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Tra Sibille e Profeti il nuovo stile di Raffaello

Raffaello isaia
Profeta Isaia, Raffaello, 1513. Sant'Agostino in Campo Marzio a Roma

Raffaello Sanzio è stato uno dei più grandi pittori del Rinascimento, e nessuno come lui ha saputo creare un vero e proprio canone su cui poi la pittura si è sviluppata.
Le sue opere sono state per secoli la scuola prediletta di tutti i più grandi pittori, da Guido Reni ad Annibale Carracci, a Poussin fino ad arrivare a David e addirittura a Picasso.
Grazie alle sue straordinarie innovazioni stilistiche, Raffaello ha saputo anticipare e ispirare le correnti artistiche che lo avrebbero seguito come il Manierismo ed il Barocco.

Prendere da tutti e far suo

La forza del suo stile non è rappresentata soltanto da quella armonia suprema, quella grazia e dolcezza capace di aleggiare sulle sue Madonne o dall’intensità (sempre pacificata) dei suoi ritratti, ma nella straordinaria capacità di prendere da tutti i più grandi e far suo, evolvendosi continuamente.
Il suo stile infatti non è mai uguale a se stesso ma sempre nuovo, moderno.
Raffaello è un entusiasta e quando capisce che può adottare una soluzione nuova per raggiungere il suo scopo, la attua, non importa da dove venga.
Tante le rivalità che gli hanno attribuito eppure è sempre stato in grado di imparare umilmente anche dai cosiddetti acerrimi rivali come Michelangelo o Sebastiano del Piombo.

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Autoritratto, Raffaello, 1506 circa. Galleria degli Uffizi, Firenze.

Raffaello è morto di una febbre “acuta e continuativa” come ci dice Vasari, all’età di 37 anni, e forse solo la morte gli ha impedito di cambiare ancora, ha impedito al suo stile di evolversi e magari trasformarlo in un grande pittore d’historia come del resto aveva già ampiamente dimostrato di saper essere con gli affreschi delle Stanze Vaticane.
Come recita l’epitaffio scritto dal Bembo sulla sua tomba al Pantheon di Roma:

Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era vivo di essere vinta; ma ora che è morto teme di morire.

Ricostruire tutta la carriera dell’Urbinate non è cosa semplice, né argomento del mio articolo, ma nonostante le grande imprese, ancora oggi appare abbastanza difficoltoso dare dei dati certi su determinate questioni, specialmente in termini cronologici.
Sicuramente due degli incontri che più di tutti hanno influito sul pittore sono quelli con (le opere di) Leonardo e Michelangelo.

L’incontro con l’arte di Michelangelo

E proprio del rapporto stilistico con quest’ultimo voglio brevemente trattare, perché nonostante l’arena della corte pontificia di Giulio II li mettesse l’uno contro l’altro, con il Bramante arbitro di parte (sempre a favore di Raffaello), non c’è ombra di dubbio che l’incontro con l’arte di Michelangelo è stata la principale causa dell’evolversi del suo stile, in forme e colori che caratterizzeranno le ultime illustri commissioni romane.

Èd è proprio la cronologia dell’incontro tra Raffaello e la volta della Cappella Sistina il primo grande problema.
Vasari ci dice che Raffaello grazie all’intercessione del Bramante, che aveva le chiavi, è riuscito a vedere la Sistina ancora con i ponteggi, mai svelata al pubblico, anzi con il pontefice stesso che aveva diversi problemi a farsi mostrare da Michelangelo il suo lavoro.
Ne rimase affascinato. E secondo Vasari rigettò il suo intero stile e distrusse i cartoni delle opere in corso per adattarsi allo stile nuovo di Michelangelo. Era il 1510.

La Sistina sarebbe stata svelata per la prima volta nell’estate del 1511, ma solo fino alla Creazione di Eva, per essere inaugurata ufficialmente il 31 Ottobre del 1512.

Nel mentre Raffaello è alle prese con le Stanze: sta concludendo la stanza della Segnatura e da lì a breve inizierà quella di Eliodoro. Inoltre sempre in questo periodo, dipingerà le uniche due opere pubbliche attualmente visibili a Roma, il Profeta Isaia per la chiesa di Sant’Agostino in Campo Marzio e gli affreschi con le Sibille e i Profeti per la Cappella Chigi a S.Maria della Pace.

