“Se il Cristianesimo fosse stato fermato nel suo sviluppo da qualche malattia mortale, il mondo sarebbe diventato mitraico“. Ernest Renan
Quello che scrive lo storico Renan ci da una misura non solo del debito o magari delle influenze reciproche che legano i due culti, quello pagano e quello cristiano, ma anche e soprattutto dell’importanza e della diffusione di un culto, quello legato al dio Mitra che in un certo periodo della storia romana sembrava veramente poter diventare il culto dominante.
Testimonianza di ciò sono i numerosi mitrei sorti a Roma tra il II e III secolo tra i quali, il Mitreo del Circo Massimo, rappresenta un caso particolare, potremmo dire quasi unico.
Il ritrovamento del mitreo
Situato all’interno dell’area definita dell’Ara Maxima di Ercole, è stato rinvenuto negli anni ’30 in seguito ai lavori di adattamento dell’ex Pastificio Pantanella a magazzino del Teatro dell’Opera (ancora oggi in funzione).
Quando nel 1931 i piloni del sovrastante edificio vennero perforati per verificarne la tenuta, ci si imbatté nei resti di un antico edificio romano.
Il materiale portato alla luce, resti di vasi in terracotta verniciata ed alcune coppette votive, faceva riferimento al culto di Hercules.
Questi ritrovamenti rappresentano una testimonianza preziosa di un periodo connotato da un forte sincretismo religioso in cui il culto ufficiale di Ercole e quello forestiero di Mitra si sovrappongono all’interno di un luogo così importante per le pratiche cultuali in Roma.
L’area compresa tra il Circo Massimo ed il Tevere era l’area del Foro Boario.
Il luogo deputato agli scambi commerciali ancor prima della fondazione di Roma. Tutta l’area infatti era frequentata dai mercanti greci perché era una zona fondamentale per il commercio del sale. Si trovava proprio a ridosso del settore orientale del Palatino, dove la città di Roma fu fondata nel 753 a.C. ed era caratterizzata da un antichissimo culto di Ercole forse importato dagli stessi mercanti greci.
L’area infatti era la zona di Caco, creatura mitologica figlia di Vulcano che proprio qui aveva sottratto ad Ercole la mandria di Gerione, che l’eroe stava portando ad Argo in virtù della sua decima fatica.
Il culto di Ercole
Anticamente Ercole prima ancora di essere una divinità guerriera, cioè di affiancare al suo nome l’epiteto di Victor o Invictus, era il protettore dei mercanti.
Protettore degli allevatori e del bestiame, il suo nome era invocato durante la stipula dei contratti. Questo spiega perché proprio nell’area del più grande mercato di bestiame di Roma sorgessero i templi dedicati a lui.
Successivamente Ercole assumerà anche l’epiteto di Astrochiton cioè vestito di astri, incarnando su di sé le caratteristiche della divinità solare per poi diventare quella divinità guerriera, ancora oggi così famosa, simbolo di un’aristocrazia che in età medio-repubblicana era tesa a celebrare se stessa secondo i costumi della civiltà ellenistica.
La stessa aristocrazia che grazie ad un intervento di grande monumentalizzazione farà erigere il Tempio di Hercules Invictus e l’Ara Maxima, due monumenti distinti, entrambi dedicati al culto dell’eroe, sicuramente facenti parte della medesima area sacra.
Ercole e Mitra
Non è quindi casuale che il mitreo sorgesse in quest’area, date le molte similitudini tra Ercole e Mitra. Anche Mitra infatti era una divinità guerriera e solare e nel mondo indo-persiano era la divinità protettrice dell’amicizia e dei contratti, tanto che il suo nome potrebbe derivare proprio da uno di questi due termini (sempre in lingua indo-persiana).
Ma dove si celebrava il culto del dio Mitra?
I mitrei originariamente erano degli ambienti sotterranei, simili a grotte, a navata unica, coperti a volta. Lungo le pareti di solito c’erano due panche dove si consumava il pasto rituale in onore del dio e il soffitto era coperto dalla rappresentazione del cielo stellato.
Alla fine della navata, di solito c’era un bassorilievo con la scena cardine del culto: la tauroctonia, l’uccisione del toro.
Il Mitreo del Circo Massimo
Il Mitreo del Circo Massimo come molti mitrei romani aveva avuto varie fasi prima di diventare un luogo di culto.
Nel I secolo d.C. la struttura divisa in quattro ambienti paralleli, doveva ricoprire la funzione di horrea (magazzino) o secondo alcuni studiosi di una stabula, una sorta di moderna stalla per l’allevamento dei bovini. Alla fine del secolo il complesso muta radicalmente. Le mura a SE della struttura originaria vengono tagliate, viene costruita una scalinata ed infine un nuovo ingresso.
In questo periodo, la vicinanza con il Circo Massimo, (restaurato in maniera monumentale da Domiziano) di cui diventa una delle sostrutture, trasforma l’edificio in un enorme magazzino per le strutture di scena dell’ippodromo stesso, carceres, funzione molto simile a quella attuale.
