Nel 1969, l’anno della prima messa in scena di Mistero Buffo, storico testo di Dario Fo e Franca Rame, io non ero ancora in mente dei e così anche Matthias Martelli, giovane interprete che con coraggio ed un pizzico di sfacciataggine ha portato in scena un vero cult della storia del teatro di narrazione contemporaneo. Inizia proprio con questa premessa di rammarico generazionale lo spettacolo che Matthias Martelli porta in scena in giro per i teatri di tutta Italia. Tutte le date sono indicate nel calendario del sito ufficiale.
Uno spettacolo pieno di quella consapevolezza sociale di una generazione che ha vissuto la propria adolescenza tra gli echi di un passato culturalmente e socialmente intenso. Matthias Martelli con la sua istrionica voracità artistica ha colto la portata rivoluzionaria di quel testo e con lui l’estrosa fantasia di Dario Fo che per molti ha segnato un’epoca, una linea di demarcazione tra un prima ed un dopo della rappresentazione teatrale.
Come lo stesso Matthias afferma, i diversi interpreti contemporanei che hanno seguito le orme di Dario Fo, da Marco Paolini fino ad Ascanio Celestini, solo per citarne alcuni, non hanno portato comunque avanti la completa lezione mimica del Maestro sviluppando, se pur con maestria, solo l’interpretazione vocale della narrazione.
Si deve ammettere quanto la figura stessa di Dario Fo a poco più di un lustro dalla sua dipartita si percepisce già sfumata e poco approfondita.
Il giovane attore ha dunque il merito di rievocare con talento ed estrosità la figura del Maestro senza volersi sostituire ad esso ma nella convinzione di volerne tramandare l’eredità drammaturgica.
I tempi sono certamente diversi e quel fermento culturale probabilmente non è più assimilabile al nostro contemporaneo, fatto di brevità e scarsa concentrazione, eppure Matthias Martelli riesce a catturare l’attenzione per due ore di spettacolo giullaresco in una continua alternanza di risate e battito di mani.
Solo, su di un palco sgombro da ogni attrezzatura scenica, con una semplicità e una franchezza umana a cui non siamo più abituati, l’attore presenta con schiettezza i personaggi delle sue giullarate interloquendo con il pubblico e riuscendo a riempire totalmente lo spazio scenico con la sua voce e la sua mimica.
La misura dello spazio si allarga e si restringe agli occhi di un pubblico rapito e catapultato lungo la fantasia e la propria immaginazione tra gli innumerevoli personaggi che l’attore interpreta. La sensazione è quella di trovarsi in una piazza, una di quelle piazze antiche dove i giullari raccontavano al popolo le storie di papi, re e regine beffeggiandosi del loro potere. Il palco recupera così la sua funzione originale di una vera agorà dove il Teatro ritorna a radunare il suo pubblico intorno ad una storia in cui potersi rispecchiare ed esplorare le emozioni al fine di farci i conti, per osservarle e decidere da che parte stare.
Il Teatro oggi più che mai ha il dovere di recuperare quella sensazione necessaria di prossimità umana dove parola e gesti fanno da cornice ad una curiosità emotiva di chi li ascolta, un’arte di cui Dario Fo è stato il Maestro.
Matthias Martelli ha colto in pieno l’insegnamento ponendosi come voce tramite tra la lezione drammaturgica e sociale di un passato teatrale ed il proprio contemporaneo che se stimolato riesce ancora a cogliere la potenza umana, scenica ed attoriale di un testo rivoluzionario come Mistero Buffo.
E nonostante il Teatro sia, come afferma Giancarlo Sepe:
“Un gioco, un’illusione, un’ellissi, qualcosa che arriva inaspettata ma a cui bisogna avere il coraggio di abbandonarsi”
…di certo, parafrasando Leo de Berardinis, dove c’è una civiltà teatrale è lì che appare la verità.
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