Gli affreschi per la Cappella Chigi a S.Maria della Pace

Sono proprio quest’ultime due opere le più significative nel mostrarci la portata del cambiamento del suo stile e dell’assimilazione della lezione michelangiolesca.
Le Sibille ed i Profeti sono state eseguite per la Cappella Chigi all’interno della Chiesa di Santa Maria della Pace.
L’opera fu commissionata da Agostino Chigi, forse il banchiere più ricco d’Europa a quel tempo.
Conosciuto come il grande mercante della cristianità, Chigi è stato il banchiere di svariati papi, a partire da Papa Borgia Alessandro VI. Grazie agli affari con la corte pontificia, la banca che aveva fondato, il Banco Chigi era diventato in poco tempo il più importante d’Europa dove aveva svariate sedi. Con un capitale stimato di 800.000 ducati Agostino è di gran lunga uno degli uomini più ricchi del mondo. Dalle spregiudicate imprese belliche del Valentino alle ostinate guerre di Giulio II, aveva finanziato tutti i pontificati sotto i quali era vissuto.

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Sibille e Angeli, Raffaello, 1511 circa. Cappella Chigi, Santa Maria della Pace, Roma.

Molte delle sue ricchezze Agostino le aveva spese per finanziare grandi commissioni private che ne celebrassero il successo, la ricchezza ed il potere. Attento mecenate era diventato molto vicino proprio a Raffaello che sarà il suo artista di riferimento e lavorerà a tutti i suoi cantieri più importanti, come l’affresco della Galatea nella Farnesina.
Per Chigi Raffaello progetta due cappelle una a Santa Maria del Popolo, l’altra a Santa Maria della Pace. Proprio nella chiesa restaurata da Pietro da Cortona, Raffaello dipinge su delle lunette il ciclo che per la prima volta mostra al pubblico quanto sia cambiato il suo stile.

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Sibille e Angeli, Raffaello, 1511 circa. Cappella Chigi, Santa Maria della Pace, Roma. Particolare.

Le Sibille

Raffaello dipinge il gruppo delle quattro Sibille accompagnate da sette angeli.
Secondo la tradizione classica le Sibille sono delle veggenti, profetesse in grado di vaticinare il futuro. Per la Chiesa Cattolica rappresenterebbero il trait d’union tra la cultura cristiana e quella classica perché profetizzarono la venuta di Cristo. Gli Angeli invece sarebbero gli intermediari tra uomo e Dio. Nella nascita e nel compimento della storia di Cristo si riassumerebbe tutta la storia dell’umanità, di tutte le epoche, di tutte le culture.

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Sibille e Angeli, Raffaello, 1511 circa. Cappella Chigi, Santa Maria della Pace, Roma. Particolare.

L’artista rappresenta così la Sibilla Cumana, la Sibilla Persica, la Frigia e la Tiburtina. Tutte in torsione, intente a leggere, a scrivere, a ricopiare sui loro libri ciò che gli angeli gli mostrano dai loro cartigli. Tre donne giovani aggraziate eppure vigorose, una è anziana ma ciò nonostante pronta ad eseguire il suo compito malgrado le difficoltà dovute all’età.
Gli affreschi superiori con i quattro profeti: Abacuc, Giona, Davide e Daniele sono eseguiti invece da un collaboratore Timoteo Viti, su cartoni originali del maestro urbinate.

Il Profeta Isaia a Sant’Agostino

Il profeta Isaia invece è stato affrescato da Raffaello per il protonotaro apostolico lussemburghese Johan Goritz.
L’opera si trova sul terzo pilastro sinistro della navata maggiore. Il Profeta è raffigurato in trono tra due putti che reggono sopra la sua testa una targa ed un festone.
Sulla targa c’è una dedica in greco da parte del committente stesso a S.Anna, alla Vergine e a Gesù.
Isaia invece vestito d’azzurro con un manto arancione che gli copre la gamba destra, è colto nell’atto di srotolare una pergamena su cui in ebraico c’è un passo del Libro di Isaia.

Il Profeta Isaia e le Sibille ci mostrano come Raffaello abbia assorbito la lezione di Michelangelo. Il problema è quale lezione? Quella vista probabilmente in anteprima nel 1510 e poi ufficialmente nel 1511, ovvero quella Sistina ancora incompleta, oppure quella del 12 con la Sistina ormai terminata ed inaugurata?
La cronologia delle due opere non è molto chiara.

