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Stati di normale euforia II : …e così! – parte II –

Stati di normale euforia II
…e così!
(parte II)

Illustrato da Sabina Sadoku

Ero io o la mia voce?
Balle!” Pensai.
In un attimo presi un paio di forbici a caso, senza badare troppo alla loro innaturale dimensione e mi tagliai per bene le unghie.
Ahh… cazzo!”. Senza accorgermene avevo osato troppo ed avevo scalfito in profondità la punta dell’indice.
M’ero portato via un bel pezzo di pelle che era rimasto appiccicato alla lama e lo guardavo.Il sangue veniva giù copioso ma non era il caso di fare un dramma. Bastava correre in bagno, disinfettarsi e metterci un cerotto.
Fermo! Non andare, ora sei sensibile. Pensaci. Ora toccalo e lo sentirai solo un poco più tuo.” Senza pormi alcuna domanda sollevai la mano ed il dito ferito andò verniciando di rosso le pareti del dirupo.
Ad onor del vero mi presi anche la briga, storcendomi ben bene di lato, di indicare con dei vistosi tratti una possibile strada sulla grande distesa bianca, ma solo proprio in prossimità delle gole più impervie, quelle che avvicinando lo sguardo mi sembravano chiaramente più pericolose in caso di incauta e repentina discesa.Ma cos’è successo. Guarda lì il muro… c’è del rosso.” Disse assai interdetta qualche giorno dopo mia moglie rovistando in camera per ben altre ragioni.
Ah… sì! Lo volevo riparare e non mi ero accorto d’un graffio che avevo…”.
…Ancora più schifo! Ma lo vedi? Si vede già da qui.” Aggiunse senza neanche darmi il tempo d’organizzare una risposta.
Perché si era rivolta a lui in quel modo? Non era schifoso. Era un anfratto ove forse potermi riparare dalle intemperie, dai rischi d’un mondo pronto a spazzarmi via o magari… no, si era rivolta a me. Era solo a me che aveva lanciato il suo – ancora più schifo! – Ero io ed io solo a fare schifo e per questo dovevo scomparire, annientarmi, trovare un’altra dimora al mio essere orripilante e – schifoso -.
Anche quella sera misi il naso fuori casa per la mia oretta di jogging ma tutto cominciò ad andare in modo diverso.
Dai rallenta. È tutto inutile e quel che stai facendo ti porta esattamente nella direzione opposta. Devi camminare e fare passi più piccoli. Bene! Bravo! Prova a ridurli ancora.” La voce aveva ripreso a parlarmi. Aveva cambiato il suo tono e sembrava consigliarmi una nuova strategia.Ora camminavo lentamente, ben lontano dal correre, ed i miei passi ovattati, e mossi da fin quasi sulle punte, sembravano un susseguirsi di piccolissime ed invisibili orme lasciate sulla sabbia.
Piegati un poco ed osserva la punta dei tuoi piedi e conta i tuoi passi ehh… non alzare lo sguardo. Da oggi sarà così.
Aveva indubbiamente ragione perché camminare in quel modo mi dava calore e sicurezza.
Mi sentivo più protetto e direi paradossalmente sollevato in quella strana posizione del mio procedere che richiedeva un certo incurvamento del corpo. Un anomalo ripiegamento della schiena ma ancor più della testa.Nel giro di qualche giorno mi accorsi d’aver perso più di qualche centimetro della mia statura e l’essermi rasato a zero aveva concorso forse non poco a questa generale riduzione del mio essere.
Naturalmente avevo preso via via più familiarità nella frequentazione del minuscolo anfratto, ma mi ricordo benissimo quel giorno in cui per accentare la mia osservazione arrivai a forzarci ben dentro il mio occhio dilatando a dismisura le palpebre con le dita.
Avevo schiacciato a tal punto il mio volto sulla grande distesa bianca che il naso, strizzato a dismisura, aveva cominciato a sanguinare macchiando ancor più di rosso zone fino ad allora incontaminate.
Forse sì! Esatto! Fu proprio in quei giorni che arrivai a tagliarmi le lunghe sopracciglia pensando fossero un possibile ostacolo alla visione dei più remoti anfratti di quella meravigliosa cavità.Te l’ho già detto, sei un coglione. Vorresti entrarci ma non hai le palle. Unghie, capelli, sopracciglia. Pensi che bastino?”.
Certo che no! Non sono un idiota però ti ho dato retta per come camminare e ci volevo mettere del mio. Non puoi essere solo tu ad ordinarmi come procedere.” Dissi rispondendo quel giorno ad uno scambio che m’aveva non poco irritato.
Altre macchie rosse di sangue qui sulla parete. Ma poi… mamma mia le sopracciglia, te le sei tagliate? Ma sei matto! Dio cosa sta succedendo?” Disse atterrita mia moglie accorgendosi stranamente solo a distanza di qualche giorno, del precedente accadimento e del mio nuovo apparire o forse, più banalmente, ci sfuggivamo già da tempo per approdare stabilmente in quel territorio desertico che è la reciproca noncuranza.Non risposi. Non dissi nulla ed accennai solo un gesto con le mani facendolo seguire da un moderato piegamento della testa e niente più.
