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Momo, una storia per il nostro tempo

Una storia per il nostro tempo
Momo

Esistono alcune storie che, scoperte nel momento giusto del proprio percorso formativo, finiscono per sedimentarsi nel nostro vissuto e farci da bussola per tutta la vita. Una di queste è indubbiamente Momo, una storia per il nostro tempo, riletta oggi. In tutti i sensi.

Un preambolo

Molti della generazione che si affaccia ai trent’anni potrebbero aver scoperto questa piccola grande storia nel 2001, anno di uscita del film d’animazione tratto dall’omonimo romanzo e diretto da Enzo D’Alò, uno dei pochi artisti che negli ultimi vent’anni è riuscito a dare dignità all’audiovisivo per l’infanzia in Italia.

Come tutti i film di D’Alò, anche Momo è un’opera che oltre l’apparenza di prodotto d’intrattenimento per l’infanzia cela un substrato ben più complesso e profondo.

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Momo nel Lungometraggio di D’Alò

Il lungometraggio di D’Alò e soprattutto l’opera originale di Ende, racchiude infatti una storia che sussurra ai bambini e al tempo stesso urla a pieni polmoni agli adulti,  cosa che potrebbe risultare ancor più palese allo spettatore bambino vent’anni fa che lo visiona nuovamente alla soglia dei trent’anni.

Tuttavia arrivati a questo punto qualcuno si potrebbe giustamente domandare Chi o cosa è esattamente Momo?

L’arcana storia dei ladri di tempo e della bambina che restituì agli
uomini il tempo trafugato

Momo innanzitutto, è un libro pubblicato nel 1973 da Michael Ende, autore probabilmente meglio conosciuto per un classico come La Storia Infinita. Due opere che condividono strettamente la poetica del loro autore impegnato, attraverso il linguaggio del fiabesco e del fantastico, a denunciare il consumismo di massa e l’alienazione della modernità come artefici di distruzione sociale e aridità dell’individuo.

Nello specifico l’opera di cui ci stiamo occupando ha come suo cuore e nucleo fondamentale l’importanza del tempo e del pericolo di non prendersene abbastanza cura. Ma andiamo con ordine.

La Momo del titolo, omonima protagonista del romanzo, è una bambina di età e origine indefinita, l’unica informazione che abbiamo è che sembra oscillare tra gli otto e i dieci anni, ma volutamente Ende ci tiene all’oscuro di molti dettagli riguardanti lei e l’universo in cui la narrazione prende piede.

Questo perché il carattere simbolico e allegorico della vicenda, proprio come avviene nelle favole e nelle fiabe, non ha bisogno di particolari e doviziosi dettagli, anzi è proprio la vaghezza a conferire un profondo senso di universalità, a dare alla storia un respiro eterno e non confinato a rigidi schermi cronologici o topografici. Come vedremo più avanti, è paradossalmente appropriato dire che Momo è una storia senza tempo.

Vai da Momo che ti passa

Oltre ad una sintetica descrizione del suo aspetto fisico, l’unica caratteristica fondamentale che sappiamo della bambina è la sua capacità di saper ascoltare. Momo arriva dal nulla, senza famiglia e genitori, in una città senza nome come tante ne possono esistere, e scombussola in positivo l’esistenza dei suoi abitanti, che scoprono che quando sono giù di morale o in lite con qualcuno, trovano nella piccola straniera una presenza in grado di recepire realmente i problemi del prossimo.

Così la bambina senza elargire alcun consiglio o lanciarsi in alcun discorso retorico è in grado di far sentire meglio colui o colei che le sta parlando, forse perché nel mondo caotico e frenetico in cui parlare è diventato un imperativo categorico anche quando non si ha nulla da dire, saper ascoltare è una abilità che solo pochi sembrano realmente possedere.

La Banca del Tempo

Ma l’idillio è presto destinato a finire. In città infatti iniziano a palesarsi dei loschi figuri chiamati semplicemente i Signori Grigi, per il colore dominante del loro impeccabile completo da uomini d’affare e della loro pelle.

