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Virginia Woolf e Bloomsbury. Inventing Life

Gordon Square - London

In questo periodo le proposte espositive incalzano. Se non c’è la possibilità di seguirle tutte, una almeno merita di essere vista. Per l’originalità del soggetto e la novità dell’impostazione: “Virginia Woolf e Bloomsbury. Inventing Life”, ideata e curata da Nadia Fusini, profonda conoscitrice dell’autrice inglese, in collaborazione con Luca Scarlini. Mostra visitabile al Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps fino al 12 febbraio 2023.

Virginia Woolf
Palazzo Altemps – Museo Nazionale Romano

La rassegna che si snoda attraverso ritratti, dipinti, foto, prestati dalla National Portraits di Londra, racconta il gruppo intellettuale e anticonformista che  movimenta la capitale inglese nei primi del 900.

Ed è proprio nel 1904 che i fratelli Stephen: –Vanessa, Virginia, la più nota non ancora Woolf, Thoby e Adrian-, lasciano il quartiere di Kensington e si trasferiscono a Bloomsbury.  Cioè in una zona di Londra che agli inizi del Novecento, non brilla per eleganzaAnzi è  un po’ délabré. Però lì vicino c’è la stazione di King’s Cross, da cui partono i treni per Cambridge. Per recarsi al Trinity College, dove Adrian e Thoby Stephen studiano. E nelle vicinanze ci sono la British Library,  il British Museum. E la Slade School of Fine Art.

Virginia Woolf

Abbandonano i broccati e i velluti della grande casa paterna per una casa più luminosa che si fa sommergere dai colori. Suscitando non poco scandalo tra amici e parenti dove uomini e donne convivono senza preoccuparsi della rispettabilità e per giunta in un quartiere malfamato. A partire dal 1905 il gruppo è destinato ad allargarsi registrando l’inserimento, fra altri, di Leonard Woolf, Roger Fry artista e critico d’arte, John Maynard Keynes il grande economista,  Lytton Strachey importante  saggista. Sono giovani che hanno capito e realizzato il verso shakesperiano «Society is the happiness of life». In altre parole la curatrice vuole farci cogliere “il senso della rivoluzione creativa di cui questi giovani sono i protagonisti. Uscendo come da un incubo dall’epoca vittoriana”. Sostituendo all’esasperazione dell’egoismo borghese e del conformismo sociale, il valore creativo della comunità. Quindi la scelta di mettere Inventing Life nel titolo della mostra. Con Virginia Woolf in particolare che nei suoi romanzi rinuncia alla visione totalizzante del mondo rivolgendo l’attenzione ai piccoli avvenimenti in apparenza senza valore. A quei moments of being (momenti di essere) che si manifestano -improvvisi e risolutori come momenti di visione-. Una sequenza splendida di tali moments la si può leggere ne La signora Dalloway. La protagonista Clarissa sta attraversando Victoria Street: “Negli occhi dei passanti… nel muggito e nel frastuono… nelle bande e negli organetti, nella nota trionfante e nello strano altissimo canto di un aereo che ronzava su in cielo era ciò che ella amava: la vita, Londra, e quell’attimo di giugno”.

Virginia Woolf
Vanessa Bell, Leonard Woolf, 1940, Olio su tela, 64.8 x 81.3 cm, Londra, National Portrait Gallery, dono di Marjorie Tulip (‘Trekkie’) Parsons

Il percorso espositivo si articola in cinque “stanze” , stanza concepita non solo come spazio fisico ma soprattutto come spazio del pensiero. La materialità di un luogo che per Virginia Woolf è necessario per scrivere, per creare. E proprio a lei è dedicata la prima sessione, Virginia Woolf: A Room of One’s Own (Una stanza tutta per sé) chiaro riferimento al saggio della scrittrice del 1929.  Dove di fronte alla domanda: perché sono rare le donne scrittrici? – risponde che ciò succede perché “una donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé, se vuole scrivere.”

Society is the happiness of life è il titolo della seconda. Si rifà al verso di Shakespeare che chiarisce il senso della mostra: stare insieme è la felicità. E quindi la  creatività insita nell’idea di comunità, come viatico per arrivare a nuove strade di conoscenza e inventare nuove forme di vita.

Nella terza, Hogarth Press, si ripercorre la storia della casa editrice fondata  nel 1915. Tutto inizia con una pressa sistemata sul tavolo della sala da pranzo. Strumento che permette a Virginia e Leonard Woolf di stampare capolavori come i Poems di T.S. Eliot.

Nella quarta, Roger Fry e il post impressionismo,  Il critico d’arte, storico, pittore Roger Fry  fa scoprire al suo paese la grande pittura francese moderna. Nel 1910-11 organizza una mostra a Londra Cézanne, Gauguin, Van Gogh girasoli compresi. Rouault, Derain, Picasso e Matisse. Per Virginia Woolf, e per molti dei giovani di Bloomsbury, la novità estrema di quelle opere è palese: sono artisti che vogliono ridefinire la forma. Come sta tentando di fare lei nel campo della scrittura.

George Charles Beresford, Virginia Woolf, 1902, stampa istantanea vintage, 10.8 x 15.2 cm, Londra, National Portrait Gallery

Infine gli Omega Workshops, il laboratorio di design d’interni aperto sempre da Roger Fry. -Bloomsbury non è solo un luogo di pensiero, ma anche uno spazio del fare. Queste donne e questi uomini sono degli entrepreneurs, nel senso più alto del termine. Sono intraprendenti, e vogliono realizzare delle imprese: una di queste è quella di trasformare il gesto artistico in un gesto che crea oggetti di uso comune. Vogliono creare cose belle per tutti: tazze, poltrone, tessuti, vasi. Chi ha detto che un piatto non può essere un’opera d’arte? E che un’opera d’arte non debba essere alla portata di tutti? Mi sembra giusto e democratico. E attenua la contraddizione tra estetica e mercato, trattandosi di oggetti unici, singolari, inventati uno per uno dalla mente di un artista-.

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Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia, abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione della psicologia cognitiva scrivendo per le riviste “Insegnare” e “Scuola e didattica”. Appassionato da sempre alla critica letteraria e artistica, ha pubblicato molti articoli come giornalista pubblicista per “il Mattino di Padova”. Attualmente collabora con la “Tribuna di Treviso”.

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