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Spettacoli nell’antica Roma

Antica Roma
Saluto dei Gladiatori - Dipinto neoclassico francese

Gli spettacoli nel periodo “Classico” (dal III secolo a.C. al III secolo d.C.)

La “spettacolarizzazione” nell’antica Roma è individuata già nel periodo Repubblicano e Alto imperiale e naturalmente nel periodo classico (I sec. a.C. – III sec. d.C.). Le immagini dello spettacolo erano rappresentazioni di Ludi (Scaenici e Circenses) cioè di esibizioni letterarie (poesia, drammi e opere teatrali) e competizioni di ippica e carri; Agones o Certamina (gare atletiche); Damnationes ad Bestias, Munera Gladiatoria e delle Venationes.

Si tratta di rappresentazioni di un intrattenimento che spesso è sinonimo di una retorica demagogica volta a glorificare la grandezza della città e degli organizzatori degli spettacoli, ma che non corrisponde totalmente alla realtà storica;  Panem et Circenses è uno dei motti che nasce e si sviluppa nell’Antichità, periodo in cui si voleva dare al popolo cibo (Pane) e spettacoli (Divertimento).

La città in espansione traduce questa sua ambizione politica e imperialistica anche nei giochi, che diventano autocelebrativi e propagandistici attraverso una “Romanizzazione” di forme di spettacolo non proprie della città, bensì “fagocitate” con la conquista della “Grecia tutta” e della penisola italica.

Il Basso Impero: il boom delle immagini dello spettacolo

È nel Basso Impero (284-476) che, nonostante la crescente diffusione del Cristianesimo e la sua opposizione alle forme di spettacolo pagane, compaiono raffigurati con grande eloquenza scontri tra gladiatori e scene circensi nell’ambito privato e in quello pubblico, secondo un gusto tipicamente romano. Allo stesso tempo, si manifesta uno strano boom edilizio che è contrario alla crisi e al lento tramonto del modello degli spettacoli concepito nel periodo imperiale: tutti gli edifici destinati ai giochi, che prima sono edificati o costruiti da privati e magistrati, ora sono commissionati dall’imperatore; è lui che si assume la responsabilità della costruzione di nuove strutture, utilizzandole come luoghi di rappresentanza pubblica e di autorappresentazione nello stesso modo in cui i precedenti imperatori dell’Alto e Medio Impero si autocelebravano nel Foro.

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Mosaico Basso Imperiale, IV secolo d.C. – Munera Gladiatoria e spettacoli anfiteatrali

L’immagine urbanistica degli spettacoli: Archeologia Edile per sport e giochi

Quel che rimane degli edifici per lo spettacolo (i teatri, i circhi o gli ippodromi, gli stadi e le varie tipologie anfiteatrali) del periodo Basso Imperiale racconta storie di città che vissero intorno ad essi, e su cui fu scandita la vita; mostrano le ambizioni e il desiderio di emancipazione della cittadinanza romana e, in particolare, della sua élite.

Si tratta di strutture su cui non si è badato a spese, anche in momenti di crisi della società Romana, e che costituiscono la massima espressione artistica e tecnologica.

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Gli Edifici per Spettacoli e Sport nell’Impero Romano

Nell’Impero Romano l’immagine topografica coincide con abitati dominati da circhi, ippodromi: si tratta di luoghi di svago ma anche finalizzati al controllo politico, sono monumenti dello stesso tipo architettonico, ma concepiti in occidente in un modo e in oriente in un altro e arricchiti da varianti artistiche locali. Solo alcuni sono sopravvissuti e testimoniano oggi la gloria di Roma e la grandezza dei suoi imperatori e delle aristocrazie locali.

Gli Edifici nella Capitale

Tutti gli edifici pubblici destinati allo spettacolo nel Basso Impero rappresentano una manifestazione della retorica Imperiale. I Teatri di Pompeo, di Balbo e di Marcello, a Roma sono un palcoscenico di “finta” cultura classica, tanti nemmeno conoscono più le opere originarie messe in scena e le nuove non hanno la stessa originalità e fierezza del passato. I Circhi, Massimo e Flaminio, sono luoghi di scommesse sulle corse, sabotaggi ai carri e business delle squadre in competizione.