Il silenzio.
Non mi sai dire altro?” Aveva aggiunto come se avessi proferito parola.
Ancora il silenzio.
Aveva lasciato la stanza e stranamente sentii il bisogno d’alzarmi e di guardarmi allo specchio.
Incredibile! Con il mio silenzio m’ero reso un poco più piccolo.
Con quel silenzio mi ero ridotto e questo era un fatto certo. Evidente senza alcun dubbio.
Felice del mio silenzio andai dal mio amato pertugio e riuscii a scrutare un angolo che solo giorni addietro mi era sembrato impossibile raggiungere.
Era bello e solitario. Una sferzata di luce ne disegnava i contorni e li rendeva pari, se non superiori, al drappeggio armonioso d’una statua greca o forse lo era veramente. Sì, lì dentro poteva esserci un tesoro e non dovevo dirlo a nessuno. Dovevo mantenere il mio segreto.
Ma dovevo farmi solo breve dono di quella fugace conquista del mio stato riducente per procedere oltre.
Tutto stava funzionando alla perfezione.
Alcune azioni in un sol giorno mi fecero fare passi da gigante nel compimento d’una mia minor dimensione.
Sei stato semplicemente in gamba.” Disse di prima mattina quell’amichevole compagna che ora andava ben fiera sorridendo agli effetti d’un mio banale prelievo bancario, effettuato però senza proferire parola.
Magico! Non un buongiorno ed un arrivederci, eppure era la mia banca da più di trent’anni e conoscevo bene ogni suo dipendente.
Problemi?” M’aveva chiesto alla cassa la toscanaccia scaglionata e stanca già di primo mattino.
Un gesto della testa ed un sorriso avevano tolto qualsiasi mia inutile risposta e poi salendo in macchina sorrisi alla giornata appena iniziata nell’imperturbabile restringimento della parola.Strano vedi? Devo spostare il sedile più avanti d’un nulla e diminuire l’inclinazione dello schienale. Sai cosa significa?
Esatto! Stai andando nella giusta direzione ma ti ci vorranno anni e non te lo puoi permettere vero?”.
Aveva ragione quella voce che in un attimo, con una risposta chiara, m’aveva fatto capire che quel mio nuovo contegno avrebbe sortito positivi ma minuscoli effetti in tempi brevi.
Ma raddoppiai la dose per del latte e solo un litro non scremato.
Ecco! Il solito. Un euro e cinquanta. A scuola…. hanno ripreso? Vero? Era ora!” Aveva chiesto e risposto allo stesso tempo e con il solito sorriso il barista dell’angolo.
Non una parola. Non un segno tangibile e tutto aveva funzionato.
Era bastato prima un minuscolo, insignificante gesto verso il vetro del bancone e poi un socchiudere più a lungo gli occhi e nulla più. Forse anche quell’accenno d’amichevole consenso aveva scongiurato possibili dubbi.Camminavo curvo in strada. Procedevo a piccoli passi e contavo la loro sequenza.
Uscivo ed entravo in negozi ed uffici e cercavo di non proferire parola e tutto funzionava.
Nei limiti del possibile tutto andava per il verso giusto.
Incredibile! Il fato mi veniva incontro.
Infatti, anche al telefono, ricordo bene che con la Telecom, per un guasto alla mia linea telefonica, all’inizio fu solo una sequenza di tasti da spingere per poi arrivare a parlare dopo un tempo infinito con un operatore che sembrava essere entrato nella mia vita da anni.
Una rada sequenza di miei sì e no aveva concluso positivamente lo scambio.
La mia nuova vita mi prospettava un universo assai più silenzioso e ciò allietava la mia riducente dimensione ma quel giorno sembrò farmi tornare indietro in un sol colpo.Perchè l’hai fatto? Non dovevi passarci la spugna in quel modo. Sei una stronza. Hai portato via il rosso. Ma guarda cos’hai combinato”.
Ero furioso ma fu lei, mia moglie, esterrefatta, a non proferire parola.
Piangevo, singhiozzavo, giravo come un pazzo per la stanza, scalciavo nel panico, urtavo qua e là con disprezzo e poi tornavo ad accarezzare delicatamente la gelida distesa nevosa sulla quale sembrava passato un profondo aratro che aveva solcato a tal punto la candida superficie da mischiare insieme fango e neve stessa.
Tutto appariva più grigio ed io ero disperato.
In un momento di panico assoluto ricordo d’aver dato un irresponsabile pugno all’armadio.
Lo scricchiolio era stato evidente ma sorridevo e poi ridevo e ridevo e sì, sghignazzavo impavido al dolore.
Era palese, chiaro. Ora la mano penzolava inutile, amorfa.
Un pezzo di carne senza vita. Un sacchetto di vitarelle e bulloncini, di minuscole cianfrusaglie buttate lì a caso.

