Villa d’Este, a Tivoli, con il suo palazzo e il suo giardino, illustra in maniera esemplare la cultura rinascimentale al culmine della sua raffinatezza.
Queste parole tratte dalla Motivazione con cui l’UNESCO ha inserito Villa d’Este nell’elenco dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità nel 2001, bastano da sole ad illustrare l’importanza della Villa, e dei suoi giardini, all’interno della storia dell’architettura italiana.
La Motivazione infatti prosegue:
Villa d’Este, uno dei primi giardini delle meraviglie, è stato uno dei modelli su cui si è basato lo sviluppo del giardino in Europa.
La storia della Villa, edificata a Tivoli nella seconda metà del 1500 non può prescindere dalla figura del suo fondatore: il cardinale Ippolito d’Este. Figlio di Alfonso I d’Este, duca di Ferrara, e di Lucrezia Borgia, la celeberrima nipote di Papa Alessandro VI, Ippolito ha avuto una brillante carriera ecclesiastica e diplomatica. Vescovo già a due anni, arcivescovo a dieci e cardinale a trenta, Ippolito ha sempre avuto un rapporto privilegiato con la monarchia francese.
Protettore di Francia sotto Francesco I, vescovo di Autun, arcivescovo di Narbonne e abate di Soissons, nonostante le sue simpatie filo-francesi o forse proprio a causa di quest’ultime, non riuscì mai a coronare il suo sogno. Sogno che con gli anni si trasformerà in un’ossessione: diventare Papa.
Nonostante i tre conclavi che si tennero tra il 1550 ed il 1555, Ippolito d’Este non riuscì mai a farsi eleggere pontefice per il ferreo veto spagnolo.
Ippolito d’Este a Tivoli
Nel conclave del 1550, una volta compreso che non ne sarebbe mai uscito vincitore, ripiegò appoggiando il cardinale Giovanni Maria del Monte che infatti diverrà Papa con il nome di Giulio III. Sarà proprio quest’ultimo ad assegnargli il governatorato di Tivoli. Questo incarico, a prima vista un’importante promozione ad un rango politico di prima fascia, in realtà nascondeva molte insidie.
Tivoli nonostante la sua storia millenaria e la sua ricchezza di capolavori archeologici come Villa Adriana, non era una destinazione così ambita, per il pessimo carattere del popolo Tiburtino, fiero ed indipendente, poco incline a stare sotto un padrone straniero.Il Papa, infatti, pur avendogli affidato il governo di una città molto vicina a Roma, lo aveva allontanato dalla corte pontificia confinandolo in un territorio ostile che però il cardinale saprà con il tempo trasformare in una seconda Roma, anzi potremmo dire nella sua “Roma personale”.
Arrivato in pompa magna il 9 Settembre del 1550, il cardinale ebbe subito una brutta sorpresa. Apprese infatti che avrebbe dovuto risiedere nell’austero convento annesso alla chiesa di Santa Maria Maggiore, chiesa in cui poi verrà sepolto che ora si trova accanto all’entrata della Villa. Il convento era stato costruito sulle rovine di una villa romana ed era amministrato dai monaci francescani.
Ovviamente un uomo colto e raffinato come Ippolito, amante delle arti, dedito alla vita mondana, esponente di una delle famiglie più ricche e importanti d’Italia, assiduo frequentatore della stupenda residenza di Fontainebleau del re di Francia Francesco I, non poteva neanche lontanamente immaginare di vivere all’interno di un monastero, e dopo aver compreso le enormi potenzialità dell’edificio, situato sulla sommità della panoramicissima Valle Gaudente, capì che avrebbe potuto trasformare quella residenza in un qualcosa di straordinario.
La costruzione della Villa
I lavori di ristrutturazione, diretti dal grande architetto Pirro Ligorio, esperto antiquario e grande conoscitore della zona, data la sua continua frequentazione della Villa Adriana, per disegni, rilievi e scavi, iniziarono all’indomani dell’arrivo a Tivoli ma furono lunghi e tormentati. Nella zona infatti erano presenti i due conventi di San Pietro e Santa Maria Maggiore, edifici che non potevano essere alterati né tantomeno distrutti. Inoltre la stessa presenza a Tivoli del cardinale durante gli anni seguenti fu molto discontinua.
Nel 1555 Ippolito perse il governatorato della città che riottenne soltanto nel 1559 con l’elezione di Papa Pio IV, quando finalmente cominciò a risiedere in città con maggiore continuità. Alla morte del cardinale nel 1572, i lavori proseguirono sotto i suoi eredi Alessandro e Luigi.
Alla fine del XVIII secolo la villa divenne proprietà degli Asburgo che la tennero fino alla fine della Prima Guerra Mondiale quando nel 1919 divenne proprietà dello Stato Italiano. La villa famosa per le sue straordinarie fontane, presenta un ricco apparato decorativo di dipinti e affreschi che ne fanno un vero e proprio gioiello della pittura manierista.
La decorazione degli interni: tra mito e celebrazione
I miti e le vicende rappresentate sono riconducibili a due filoni principali: la mitica fondazione della città di Tivoli e la celebrazione della figura del cardinale stesso. Inoltre Tivoli è strettamente legata alla figura di Ercole, vero e proprio eroe protettore della città che è anche il mitico fondatore, come ci ricorda il grande poeta Ariosto, del casato d’Este. Insomma era destino che Ippolito diventasse governatore della città e realizzasse qui i sogni di gloria che non era riuscito a realizzare a Roma.