Il Colosseo è una macchina per il controllo delle masse dove la plebe di qualsiasi etnia urla per i propri beniamini che si scontrano nell’arena. La sua manutenzione viene assicurata, fino alla fine della Tarda Antichità, soprattutto dalla propaganda edile privata fatta di aristocratici, come una sorta di “sponsor privati”.

Un caso particolare è lo Stadio di Domiziano. Un edificio in grado di contenere 120.000 spettatori per un tipo di gare alla greca, poco amate originariamente dal popolo Romano, che ha avuto tuttavia successo mediante l’introduzione di spettacoli atletici, chiamati Heracleia e Helia, avvenuta durante la metà del III secolo d.C., periodo che definisce la crisi della tradizione Romana.

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Sotterranei di Piazza Navona – Stadio di Domiziano

Gli Edifici di tipo privato come Circhi, Stadi, Teatri e Anfiteatripalaziali” sono invece luoghi di divertimento, utili a soddisfare i capricci del proprietario aristocratico. In età Imperiale vengono usati e sfruttati solo per volontà del possessore, l’Imperatore, che ne impedisce l’uso con il conseguente abbandono delle residenze a cui erano urbanisticamente vincolati.

Tra il IV e VI secolo d.C. a Roma la visione urbanistica collettiva dei luoghi dello spettacolo e dello sport subisce un progressivo degrado: disuso, abbandono e spolio dei materiali rendono questi luoghi delle cave a cielo aperto, destinate agli usi più disparati.
Diverso è il quadro d’insieme delle immagini e delle decorazioni pubbliche e private che sono pervenute negli scavi o conservate nei Musei.

Repertorio iconografico della Roma degli spettacoli

Il repertorio delle immagini dello spettacolo del basso impero riproduce tipi e generi a volte quasi sconosciuti e poco documentati dalla tradizione letteraria; questo materiale figurativo integra insieme al mondo delle epigrafi e ai resti archeologici (armi, maschere, edifici come teatri e anfiteatri) la conoscenza dei vari settori ludici.

Riguarda il mondo dello spettacolo in tutti i suoi settori a Roma e nell’impero: ludi, agoni, condanne capitali, duelli tra gladiatori e cacce. Abbraccia il periodo storico del Basso Impero in maniera a tratti disomogenea e non lineare, raccontando per immagini lo svolgimento e l’evoluzione degli spettacoli, fino alla loro estinzione.

Le diverse raffigurazioni sono rivelatrici della composizione sociale romana e della lotta per l’autorappresentazione; si tratta di una sola società, ma divisa dal culto in cristiani e pagani. Esse ostentano una sorta di voluptas spectandi dei committenti che considerano l’intrattenimento un momento in cui la società crea un’immagine di urbanitas, con i giochi, palco della vita e delle classi. In occidente magistrati e ricchi privati si comportano come dei sovrani nei confronti delle masse, in oriente si battono alla pari l’imperatore e la nobiltà. Risulta chiara la volontà di distaccarsi dalla crisi dell’impero, di guardare al passato e al diletto, opponendosi alla diffusione del pensiero cristiano o ignorandolo.

Le immagini presentano la realtà degli spettacoli; celano un nucleo di valori misti, vecchi e nuovi, frutto di una mentalità tardo antica che è la summa del periodo precedente, ma anche la sua negazione: è una dialettica di pensieri e culture che non emerge da altre fonti. Vi si nascondono delle tradizioni a noi spesso oscure, come quelle legate all’importanza e al valore del sangue nella maggior parte dei giochi. Il sangue viene visto come un qualcosa di “magico”, che può curare o uccidere, che è sede dell’anima o elemento vitale: in ogni caso è strumentalizzato, canalizzato nella violenza spettacolarizzata.

Occorre ribadire che il ruolo di tutte le manifestazioni ludiche romane non è più rituale; restano solo delle dediche esteriori a divinità, che sono a volte indicate nelle immagini con erme o busti nimbati. Questa è una diretta conseguenza della metamorfosi del paganesimo in età Basso Imperiale; esso diventa una cultura dialettica e sincretica, che basa le sue convenzioni su una visione filosofica molto colta, ma fondamentalmente priva di sentimento religioso e lontana dalla religiosità ufficiale che caratterizza la cultura classica.

