Qualsiasi sia il momento Maria Buttafoco non perde occasione per immortalarlo. Ha parlato di questo e molto altro in una breve intervista.
Da 15 anni a questa parte Maria Buttafoco, originaria di Parma, fotografa qualsiasi soggetto che possa scaturirle anche una lieve emozione. Nei suoi ritratti ci sono volti, ma anche figure intere, soggetti singoli o coppie, momenti intimi di vita quotidiana o semplici donne di fronte la sua camera; si passa da un abbraccio ad una madre che allatta il figlio, la tecnica è secondaria come ci ha spiegato lei stessa, e i suoi soggetti non sono da considerarsi veri e propri modelli, ma semplici persone che decidono di mostrarsi in momenti di vita genuini.
Maria, quando hai cominciato ad approcciarti alla fotografia e perché?
Ho iniziato ad approcciarmi alla fotografia quindici anni fa circa. La ragione primaria risiede nella necessità di scongiurare ogni dimenticanza, di avere una memoria estetica ed emotiva, intima. Di rendere straordinario l’ordinario. Avere ricordi ed ideali da toccare.
Quando fotografi cosa ti interessa di più?
La cosa a cui tengo di più è la nitidezza dell’emozione che provo nel momento in cui sto scattando quella fotografia; conoscere la storia di chi ho davanti, il suo volto, gli occhi, le mani. Mi preoccupo solo dopo di ogni forma tecnica e compositiva.
Alcune serie come “Motherhood” o “Mila & Matteo” mostrano la vita, il contatto umano. Cosa ti spinge verso progetti del genere?
“Motherhood” e “Mila & Matteo” sono due serie a cui sono molto affezionata. Questi progetti così personali sono nati dalle famiglie che mi hanno affidato il ricordo di una fase tanto profonda come quella della gravidanza e della maternità. Mi sono approcciata per la prima volta a quello spazio recondito e sacro che è l’amore nel quotidiano. “Motherhood” in particolare è stato scattato in un pomeriggio di primavera tra una poppata, un cambio pannolino e la stanchezza della dolcissima ed entusiasta neomamma riflessa negli occhi curiosi di questa vita nuova. “Mila & Matteo” lo stesso. I piccoli gesti della quotidianità che si combinano attraverso l’amore, questo mi spinge verso progetti del genere.
I tuoi scatti sembrano avere una predominanza femminile, è voluto?
Sì, nella mia fotografia c’è una predominanza femminile molto forte. Credo che il mio amore per le donne, per la loro forma e la ciclicità irruente ed onesta della femminilità, sia nato il giorno in cui mio padre portò a casa il catalogo di una mostra che conteneva ritratti di Giovanni Boldini – “Ritratto di signora in bianco con guanti e ventaglio“ (1889) mi fece innamorare. Col tempo si sono sviluppati in me desiderio e consapevolezza nel voler raccontare le donne e il loro ordinario più intimo.
Come scegli i tuoi soggetti?
Scelgo i soggetti in rapporto ai volti e ai colori. Non è un processo semplice per me. A volte mi innamoro di un volto per strada che, chissà, non rivedrò mai più.
Quali sensazioni speri di lasciare a chi osserva le tue foto?
Forse l’idea di sentirsi, in qualunque luogo, in qualsiasi momento, di qualunque cosa innamorati. E a casa.
Altri lavori di Maria Buttafoco sono accessibili anche sulla sua pagina instagram.
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