano rappresentato i luoghi ed i simboli non solo del potere di Roma, ma i segni e gli elementi costitutivi di una semiotica del potere con la “P” maiuscola.
Il Palatino
La collina del Palatino è il luogo dove, stando alle fonti antiche, in particolar modo Tito Livio e Varrone, la città di Roma è stata fondata dal suo primo re, Romolo, il 21 Aprile del 753 a.C.
Nell’area sud-occidentale del Colle, sopra al Foro Boario a partire dal 1948, gli scavi archeologici hanno cementato tramite preziose scoperte, la leggenda della fondazione.
È proprio in questo luogo, definito non a caso Capanne Romulee, che nel ’48 sono stati scoperti i resti di tre capanne risalenti all’età del Ferro e addirittura delle tombe risalenti alla prima fase laziale (X secolo a.C.) accanto alla Casa di Livia.
È in questa zona che si sarebbero trovate le cosiddette Scalae Caci, una scalinata che univa la collina al Foro Boario e che doveva il suo nome al gigante Caco che sarebbe stato ucciso da Ercole dopo che gli aveva rubato le celeberrime vacche di Gerione, che l’eroe avrebbe sottratto al dio Sole durante la decima fatica.
Qui si trovava il Lupercal la grotta dove la lupa avrebbe allevato i due gemelli e la Casa Romuli la capanna di Romolo che sarebbe stata successivamente inglobata da Augusto nella sua Casa.
La fondazione di Roma
Sulla sommità di questa collina Romolo, figlio di Marte, avrebbe tracciato con un aratro il perimetro sacro della città dopo aver interpretato il volo di dodici avvoltoi come il presagio divino di essere stato scelto dagli dei. In seguito Romolo avrebbe ucciso suo fratello gemello Remo che, dopo aver visto solo sei avvoltoi, aveva deciso di fondare la sua città sull’Aventino.
Durante lo scontro Remo aveva oltrepassato il limite sacro invalicabile del pomerio e per questo motivo sarebbe stato ucciso.
Il Palatino quindi rappresenta il luogo mitologico della fondazione ma anche quello storico dove una tribù di esuli, e spesso veri e propri criminali fuggiti dalle proprie tribù di appartenenza, si sarebbero aggregati intorno ad un capo fondando un primo insediamento su di un luogo che per la sua posizione geografica rappresenta un punto strategico facilmente difendibile.
L’area come si evince dai numerosi miti legati ad Ercole era stata già abitata, seppur temporaneamente, dai Greci, come tutte le fonti antiche ci tengono a precisare ammantando la nascita di Roma di una nobiltà greca. Secondo Plutarco proprio un eroe proveniente da quel mondo, seppur non di nascita greca, Enea, sarebbe stato il progenitore della stirpe di Rhea Silvia, la madre dei due gemelli. La fondazione di Roma quindi discenderebbe direttamente dai Re di Albalonga, insediamento fondato a sua volta da Ascanio, poi Iulo, figlio di Enea.
Insomma la città di Roma nasce come meta di migrazioni, quella di Enea che scappa dalla guerra con la sua famiglia prima, e la simbolica migrazione di Remo poi, ucciso mentre travalica il primo confine.
Il Palatino sede imperiale
Ed è proprio dalla mitopoiesi di questi due eroi che il Palatino diventerà il luogo del potere per eccellenza.
È su quella collina che (ri)-nasce la Roma Imperiale, è lì che Augusto si propone al popolo romano come nuovo Romolo e fonda l’Impero.
Dopo essere diventato Augustus (colui che è degno di venerazione) all’indomani della battaglia di Azio, Ottaviano fa costruire su quel colle la sua casa, inglobando la Casa di Romolo.
Dopo l’ennesima guerra civile, Augusto non intende ripristinare la monarchia, cosa inaccettabile per un cittadino romano, ma dotare lo Stato Romano di un’istituzione nuova in grado di mantenere l’ordine, far prosperare la pace, espandere i confini e portare la gloria di Roma in ogni angolo del mondo conosciuto: l’Impero.
Del resto l’avvento del potere imperiale, ed in particolar modo quello della famiglia Giulio-Claudia era in qualche modo scritto, era la logica conclusione della Repubblica, una sorta di rinascita della res-publica.
Esattamente come Romolo anche la famiglia di Augusto discendeva dall’eroe troiano figlio di Venere. Tutta la storia di Roma quindi, nelle cui vene scorre il sangue di Marte e Venere, trovava la sua logica sublimazione nella gens di Cesare, quindi di Augusto e poi di Tiberio, primo vero imperatore di Roma.
Domus Tiberiana e il Palatium
Sarà Tiberio a costruire sull’altra parte del colle la prima residenza imperiale, la Domus Tiberiana, poi trasformata nella splendida residenza degli Orti Farnesiani durante il Rinascimento.
