Il concorso per la progettazione dell’ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà viene vinto nel 1907 dagli ingegneri Edgardo Negri e Silvio Chiera e rispose “alle più moderne esigenze della igiene e della tecnica manicomiale”.
Venne scelta, dopo qualche polemica, l’area localizzata a Monte Mario, accanto alla Via Trionfale e alla linea ferroviaria Roma-Viterbo. Con una altitudine di 120 m presentava le condizioni terapeutiche ottimali per accogliere i 1.000 posti letto previsti. Il 31 maggio 1914 Re Vittorio Emanuele III inaugurava la nuova sede. Era nata:
“la Città della e per la pazzia”
La struttura continuerà la sua attività fino al 1999 e vedrà applicate tutta una serie di terapie, soprattutto coercitive, per “curare” la follia. La più curiosa è senz’altro quella intrapresa nel 1927: la malarioterapia.
Nel 1917 lo psichiatra viennese Julius Wagner- Jauregg aveva iniziato ad inoculare la malaria per curare le conseguenze della sifilide. I risultati furono così apprezzati da fargli vincere il Premio Nobel nel 1927. Partendo da questi studi si decise di creare un centro per applicare questa “terapia” anche in Italia, estendendola anche ad altre patologie come ad es. la schizofrenia.
A partire dal 1927 L’Istituto Superiore di Sanità creò presso il Santa Maria della Pietà un Centro di malarioterapia, in stretto contatto con gli altri centri analoghi d’Europa. Vi si allevavano zanzare portatrici di malaria e si riforniva il nosocomio e altri ospedali. Il materiale era molto richiesto e la malarioterapia era ritenuta molto efficace. Il Centro fu chiuso solo negli anni Cinquanta, quando si iniziò ad usare la penicillina come cura.
Le zanzare, allevate con cura, venivano inserite in apposite scatolette, poi applicate sulla pelle dei malati, perché potessero infettarli con la malaria. Le cause di morte dei pazienti erano raramente imputate alla malarioterapia, ma piuttosto collegate ai fenomeni degenerativi della malattia. La forte febbre provocata dalla malaria, rendeva i pazienti “più tranquilli” e, in alcuni casi, provocava la remissione delle conseguenze della sifilide.
L’entusiastica accoglienza in Italia di questa “terapia” suscitò però anche qualche riserva a causa dell’oscurità dell’azione terapeutica.
La malarioterapia è tornata brevemente di moda negli anni ‘90 come trattamento per l’AIDS, negli USA si sono verificati anche casi di infezione volontaria tramite vettori ottenuti illegalmente.