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Morandi in mostra a Roma

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Giorgio Morandi "Natura Morta", 1950. Courtesy Galleria Mattia De Luca

Abstract: Giorgio Morandi in mostra a Roma, Il tempo sospeso, nella Galleria Mattia De Luca. Una quarantina di opere tra oli e grafica che mettono in risalto la luminosità plastica delle relazioni cromatiche, il suo creare oggetti che non hanno oggettualità.

Quaranta lavori di Giorgio Morandi (1890-1964) realizzati dal pittore bolognese in quarant’anni di attività, tra gli anni venti e i primi anni sessanta, grafica e dipinti compresi, scandiscono la mostra intitolata “Il tempo sospeso”, nella Galleria Mattia De Luca a Roma. L’esposizione è curata da Marilena Pasquali, lo scopo è approfondire la conoscenza della sua arte “difficile e segreta”, per dirla con Cesare Brandi. Secondo Morandi la forza dell’artista consiste nel:

“mettere il reale tra parentesi per riuscire a viverlo. Prendere le distanze dal mondo per poterlo abitare, per accettarlo senza perdere autonomia di pensiero e umanità di comportamento. Sostenere l’importanza della sospensione, la necessità dell’attesa, il bisogno di distacco”.

Roberto Longhi, uno che lo conosceva bene, ci mette al corrente di pittori che hanno contribuito alla formazione di Morandi tramite la profonda conoscenza che ne aveva: Giotto, Masaccio, Piero, Bellini, Tiziano, Chardin, Corot, Renoir, Cézanne. Da notare che la lista non comprende i nomi di Botticelli, Pollaiolo, Michelangelo. Forse perché, chiarisce Longhi, si metteva sulla difensiva

“dovunque vedeva pungere anche un sospetto di eloquenza, di turgidezza, di agitazione, di retorica della violenza fisica, della forza, del titanico”.

Un retroterra iconico-culturale di tutto rispetto che dà l’idea di quale fosse il fondamento della favola del “volgare pittore delle bottiglie“, come lo definiva la critica a lui contemporanea. La quale non aveva intuito la portata universale della sua ricerca.

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Giorgio Morandi “Paesaggio”, 1944. Courtesy galleria Mattia De Luca

Il linguaggio visivo di Morandi è raffinato e complesso. Le bottiglie e le altre povere cose, vasi, scatole e barattoli, vuote e polverose, sono decontestualizzate. Estraniate dal loro uso, le bottiglie restano tali, ma neutralizzate. Il loro significato come utensile viene sospeso. Ciò che le rende uniche sono le relazioni cromatiche, luminose, plastiche. Il disporsi controllato nello spazio. La sospensione metafisica. L’infinita varietà degli schemi delle nature morte. Ma soprattutto sono figure senza figura. Oggetti che non hanno oggettualità, contrariamente al cubismo analitico che nelle sue scomposizioni mantiene i referenti fissi, storici o naturali, in quanto si presentano come forme, simulacri che racchiudono l’interiorità dell’artista.

Siamo di fronte alla mimesi e alla sua negazione. Ciò che consente a Morandi, lo ha fatto notare Longhi, di attestarsi con i suoi oggetti “al di qua delle secche dell’astrattismo”.

La pittura di Morandi è sospesa perché non ha tempo. È sempre contemporanea rispetto a chi la guarda: ieri come oggi come domani. La “cosa” che dipinge non ha uno status codificato. La bottiglia perde la sua funzione, la sua particolare identità, e diventa una specie di musa ispiratrice per esprimere nuovi significati dettati dai moti d’animo del momento.

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Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia, abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione della psicologia cognitiva scrivendo per le riviste “Insegnare” e “Scuola e didattica”. Appassionato da sempre alla critica letteraria e artistica, ha pubblicato molti articoli come giornalista pubblicista per “il Mattino di Padova”. Attualmente collabora con la “Tribuna di Treviso”.

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