Sotto Nerone, il Palatino diviene solo una delle tante aeree inglobate dalla monumentale Domus Aurea. Sotto Domiziano invece la collina riacquista la sua centralità in qualità di sede ufficiale del potere imperiale.
Domiziano costruisce il Palatium, sopra i resti della Domus Aurea, inglobando la Casa di Augusto e la Domus Tiberiana.
Dal I secolo d.C. in poi la sovrapposizione tra il Palazzo Imperiale e il colle Palatino è compiuta.
Come si evince dal nome stesso Palatium, la residenza imperiale e la collina sono la stessa cosa, da lì nasce la terminologia del potere che per secoli indicherà la dimora di ogni impero.
Il Foro Romano
Il Foro Romano è quella vallata che si sviluppa tra il Palatino e il Campidoglio. È il risultato dell’erosione del banco di tufo formatosi a seguito dell’eruzione del vulcano laziale ad opera del Tevere e dei suoi rigagnoli.
All’epoca della fondazione di Roma, il Foro era una valle inospitale e paludosa, utilizzata come necropoli.
Sarà soltanto sotto la dinastia etrusca dei Tarquini che l’area verrà bonificata, grazie alla costruzione della Cloaca Maxima.
Gli scavi dimostrano che in questo periodo l’utilizzo dell’area con funzione cimiteriale cessa, e la vallata viene per la prima volta pavimentata.
Il Passaggio dalla Monarchia alla Repubblica
Il Foro comincia ad essere suddiviso in due zone: la prima ai piedi del Campidoglio con funzioni politico-giudiziarie, la seconda, nella parte centrale, che diventa un mercato vero e proprio.
Viene edificato il Comitium il primissimo luogo deputato alle riunioni politiche.
Nel 509 a.C. con la cacciata di Tarquinio il Superbo nasce la Repubblica.
Sebbene sia stato un avvenimento di estrema importanza ed in qualche modo drammatico, i recenti scavi nel Foro hanno dimostrato che questo passaggio non è stato poi così problematico. Lo sviluppo della città non cambia e la Regia la prima dimora del re Numa Pompilio, distrutta da un incendio, viene ricostruita proprio in questo periodo, nella metà del VI sec. a.C.
Durante i primi anni della Repubblica, l’area verrà segnata da due importanti costruzioni: il Tempio di Saturno, forse un rifacimento di un tempio iniziato durante il periodo regio, nel luogo dove c’era un antichissimo altare dedicato alla divinità, e il Tempio dei Dioscuri, che testimonia l’adozione del culto greco di Castore e Polluce.
Per trovare un periodo edilizio degno di nota bisognerà giungere all’inizio del IV secolo con la ricostruzione del foro dopo l’incendio ed il saccheggio da parte dei Galli.
Con la costruzione del Tempio della Concordia ai piedi del Campidoglio, voluta dal vincitore dei Galli, Furio Camillo, l‘aristocrazia romana conquista definitivamente il potere come si vede dall’erezione di varie statue ed edicole volute dal famosissimo censore Appio Claudio.
La ristrutturazione del Foro dopo la seconda guerra punica
Ma sarà solo dopo la conclusione della seconda guerra punica che il Foro cambierà radicalmente.
Roma ha raggiunto il totale controllo del Mediterraneo ed è diventata la capitale di uno stato gigantesco che comprende anche la Spagna, i regni ellenici e buona parte del Nord Africa.
Le nuove costruzioni rispecchiano le nuove esigenze urbanistiche.
Vengono costruite quattro basiliche, la Porcia, la Sempronia, l’Opimia e la Fulvio-Emilia. E vengono ricostruiti interamente i templi dei Castori e della Concordia.
La trasformazione del Foro sotto l’Impero
Con la vittoria di Cesare l’antico foro repubblicano è oramai inadatto a svolgere le sue funzioni politico-amministrative. Il dittatore sarà il primo a costruire un nuovo complesso privato: il Foro di Cesare, intervenendo in maniera radicale su quello romano.
L’antica Curia Hostilia, sede del Senato, viene ricostruita in modo tale da diventare una sorta di appendice del suo Foro privato. Il Comitium viene dismesso, la Basilica Fulvio-Emilia restaurata e la Sempronia ricostruita nelle nuove forme imponenti della Basilica Iulia.
Gli interventi di Augusto saranno più prudenti, senza trasformazioni radicali. Farà erigere due archi dedicati ai nipoti ed il tempio del dittatore divinizzato, il Divo Iulio.
Tolti i restauri tiberiani dei vari templi come quello della Concordia o di Saturno, l’aspetto del foro non subirà significative variazioni nonostante l’edificazione del templi dedicati agli imperatori della dinastia Flavia o il Tempio di Antonino e Faustina.