Gli affreschi sugli splendidi soffitti delle stanze della Villa, realizzati da Girolamo Muziano,Federico Zuccari e Antonio Tempesta e la loro scuola, rappresentano l’arrivo nell’area degli eroi greci Tiburno e Catillo, fondatori della città e le vicende del re Anio, deificato dopo la morte nella divinità fluviale dell’Aniene, fiume bizzoso che con le sue piene metterà spesso a repentaglio la città di Tivoli, e che il cardinale aveva profondamente modificato per portare l’acqua alle sue fontane.
Inoltre come detto rappresentano Ercole e le sue fatiche, nonché la celebrazione di tutte le Virtù che avevano portato il cardinale al successo. Come ci ricorda il poeta di corte Marc-Antoine Muret :
Affresco della Stanza di Ercole. Particolare
Né la fatica troncò Ercole, né il dolce piacere l’animo del casto Ippolito. Per tutte e due le virtù Ippolito dedica questi giardini a Ercole e ad Ippolito.
Ecco che tutti gli affreschi volti a celebrare la figura del cardinale ruotano intorno a queste due figure Ercole e Ippolito. Ippolito con cui il cardinale condivideva anche il nome era il figlio di Teseo che per rifiutare le profferte incestuose della matrigna finì con l’essere accusato di stupro ed ucciso per volere di suo padre. Rappresentava la castità e la purezza che un uomo di chiesa deve avere.
Ercole celeberrimo per le sue numerose imprese, le Fatiche, rappresentava la capacità di compiere enormi imprese del cardinale, che aveva sconvolto il corso del fiume Aniene per costruire la sua Villa e fare zampillare le sue fontane.
Ed è proprio l’acqua la protagonista di quello che potremmo definire il terzo filone della rappresentazione. Grandi eroi biblici come Mosè e Noè erano rappresentati sui soffitti delle omonime stanze proprio per la loro capacità di soggiogare l’acqua, il primo aprendo il Mar Rosso, il secondo sopravvivendo al diluvio universale.
Le fontane
E l’acqua è sicuramente la protagonista incontrastata all’interno dei giardini della Villa dove scorre in tutte le sue forme contribuendo a plasmare lo spazio trasformandolo in materia viva. I giardini infatti sono pieni di grotte rustiche e fontane monumentale dove è proprio l’acqua a rappresentare il trait d’union tra l’Artificio e la Natura.
Fontana dell’Ovato
La magnifica fontana dell’Ovato che con i suoi monti, le sue cascate rappresenta la città di Tivoli, con la sua vasca ovale cinta da una splendida decorazione maiolicata con i simboli degli Este, ospitava all’interno delle sue nicchie moltissime statue come quella della Sibilla Tiburtina o dei fiumi Ercolano, un rivo costruito dal cardinale stesso e l’Aniene, protagonisti della storia della città.
Fontana della Rometta
La fontana della Rometta dove su una piattaforma semicircolare sono rappresentati i monumenti più importanti di Roma: il Colosseo, il Pantheon, la Colonna Traiana o gli Archi di Tito e Costantino. La Roma personale del cardinale che non potendo governare la città aveva deciso di portare l’Urbe dentro la sua Villa.
Il Viale delle Cento Cannelle, che collega le due fontane dell’Ovato e della Rometta, dove novantaquattro bocche d’acqua spuntano da mascheroni dalle sembianze più fantastiche, e poi ancora la fontana del Dragone o quella della Civetta che con i suoi straordinari giochi d’acqua faceva udire, attraverso un raffinato meccanismo idraulico, il cinguettare degli uccelli (bronzei) che popolavano le sue nicchie.
Fontana del Bicchierone
Per finire con le fontane del Bicchierone attribuibile a Gian Lorenzo Berniniche dalla sua conchiglia posta sull’estremità di un fiore produceva uno zampillo d’acqua capace di raggiungere l’altezza del Palazzo circostante.
Fontana dell’Organo
E la fontana dell’Organo con uno dei primi organi ad acqua completamente meccanizzato capace di suonare delle straordinarie melodie tanto che alla sua inaugurazione Papa Gregorio XIII volle assicurarsi di persona che la fontana al suo interno non nascondesse un suonatore in carne ed ossa!
Insomma dopo tante fatiche Ippolito era riuscito a realizzare quel paradiso di delizie dove mostrare i suoi trionfi e le sue imprese così come Ercole, in una delle sue dodici fatiche,
aveva liberato dalla guardia del Dragone le Esperidi, le mele d’oro del giardino incantato. Come recita lo stesso motto del Cardinale:
Ab insomni non custodita dracone*
*Non custodita dal dragone insonne
Per informazioni sulla visita guidata vai al sito di Yes Art Italy
Dopo aver studiato al Liceo Classico, si laurea nel 2009 in Storia dell'Arte Moderna e nel 2012, con lode, in Storia dell'Arte Contemporanea presso l'università la "Sapienza" di Roma. È insegnante di storia dell'arte nei licei e guida turistica abilitata. Ama scrivere, viaggiare, e nutre una grande passione per l'arte, il cinema e la musica.