Il loro scopo sembra essere quello di circuire le persone con abilità manageriale a gettarsi in un convulso risparmio del proprio tempo, a rifiutare le piccole gioie quotidiane, rigettare la quiete e il divertimento, per buttarsi a capofitto in un lavorismo senza tregua per aumentare la propria rendita e il proprio profitto.

Un’immagine di per sé già inquietante, arricchita da un particolare ancora più macabro e allegorico: i signori grigi sono in realtà entità malefiche che letteralmente rubano il tempo risparmiato dagli esseri umani, lo tengono in un’apposita banca di risparmio e lo fumano come tabacco in apposite sigarette per sopravvivere in forma umana.

Una storia per il nostro tempo
I Signori Grigi nel cartone di D’Alò

Una storia per il nostro tempo

Sarà ovviamente Momo, l’unica che sembra essere immune al malefico influsso dei signori grigi, a combatterli e restituire il tempo rubato ai suoi amici e ci riuscirà solo con il prezioso aiuto di Mastro Hora, il custode del tempo, acerrimo nemico dei Grigi e della tartaruga Cassiopea.

Riletto oggi, Momo si presenta come un vino invecchiato incredibilmente bene. Tutti i temi che affronta sono quanto mai vivi e palpabili. Il consumismo sfrenato che spaccia l’estetica del nuovo e moderno come automaticamente  indispensabile, ben rappresentato da Bibigirl, la bambola parlante che vuole più cose, con cui i Signori Grigi cercano di corrompere Momo; il lusso sfrenato e il successo ostentato come comodi e infidi distruttori di purezza e creatività, come accade a Gigi “Cicerone“, migliore amico di Momo e brillante inventore e narratore di storie che grazie all’intervento dei Grigi diventa un artista di successo, intrappolato in una opulenza tanto seducente quanto infelice; c’è infine l’alienazione dettata dal conformismo e dall’omologazione alla quale vengono sottoposti i bambini, gli unici che i Signori Grigi temono e che fanno rinchiudere in apposite strutture ghettizzanti denominate Dopobimbi.

Riprendersi il proprio tempo

Momo, attraverso un gergo per bambini, urla disperatamente contro noi adulti, contro la frenesia e l’isteria sempre crescente, la concezione del nostro tempo solo in base all’utilità del profitto. Chi sono i Signori Grigi in fondo? Sono la perfetta rappresentazione del nostro spirito più biecamente cinico, quello che reprime umanità e sentimenti in nome dell’individualismo più spietato. Come dirà Mastro Hora a Momo:

“I signori grigi esistono perché gli uomini gli permettono di esistere.”

Leggere un libro come quello di Ende, o vederne la versione cinematografica del 1986 o la versione animata di D’Alò, assume un significato ancora più potente oggi, 2022, che nel 1973 o nel 2001. L’alienazione del quotidiano, l’assenza di tempo libero sacrificato sull’altare della carriera, la disintegrazione di rapporti interpersonali, non filtrati da uno schermo, e del gioco come pratica sociale, immaginifica e catartica, sono problematiche ancor più visibili e urgenti che venti o quarant’anni fa.

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Momo e Beppo lo spazzino nella versione del 1986

Momo dunque è una storia che può venirci incontro e suggerirci che un primo passo sia fermarci dalla nostra corsa inarrestabile e frenetica, fermarci per un momento dalla smania di parlare per il puro gusto di farlo anche senza dire nulla…e ascoltare. Quanto meno provarci.

“Perché il tempo è la vita, e la vita è nel cuore.”

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Riccardo Tortarolo

Riccardo Tortarolo

Laureato in DAMS - Cinema e Media all'Università degli Studi di Torino, ha conseguito i tre anni di attore-doppiatore all'ODS - Operatori Doppiaggio e dello Spettacolo. Ha collaborato con l'associazione culturale Baba Yaga di Final Borgo, con Concerti dal Balconcino di Torino e recita nelle compagnie liguri I Gatti dello Cheshire e La Scuola di Chirone. Si occupa di laboratori teatrali per l'infanzia e divulgazione di fiabe e racconti popolari.

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