Solo tra la fine del III e l’inizio del IV il complesso viene riadattato per ospitare un edificio di culto, limitandosi più a interventi decorativi che strutturali.
Ma chi era Mitra e quale era il suo culto?
Mitra. Nascita e trasformazioni di una divinità
Mitra nasce come divinità all’interno della religione indiana per poi trasmigrare successivamente nel pantheon iranico.
Il suo culto nasce nel 1200 a.C. ed è citato nei Veda come una delle divinità solari protettrici del cosmo, e come già detto, dell’amicizia e dei contratti.
Con la riforma Zoroastriana Mitra cambia veste. Negli Avesta si guadagna l’appellativo di “giudice delle anime, protettore della verità e nemico dell’errore”.
Proteggeva le anime e le accompagnava in una sorta di paradiso.
E come dio del calore era il protettore della vegetazione. Per la prima volta il suo culto comincia ad essere legato al solstizio d’inverno. Divinità della luce, onnisciente e infallibile era anche il dio tutelare dei regnanti del Ponto e di Pergamo che infatti portavano quasi tutti un nome derivato dal suo: Mitridate.
Quando il suo culto arriva nel mondo greco-romano le sue caratteristiche cambiano completamente. Mantiene in qualche modo le sue peculiarità di divinità solare, ed comincia ad essere legato alla precessione degli equinozi.
Ma diventa soprattutto una divinità guerriera a capo di un culto esoterico.
Berretto frigio, mantello e pugnale, Mitra verrà sempre raffigurato nell’atto della tauroctonia, l’uccisione del toro.
La Tauroctonia
I protagonisti della scena sono sempre gli stessi: dopo aver inseguito e catturato il toro cosmico grazie all’aiuto di un cane, su ordine del Sole raffigurato per mezzo del suo messaggero, il corvo, Mitra sgozza il toro, tagliandogli la gola con un pugnale ricurvo dal basso verso l’alto.
Il sangue del toro feconda la terra donandole nuova vita (spesso sui bassorilievi che raffigurano la scena abbiamo rappresentate delle spighe di grano, simbolo di fecondità).
Ad abbeverarsi al sangue dell’animale abbiamo il cane, che ne trae nuova linfa, ma anche un serpente. Infine uno scorpione tenta di ferire il toro ai testicoli.
Il serpente e lo scorpione sono sempre interpretati come due esseri maligni (simboli di Ahriman il dio del male) che cercano di impedire al sangue di scorrere e di fecondare la terra. Colpendo l’animale e bevendo il suo sangue lo contaminano con il peccato.
Molti studiosi hanno messo in relazione tutta la scena, in particolar modo gli animali rappresentati, con le costellazioni.
Ad affiancare le varie rappresentazioni ci sono sempre i due dadofori, Cautes e Cautopates, il primo con la fiaccola alzata, il secondo con la fiaccola abbassata. I due potrebbero simboleggiare tanto il sorgere e il tramontare del sole (simboleggiando il carattere diurno e notturno della divinità) o la processione stessa degli equinozi.
Il culto di Mitra
Il culto di Mitra era, come detto, un culto misterico ed iniziatico.
Arriva a Roma probabilmente attraverso i legionari che combattono in Asia Minore, nel Ponto o per l’appunto a Pergamo.
Il suo carattere fortemente gerarchico ne permette la rapida diffusione in tutti i ranghi dell’esercito. Il Mitra romano-ellenico, come Ercole, è un guerriero, un soldato. Anche gli imperatori, comandanti supremi dell’esercito vogliono essere iniziati a questo culto. Si dice che Nerone sia stato il primo imperatore iniziato ai culti mitraici. Diocleziano nel 307 lo omaggia come uno dei protettori dell’impero.
In un periodo di grande crisi socio-economica il mitraismo possiede tutte le caratteristiche per potersi affermare: il rispetto delle gerarchie, la prospettiva di salvezza, la trasformazione e l’elevazione del singolo. L’iniziato doveva infatti passare per sette stadi, spesso raffigurati in maniera simbolica sulla volta celeste affrescata sul soffitto del mitreo: Corvo, Nymphus, Soldato, Leone, Persiano, Auriga, Padre.
Mitraismo e Cristianesimo
Ma il Mitraismo aveva moltissime caratteristiche in comune con un’altra religione dello stesso periodo, il Cristianesimo. Entrambi i culti avevano un carattere soterico, salvifico; prevedevano un sacrificio animale, il toro e l’agnello, ed in entrambe le religioni uno dei rituali centrali, sempre con significato salvifico, era il consumo di un banchetto.
Inoltre il Natalis Solis di Mitra sarebbe il 25 Dicembre, e seguendo alcune tradizioni, dopo l’uccisione del toro, Mitra sarebbe stato assunto in cielo all’età di 33 anni.
Gli influssi reciproci sono evidenti e per un po’ il Mitraismo è stato veramente il nemico numero uno del Cristianesimo. Poi però il suo carattere misterico ed iniziatico, che ne impediva ogni trasposizione scritta, fortemente gerarchico ed esclusivo, le donne per esempio ne erano escluse e solo pochi iniziati potevano farne parte, né impedì la diffusione su larga scala decretandone il declino.
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