Via Peregrinorum: pensando al tema del viaggio religioso, ovvero ad un itinerario spinto dalla fede, si evidenzia la straordinaria importanza che Roma ha avuto, a partire dall’età cristiana, per i pellegrini che attraversavano le vie della città al fine di visitare la tomba dell’Apostolo Pietro.
Non ci meraviglierà, dunque, la cospicua presenza, soprattutto tra i rioni Regola e Parione, di interessanti testimonianze del passato, nelle denominazioni di strade, oratori e chiese, indizi di un continuo flusso di fedeli e viaggiatori, capace di influenzare e caratterizzare la stessa urbanistica di questo settore della città eterna.
In realtà in quella zona, ancora nell’ansa sinistra del Tevere, ma già prossima all’area vaticana, Roma si è letteralmente disegnata sulle esigenze di ospitalità e accoglienza dei Romei, come lo stesso Dante definisce nella Vita Nova i pellegrini diretti a Roma. Lungo il tracciato dell’antica Via Peregrinorum si concentravano, infatti, numerose locande, osterie, attività commerciali e artigianali, banche, uffici di cambio e ospizi destinati alla cura e al ristoro di uomini e donne provenienti da varie terre e di varie nazionalità.
La zona interessata al transito della moltitudine di fedeli cominciò, quindi, a destare l’attenzione dei pontefici che, soprattutto a partire dal Quattrocento, si dedicarono alla sua riqualificazione. Paolo II (1464-1471), con la costruzione del palazzo della Cancelleria Vecchia, fino ad arrivare a Sisto IV (1471-1484), con i lavori di Via dei Balestrari e via dei Giubbonari, l’area perse progressivamente il suo aspetto medievale per acquisire una organizzata regolarità e una gradevole armonia, tratti tipicamente rinascimentali.
La via si è così progressivamente plasmata sulle esigenze di un traffico pedonale ad alta intensità, soprattutto negli anni giubilari.
Le piccole case con porticati, torri e loggette lasciarono via via il posto a eleganti palazzi nobiliari e le pavimentazioni con “schegge di selce e frammenti vari” vennero regolamentate e migliorate sotto il profilo del decoro e dell’igiene.
Il tratto finale della Via Peregrinorum era costituito dalle attuali via dei Banchi Vecchi, via del Pellegrino, Campo de’ Fiori e via dei Giubbonari.
Se Via dei Banchi Vecchi era evidentemente legata alle attività bancarie che si tenevano nei pressi di San Pietro e che vedevano all’opera numerose famiglie di origine toscana, come i Chigi e gli Strozzi, Via del Pellegrino vanta una denominazione esplicitamente collegata al passaggio di viaggiatori in visita alla basilica.
Anticamente nota come Via Florea, poi detta degli Orefici, o via dei Merciai, aperta da Sisto IV ed ampliata da Alessandro VI, prende il suo nome attuale forse dalla presenza di un ospizio fondato da S. Brigida per il pellegrini svedesi.
La via, oltre alle facciate di piccole case rinascimentali e seicentesche, riserva un’inaspettata sorpresa, un magico angolo medievale: l’Arco degli Acetari. In fondo ad un vicolo profondo, si apre una piazzetta con casette munite di scale esterne dove dimoravano gli acetari, ossia i venditori di aceto.
Campo de’ Fiori era invece un vasto prato fiorito trasformato in mercato e costellato di alberghi ed osterie, luogo di cortigiane ed esecuzioni capitali.
Infine Via dei Giubbonari, detta anche dei Pelamantelli, deve il suo antico nome all’attività dei cardatori di lane e stoffe grezze e successivamente ai venditori e fabbricanti di corpetti e giubbe.
La via, del resto, fa parte di un quartiere la cui toponomastica ricorda proprio antichi mestieri qui presenti in passato: via dei Leutari, dei Librai, via dei Cappellari, dei Chiavari e via dei Baullari.
A rappresentare in modo ancora più evidente il legame che la zona ebbe con il fenomeno del pellegrinaggio. resta infine la Chiesa della SS. Trinità dei Pellegrini, che campeggia sulla piazza omonima. Originariamente era stata affidata all’Arciconfraternita dei Pellegrini e Convalescenti, istituita nel 1548 da S. Filippo Neri, la chiesa trecentesca di S. Benedetto de Arenula, edificio preesistente alla chiesa attuale.
Qui operò S. Filippo Neri, il santo fiorentino che si occupava dei derelitti e dei peccatori. Il primo asilo della Compagnia di S. Filippo, fondata per aiutare i pellegrini che affluivano a Roma affinché non dormissero all’aperto, fu la chiesa di S. Salvatore in Campo, poi trasferito nella chiesa della SS.Trinità dei Pellegrini.
Il complesso fu però rifatto su disegni di Martino Longhi Il Vecchio e Giovanni Paolo Maggi.
L’interno barocco a croce latina presenta interessanti decorazioni come quelle dei pennacchi della cupola di Giovan Battista Ricci, ma anche opere del Borgognone e del Cavalier D’Arpino.
A destare particolare attenzione è, tuttavia, la tela d’altare con la Trinità di Guido Reni. Olio su tela, realizzata nel 1625, è un capolavoro dell’artista bolognese ed è nota per la sua eccezionale tavolozza cromatica. Iconograficamente la tela ha un impianto di estrema chiarezza con al centro la Croce recante il Figlio, sormontata dal Padre e dallo Spirito Santo sotto forma di colomba; le braccia aperte del Padre, le ali della colomba e le braccia di Gesù creano un collegamento che conferisce pregevole uniformità e unità all’insieme.
Annesso alla Chiesa è l’Ospizio dei Convalescenti e Pellegrini, risalente al 1625 e destinato all’assistenza dei pellegrini in visita a Roma per il Giubileo.
Originariamente il complesso si estendeva fino a Via dei Pettinari.
Sul portale si osserva una curiosa iscrizione: “In questo ospizio Goffredo Mameli e molti altri valorosi morirono di ferite a difesa di Roma per la libertà d’Italia nell’anno MDCCCXLIX” (1849). Sappiamo, infatti, che durante gli scontri avvenuti a difesa della Repubblica Romana, questo luogo divenne un ospedale militare.
Sappiamo che nel refettorio del complesso nobili e cardinali eseguivano la lavanda dei piedi ai pellegrini, e proprio la presenza di S. Filippo Neri, fondatore degli Oratoriani e legato al tema dell’umiltà e dell’accoglienza degli strati più umili della società, ci rimanda inevitabilmente al tema dei piedi dei pellegrini, stanchi e sporchi come lo stesso Caravaggio mette in luce nella straordinaria Madonna dei Pellegrini a S. Agostino.
Per informazioni sulla visita guidata vai al sito di Yes Art Italy
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