Continua…

Racconto finalista al Premio Genti 2010. Dal racconto Stati di normale euforia II – “… e così!” – ne è stata tratta un’opera teatrale che si è aggiudicata il primo premio come – opera d’innovazione – alla rassegna di drammaturgia “Schegge d’Autore 2012”.

Le illustrazioni che accompagnano il racconto sono di Sabina Sadiku – sabinasadiku26@gmail.com – @_wabi_s_
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Paolo Valentini

Paolo Valentini

Drammaturgo, scrittore e giornalista. Nel teatro numerose sono le opere andate in scena. Di rilievo quelle facenti parte del “Progetto ItinerArte” con opere sul Maderno, Tiziano, Caravaggio, Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Botticelli. Dallo sviluppo di un reportage giornalistico prende forma la trilogia teatrale “Stati di Normale Euforia” pluripremiata in vari festival teatrali. Per la narrativa ha pubblicato, “Il piccolo, Piccolo principe” (Becco Giallo Edizioni); graphic novel che prende spunto dal capolavoro di Saint-Exupéry per farne una dissacrante graphic story sul Berlusconismo. Ha pubblicato “L’Amore di Ago e Spilla” (Matisklo Edizioni); graphic novel che narra la shoah in forma metaforica e la raccolta illustrata di racconti “America in agrodolce” riguardante gli atti terroristici dell’11 settembre del 2001. Nel 2015 pubblica “Sofia Guidi – Escort” (Eroscultura Editrice); lungo romanzo erotico nel quale si assiste alla trasformazione di una signora della buona borghesia romana, Sofia, in excort di lusso. Nel 2016 pubblica la fiaba illustrata “La Shoah spiegata ai bambini” (Becco Giallo Edizioni).

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