Al grande pubblico Henri Matisse è noto soprattutto come pittore. Almeno una volta nella vita la maggioranza ha visto una riproduzione de La danza, il Ritratto di madame Matisse o La stanza rossa. Se invece gli si chiede il nome di una scultura, potrebbe rimane perplessa. Eppure Matisse è anche un importante scultore del 900. Anche se sosteneva di essersi dedicato alla scultura perché voleva mettere ordine nel suo cervello ed essere poi capace di realizzare la pittura.
La scelta del bronzo
Per ovviare alla scarsa conoscenza di questo aspetto della sua produzione creativa, Chiara Gatti cura la mostra Matisse. Metamorfosi al Man di Nuoro dal 14 luglio al 12 novembre 2023. Presentando, la prima in Italia, tutte le sculture in bronzo dell’artista. Nello specifico 30 sculture e una ventina tra disegni, incisioni, oltre a fotografie d’epoca e pellicole originali.
Ed è proprio mediante il bronzo che esprime la sua passione per la scultura. In questo metallo intravede notevoli potenzialità espressive, sviscerate non incrementando i dettagli, lo stesso Matisse era solito dire che “diminuiscono la purezza delle linee, danneggiano l’intensità emotiva”, ma adottando il procedimento del levare, del sottrarre. Metodo che Matisse riconosce a Michelangelo. Ma dal quale si libera, rielaborandolo, per arrivare ad uno stile tutto suo. La notiamo con i nostri occhi questa poetica. Questa riduzione plastica che si incarna nelle sculture, nei disegni, nei dipinti, nelle innovative gouaches découpés. In tal modo riesce a plasmare creazioni che vanno oltre l’immobilità della statua, trasformandole in qualcosa di palpitante.
Perché la scultura
Dal 1894 Matisse si appropria della scultura con un preciso obiettivo: sentire, toccare con mano il senso del volume. La parte bassa della sua opera occupa sempre maggiore spazio. Per accogliere meglio la terra da cui trae sostentamento. Come Anteo che è in perpetuo contatto con essa per non perdere energia, così l’artista sente la necessità di toccare la materialità del reale. Per incrementare la visione attraverso l’appagamento del tatto. Palpare il corpo per saturare le mani di quelle forme. Matisse sosteneva che una scultura deve farci desiderare di manipolarla come un oggetto.
I nudi
Il vivo, il palpitante appena accennato lo si riscontra nel Nu assis, bras sur la tête (Nudo seduto con le braccia sulla testa) del 1904. Ad una rapida occhiata nel bronzo si potrebbe vedere una ragazza intorpidita che si distende con lenti movimenti. Ma se si osserva con attenzione il corpo, non c’è immobilità. Sembra in preda ad una sorta di vibrante tremolio. Di agitazione per l’allungarsi dei muscoli. Prevale l’alternarsi di prominenze e risucchi del bronzo. La scultura in altre parole si caratterizza per il movimento che l’invade. Anticipando di qualche anno, 1910, la nascita del Futurismo.
Anche in Nu couché II (Nudo coricato) del 1927 non bisogna leggere un appello a lasciarsi andare. La donna non è infatti rilassata. Fa forza su di un solo braccio per reggere il corpo. Mantenendolo sollevato dalla vita in su. Matisse opta per una posa poco naturale. A cosa si deve la scelta? Alla salvaguardia del ritmo della configurazione. Che ottiene inglobando nella scultura una frazione di vuoto. Lo stesso che s’incunea tra la testa e il braccio. ciò che gli preme è la dinamicità della figura.
In apertura la mostra analizza le modalità creative dell’artista assemblando bronzi in sequenza, dai primi anni Dieci agli anni Trenta. E si sofferma sulle sue fonti di ispirazione. Fotografie di nudi e modelle in posa. Non manca la selezione di alcuni dipinti che rivelano la doppia natura della sua ricerca, pittorica e scultorea.
Come in una “metamorfosi”, da cui il titolo della mostra, le sue figure si modificano. Passando da una traduzione naturale a una sintesi estrema del visivo. Ne è un esempio l’Odalisca del Museo Novecento di Milano, che trova corrispondenze nei disegni e nei bronzi coevi e di cui la mostra presenta l’intera sequenza.
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