Solo nel III secolo, prima con Settimio Severo che vi farà costruire il suo arco e la sua statua equestre, e poi con le sette colonne commemorative del decennale della Tetrarchia, il Foro torna ad essere invaso dalle manifestazioni propagandistiche di un potere imperiale che si sta incamminando verso il declino.
Con la ridedicazione della Colonna di Foca, probabilmente una colonna già preesistente, nel 608 d.C. la storia del Foro Romano si chiude e si inaugura una nuova storia, quella della Roma Cristiana e della trasformazione dei monumenti più importanti dell’area in chiese.
Il Colosseo
Il Colosseo infine rappresenta il simbolo del potere e della propaganda imperiale.
E proprio per questo motivo, il suo nome riecheggia quello della dinastia imperiale che lo ha fatto costruire.
“Colosseo” infatti è il nome con cui il monumento ha cominciato ad essere indicato solo durante il Medioevo, probabilmente per l’assonanza (in latino) con la parola “colosso”.
Le origini del nome
Secondo le fonti antiche infatti, ed in particolare Svetonio, l’area del Colosseo era occupata dalla Domus Aurea di Nerone, e precisamente nella valle in questione, sorgeva un gigantesco bacino d’acqua artificiale in mezzo ai meravigliosi ed esotici giardini imperiali. Proprio lì di fronte, l’imperatore, ispirato dal Colosso di Rodi, avrebbe fatto erigere una statua colossale in bronzo che lo rappresentava nelle sembianze del Elios.
Nell’ottavo secolo d.C. il monaco inglese Beda il Venerabile avrebbe pronunciato la famosa profezia secondo la quale con il crollo del Colyseus sarebbe venuta l’apocalisse, in quanto subito dopo sarebbe caduta Roma e l’intero pianeta a seguire.
Probabilmente il termine era una latinizzazione del Colosso di Nerone, quindi il monaco si sarebbe riferito alla statua e non al monumento.
Comunque durante tutto il medioevo quello diverrà il nome con cui il Colosseo, per l’appunto, verrà chiamato.
La nascita dell’anfiteatro
In realtà il nome ufficiale è Anfiteatro Flavio, e come già accennato,si riferisce alla dinastia dei tre imperatori Vespasiano, Tito e Domiziano che in soli nove anni avrebbero costruito il monumento.
Gli anfiteatri nell’antica Roma, secondo Plinio il Vecchio, erano degli edifici costruiti in maniera temporanea in legno, appositamente per ospitare i giochi gladiatori. Erano nati come ci suggerisce il nome dall’unione di due teatri: amphi (in greco): ambo i lati, theatra.
Quindi il monumento non rappresentava di certo una novità in sé per sé, visto che sempre secondo Plinio il Vecchio il primo a Roma che offrì questo genere di spettacoli fu tale Scribonio Curione, nel 52 a.C. quindi più di un secolo prima dell’edificazione dell’anfiteatro Flavio.
E sicuramente sebbene fosse il più imponente di tutti gli anfiteatri dell’impero, non erano neanche le sue straordinarie proporzioni a renderlo “speciale”: un gigantesco anfiteatro diviso in tre ordini, più un attico sulla sommità, 188 m. di lunghezza, circa 156 di larghezza e 57 d’altezza.
Panem et circenses: l’essenza del potere
Ciò che renderà questo monumento immortale sarà l’uso propagandistico che da Vespasiano in poi si comincerà a fare dei combattimenti con gli animali e con i gladiatori.
Nati inizialmente come una sorta di sacrificio durante le cerimonie funebri, i giochi gladiatori diverranno presto una delle più importanti forme di spettacolo che l’imperatore potesse offrire al suo popolo.
Sarà proprio la spettacolarizzazione dei combattimenti e della morte di questi schiavi, pronti a tutto pur di guadagnarsi la loro libertà e riscattare il disonore della sconfitta in battaglia, a risultare l’ingrediente principale della politica imperiale.
Panem et circenses è la famosa formula con cui si designa la capacità del potere, più attuale che mai, di distrarre e compiacere il popolo per annullare completamente le critiche ad ogni forma di politica.
Ciò che ha caratterizzato il Colosseo per secoli, fino almeno alla cessazione dei combattimenti dei gladiatori sotto Teodorico, è stato proprio essere il compimento e la dimostrazione reale delle complesse dinamiche costitutive del potere.
I giochi, che crescevano secolo dopo secolo in dimensioni, grandiosità e crudeltà, non solo distraevano la popolazione dai problemi reali, ma simboleggiavano la grandezza di un potere di origine divina di cui il suo rappresentante in terra, l’imperatore, aveva potere di vita e di morte su tutte le cose.
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