Sembrerebbe una società privata dei suoi contenuti più profondi; in realtà non è così. La cultura romana di quest’epoca si è adeguata alle nuove esigenze politiche e intellettuali, per sopravvivere e potersi opporre al Cristianesimo o continuare ad esistere parallelamente ad esso.

Le arti figurative raccolgono le briciole della nuova mentalità con illustrazioni di un intrattenimento che apparentemente non sembra minimamente variato nelle modalità di svolgimento, nell’allestimento e nel tipo di spettacoli; diventano un’appendice colta dell’immagine che i Romani vogliono tramandare di sé stessi e delle attività culturali della loro civiltà.

Le decorazioni “vere e proprie”

Le immagini Pubbliche

Le immagini pubbliche celebrano in forma aulica e ridondante, con fregi e decorazioni mono-sceniche, edizioni anche di minore importanza e che sono di tono inferiore a quello delle grandi gare dell’Alto e del Medio impero; sono una retorica e uno stile confrontabile con le battaglie delle colonne di Onorio e di Arcadio, che esagerano sul contenuto delle vicende, di importanza storica minima, trasformandole in guerre fondamentali come quelle delle conquiste nel periodo alto imperiale.

Le immagini Private

Le decorazioni private, invece, si muovono tra mos maiorum e innovazione; mostrano un eccellente gusto estetico; le rappresentazioni tardo antiche ostentano un concetto molto marcato del bello e del piacevole, affermando una voluptas spectandi più enfatizzata rispetto al passato. È visibile una predisposizione a edificare ville e domus di dimensioni maggiori rispetto al passato con l’accentuazione di certi ambienti, quelli destinati all’accoglienza di ospiti e clienti. Si moltiplicano, secondo una moda crescente dell’epoca, le absidi o le esedre negli ambienti. Aumentano le raffigurazioni in mosaico, favorite anche nell’arte paleocristiana soprattutto a partire dal IV secolo d.C.

Come nelle raffigurazioni pubbliche, così in quelle private, sono esteriorizzate le ambizioni del committente; in queste ultime, a differenza delle prime, compare una libertà formale e stilistica che un privato può permettersi perché padrone in casa sua, per cui non deve tener conto a nessuno del suo operato e delle sue decisioni. Inoltre esprime i suoi desideri sia nelle sale aperte al pubblico sia in quelle intime.

I Supporti e i materiali

Supporti e materiali sono molti vari; vanno dai materiali lapidei a quelli vitrei, dagli oggetti funerari ai reperti domestici.

La diffusione dei sarcofagi dal III secolo d.C. intensifica i fregi, i rilievi allegorici del teatro, del circo e degli agoni, le scene di caccia e quelle dell’ambito quotidiano, con valore simbolico; tutte queste sono illustrazioni apotropaiche o di augurio per la vita ultraterrena del defunto.

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Sarcofago di III secolo d.C. con Ludi Scaenici, Appia Antica – Oggi conservato al British Museum

Viene di conseguenza plasmata una moda che nel suo aspetto più generale rimanda all’eternizzazione di ciò che si fa in vita. Non mancano esempi di superstizione, atteggiamento magico-religioso che i ceti più elevati hanno in comune con la plebe: si riscontra in tutti i ranghi della società con maschere apotropaiche, maledizioni degli avversari di gara e allegorie ludiche.

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Fondo di Bottiglia dell’agone Capitolino del IV secolo d.C. con attore vincitore delle gare poetiche o letterarie

I “Gadget” antichi

Molto moderno risulta l’uso di “gadget”: piatti e bottiglie, manici di pugnali, coppe, dadi e pedine, placche, statuine, lucerne a forma di elmi. Questo materiale forniche dati sulle rotte commerciali, sui centri di produzione artigianale. Esiste una produzione seriale di carattere popolare che affianca quella elitaria, che viene commissionata appositamente dal nobile, il quale pretende la realizzazione di un’opera unica e irripetibile.

