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Fotografia

L’innocenza della camera

Hank Willis Thomas
Hank Willis Thomas dalla serie Unbranded: A Century of White Women - 1915/2015 © Jack Shainman Gallery, New York e Hank Willis Thomas

Daniel C. Blight esamina il fenomeno whiteness, non solo come fenomeno politico e sociale, ma come costrutto visivo.

Daniel C. Blight, scrittore e accademico, con la sua pubblicazione The Image of Whiteness ci porta in una vasta sfera multimediale mostrandoci il ruolo vitale che la fotografia ha avuto negli ultimi secoli, attraverso la propagazione di immagini che hanno consolidato la supremazia bianca.

Boomerang & Chanarin Shirley 1
Broomberg & Chanarin, Shirley 1 – dalla serie How to Photograph the Details of a Dark Horse in Low Light – 2012

Blight affronta il rapporto tra fotografia e whiteness nonostante la fotografia abbia da sempre studiato e criticato temi quali razza e colonialismo, ma ciò che si è perso durante queste analisi secolari è la struttura visiva. The Image of Whiteness ci dimostra come la macchina fotografica non è innocente, ne lo sono le immagini da essa prodotte.

Buck Ellison The Prince Children
Buck Ellison – The Prince Children, 2019 – © Buck Ellison e Sunday Painter, Londra

Il libro si apre con un saggio introduttivo che prepara i lettori ad analizzare le immagini proposte e offre spunti per capire a fondo il fenomeno whiteness: i paradossi, le falsità, l’oppressione, esaltando artisti contemporanei che lavorano per sovvertire questo sistema e il canone estetico che ha creato.

Nancy Burson What If He Were Asian
Nancy Burson – Se Fosse: asiatico – 2018 © Nancy Burson
Nancy Burson
Nancy Burson – Se Fosse: Nero – 2018 © Nancy Burson

Dalla fotografia coloniale del diciannovesimo secolo fino ad arrivare ai social media, questo mezzo ha da sempre avuto un ruolo cruciale nel mantenere in carica l’egemonia politica e sociale del whiteness. The Image of Whiteness nasce da un lungo lavoro di ricerca effettuato da Daniel C. Blight, soffermandosi sullo spazio che l’arte contemporanea occupa in discussioni sociologiche e teorie raziali, riunendo sotto il suo progetto diversi studenti, filosofi e sociologi.

Addentrandosi nei suoi studi, Blight, ha realizzato che la nozione di whiteness stava coinvolgendo sempre più persone provenienti da diversi campi quali la pittura, il montaggio e la fotografia. Nel libro si trovano diversi contenuti, tutti spiegati dal saggio introduttivo. Uno dei temi principali è “l’occhio bianco”, che trova le radici nella tecnologia fotografica e nel modo in cui è stata utilizzata dai bianchi, alimentando le problematiche narrative collegate al whiteness.

Ken Gonzales-Day
Ken Gonzales-Day – East First Street (St. James Park) 2013 – © Luis De Jesus Los Angeles

Il libro attraversa con fluidità le questioni razziali, facendo un passo indietro nella nostra storia e ricordando come persone bianche non erano considerate di razza bianca, citiamo gli irlandesi o discendenti dell’est Europa. Esempi come questi ci mostrano meglio quanto il concetto di supremazia bianca è sempre stato legato ad un’idea di purezza razziale e classe privilegiata.

Blight ci ricorda, attraverso il lavoro di Noel Ignatiev “How the Irish Became White”, di quando gli inglesi invadendo l’Irlanda considerassero gli irlandesi dei selvaggi, nonostante condividessero la stessa pelle e gli stessi tratti, o di quando gli americani non li considerassero bianchi.

Michelle Dizon White Gaze
Michelle Dizon & Viet Le – White Gaze – 2018 © Sming Sming Books

Supremazia bianca, whiteness, bianchezza, sono da considerarsi sinonimi gli uni degli altri, ma decentralizzare questi fenomeni è essenziale, e per Blight un buon modo per iniziare è approfondendo l’aspetto visuale della whiteness che troviamo nel suo lavoro. Riformare il dominio bianco e la whiteness non è la strada, in quanto l’unica via sensata sarebbe abolire questa logica, poiché nessuno ne ha bisogno. Blight ci ricorda che:

“C’è un enorme differenza tra l’avere la pelle bianca ed essere di razza bianca”

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Arianna Casagrande

Arianna Casagrande

Sperimentando sin dall’adolescenza con il mezzo fotografico, si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia di Roma dove prende confidenza con le arti visive e la fotografia cinematografica. Dopo un breve approccio al cinema nel campo dell’edizione di film e del sound design, negli ultimi anni si è vista coinvolta in progetti di riscrittura testi, interviste, ricerca di archivio e catalogazione della fotografia

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