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Sant’Agostino, il Profeta Isaia, Raffaello. 1513 circa. © Saliko

La datazione delle due opere

Anticamente, il primo è Vasari, si pensava che l’Urbinate avesse dipinto per primo l’Isaia, già nel 1511/12 e poi le Sibille nel 13. Quindi il primo risentirebbe di un michelangiolismo ancora in fase germinale, lo stesso che avrebbe influenzato l’artista già negli ultimi affreschi della Stanza della Segnatura. Le Sibille invece sarebbero il frutto di quella lezione michelangiolesca matura così evidente nella Stanza di Eliodoro.
Ancora oggi queste datazioni sono rimaste e molti datano le Sibille addirittura al 1514/15.
Secondo grandi studiosi come Silvia Ginzburg in realtà le Sibille sarebbero state eseguite per prime nel 1511, e la datazione del Profeta Isaia andrebbe spostata al 13.

La questione è molto lontana dall’essere risolta ma forse sarebbe da preferire la datazione della Ginzburg, data anche la grande somiglianza tra il ginocchio scoperto dell’Isaia con quello del Mosè di Michelangelo iniziato proprio alla fine del 1513.

Raffaello attraversa Michelangelo alla ricerca di un nuovo stile

Qualunque sia la datazione corretta, una cosa è certa Raffaello studia Michelangelo ed impara da lui, ma sarebbe sbagliato dire che lo cita e basta. Questi affreschi non sono meri esercizi di stile, ma vere e proprie rielaborazioni che viaggiano verso una figuratività autonoma.
Il pittore adotta una pittura più vigorosa, abbandonando, ma solo apparentemente, quella grazia che lo aveva caratterizzato negli anni precedenti, e scurisce anche la tavolozza, scolpendo i corpi dei suoi protagonisti attraverso l’uso del chiaroscuro. Ma soprattutto studia e raffigura il movimento che diventa l’elemento principe per esprimere l’intensità e la maestà delle figure rappresentate.

Le Sibille sono inserite in una composizione aggraziata e armoniosa dove comunicano con gli angeli e si rimandano l’un l’altra attraverso un sapiente gioco di gesti e di movenze espresse da corporature più imponenti, figlie della statuaria classifica. Gli scuri dello sfondo ed i colori così saturi delle vesti non fanno altro che sottolineare la solennità del momento raffigurato e quindi del loro compito.

Il profeta Isaia, infine, rappresenta quello stile maturo che oramai è andato oltre lo stesso Michelangelo, stile che lo stesso Michelangelo dovrà rielaborare per giungere alle stesse conclusioni, seppur in marmo, nel suo capolavoro il Mosè che ha moltissime cose in comune con l’Isaia.
Il profeta è dipinto in un afflato mistico mentre, in torsione, srotola la pergamena che annuncia la venuta di Cristo. L’intera figura è tesa nella realizzazione di quel gesto solenne e definitivo, è il suo compito finale, il più importante. Le gambe protese in avanti mostrano una muscolatura possente e trattenuta. La figura si espande grazie anche al panneggio delle vesti di cui i colori cangianti, come nelle Sibille, accentuano gli effetti plastici.

E soprattutto nonostante questa suprema intenzione verso l’atto divino, la figura rimane sempre composta a differenza dei modelli michelangioleschi. Il volto è dolce, giovane nonostante la barba lunga e forse vagamente malinconico con uno sguardo vacuo di estrema concentrazione.
Proprio nella capacità di riuscire ad esprimere una nuova grazia nonostante i gesti, i colori, i contrasti sta la grandezza di Raffaello e il suo genio nell’aver attraversato Michelangelo per giungere ad un nuovo stile.

Per informazioni sulla visita guidata vai al sito di Yes Art Italy

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Francesco Ricci

Francesco Ricci

Dopo aver studiato al Liceo Classico, si laurea nel 2009 in Storia dell'Arte Moderna e nel 2012, con lode, in Storia dell'Arte Contemporanea presso l'università la "Sapienza" di Roma. È insegnante di storia dell'arte nei licei e guida turistica abilitata. Ama scrivere, viaggiare, e nutre una grande passione per l'arte, il cinema e la musica.

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