L’Immagine finale che abbiamo del settore di intrattenimento e sport

Nella scelta delle ornamentazioni, troviamo immagini dello spettacolo ambiziose in uguale maniera nelle stanze private e in quelle pubbliche, perché per il committente, come per l’imperatore, non conta che le figurazioni siano visibili e leggibili da tutti, ma che venga espresso il suo messaggio, come concetto fine a sé stesso.

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Lucerna tardo antica con coppia gladiatoria

Come il principe, i privati fanno eseguire immagini per loro unico diletto, alludendo alle loro aspirazioni senza curarsi di chi o di quanti possano leggere e interpretare certe decorazioni. Sono indicate le loro volontà, che tutte insieme ricostruiscono una visione dell’intrattenimento dei privati del periodo tardo antico.

Non è detto, infatti, che siano riprodotti fedelmente tutti i duelli, le gare o le esibizioni che si svolgono nella realtà; questo è possibile affermarlo, perché le fonti letterarie descrivono degli spettacoli che non sono rappresentati e ci sono dei numeri delle Venationes raffigurati solo nel V-VI secolo d.C. che le fonti letterarie sostengono siano introdotti nelle gare anfiteatrali già dal III secolo d.C. Tutto ciò è sottolineato dal fatto che non sempre sono rappresentate tutte le parti degli spettacoli, anzi sono selezionati solo certi elementi, considerati importanti per i committenti e per gli artisti.

Le differenze di ciascuna immagine dipendono dalla provenienza geografica, dalle maestranze, dalle finanze spese per la realizzazione, dai periodi. Quando sono più vicine al III secolo d.C, si tratta di rappresentazioni auliche, plebee, narrative, allegoriche.

Ludi teatrali nell'antica roma
Ratto di Hylas e le ninfe del IV secolo d.C. ascrivibile al contesto dei Ludi teatrali

Quindi il panorama offerto dagli edifici e dalle riproduzioni artistiche offre un’immagine composita come un puzzle, in cui ciascun elemento contribuisce all’unità figurativa; è una visione del mondo che vede la divulgazione di correnti stilistiche diverse, di immagini nelle immagini che tramanda questo settore della cultura così come i Romani del Basso Impero hanno voluto concepirlo e tramandarlo.

La fine di questo modo di concepire l’arte è segnata da una serie di eventi a catena, che portano la matura società degli spettacoli prima ad una riduzione e riforma e poi al crollo inevitabile.

Se le immagini pervenuteci, a differenza della civiltà che le ha prodotte, continuano a parlare attraverso i secoli di questo mondo spesso contraddittorio, ma così “tollerante” e aperto alle novità e alle metamorfosi delle sue tradizioni, ciò è dovuto al carattere cosmopolita, multietnico, multiculturale e multireligioso di Roma, che si nota platealmente alla fine della romanità, quando la disgregazione delle province, del potere e della società tradizionale portano in parecchi casi al riemergere di culture, visioni e ideali precedenti alla Romanizzazione, sia in oriente che in Occidente.

Forte è quindi il legame dei Romani con le immagini, e dimostra la volontà di impressionare le masse e l’élite. La spettacolarità, a volte reale, a volte fittizia, è frutto di una cultura che si basa sull’esteriorizzazione delle proprie aspettative.

Questo rapporto tra i Romani e le rappresentazioni sembra inscindibile e molto moderno; le raffigurazioni giganteggiano come le nostre pubblicità, scandendo ogni aspetto della vita del Romano.

In sintesi, finiscono per marcare e accompagnare la vita del Romano parallelamente ai giochi, testimoniare l’esplosione di un motivo su varie rappresentazioni, diventare un biglietto da visita per i contemporanei e per i posteri, essere eccezionali espressioni di arte decorativa di vario genere, che non nasconde la propensione per il bello dei Romani e dell’arte romana, anche nel periodo del suo tramonto.

Leggi anche I Sepolcri Romani

Alessandra Pignotti

Alessandra Pignotti

Laureata alla Sapienza di Roma nel 2007 in Archeologia e Storia dell’Arte del Mondo Antico e dell’Oriente. È guida turistica e Docente culturale. Collabora con BloggingArt dove scrive di eventi e cultura, enogastronomia, moda e spettacolo.

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