Caravaggio e Guido Reni hanno affrontato lo stesso soggetto: la Crocifissione di san Pietro. Quella del primo (1600/1) è conservata presso la chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma. Quella del secondo (1604/5) è custodita nella Pinacoteca Vaticana, Roma.
In un precedente intervento abbiamo affrontato la crocifissione del Merisi. Ora la croce con san Pietro inchiodato mani e piedi sarà capovolta. Lui rivolge un ultimo sguardo appannato verso la vita che sta lasciando. Tre personaggi, manovali più che carnefici, si danno da fare per issare in verticale quella grande massa di carne e di legno. Il dipinto si sofferma sul loro lavoro imposto dal supplizio. L’abilità tecnica che si sprigiona fa sì che le modalità della morte catturino l’attenzione più della stessa vittima.
San Pietro, che dovrebbe essere il protagonista, passa in secondo piano. Caravaggio lo vede come un vecchio, niente connotazioni idealizzate, dalle mani callose, con un unico panno bianco che gli circonda i fianchi. Fu lo stesso san Pietro, per rimarcare la sua inferiorità nei confronti di Cristo, a chiedere di essere posto al contrario.
Nella creazione di Reni è evidente l’influenza dovuta alla non comune concezione della pittura di Caravaggio.
Il pittore è colpito dal suo modo di raccontare gli episodi religiosi. Riducendo i protagonisti del dramma, all’apostolo e ai carnefici. Raffigurando quasi un gruppo scultoreo, il cui virtuosistico schema piramidale evoca esplicitamente la scultura antica. Protagonisti che indossano abiti contemporanei, i cui corpi classicamente dipinti sono immersi in una gestualità composta e rallentata, in una luce che ha qualcosa di indefinibile, qualcosa di non detto che al contrario di Caravaggio, investe anche il paesaggio. Il clamore, la drammaticità, il darsi da fare degli aguzzini, la loro manovalanza persecutoria, sono tutti elementi che sembrano tracimare nella tela del Merisi, e che in Reni sono attenuati. Mitigati, depurati..
In quella luce che arriva dall’alto dominano le linee verticali e orizzontali che diminuiscono l’andamento movimentato causato dalle diagonali caravaggesche.
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